Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
> Leggi tutto...

di Michele Paris

Le udienze preliminari del processo militare che vede coinvolto Bradley Manning, il giovane militare accusato di essere la fonte dei documenti riservati del governo americano pubblicati da WikiLeaks, sta entrando in questi giorni nelle fasi finali prima dell’inizio del vero e proprio procedimento a suo carico di fronte ad una corte marziale. Le decisioni prese finora dal giudice militare che presiede il processo e l’atteggiamento dell’accusa, cioè del governo degli Stati Uniti, hanno confermato ancora una volta l’intenzione da parte dell’amministrazione Obama di infliggere una punizione esemplare all’imputato, così da lanciare un chiaro ammonimento a chiunque intenderà provare a rivelare in futuro i crimini dell’imperialismo americano.

Da qualche mese è dunque in corso presso la base militare di Fort Meade, in Maryland, una sorta di processo introduttivo nel quale sono state sollevate alcune questioni relative al caso di Bradley Manning, a cominciare dalla legittimità della sua lunga detenzione in condizioni estremamente dure dopo l’arresto avvenuto nel maggio del 2010 in Iraq, dove era impiegato come analista dell’intelligence.

Secondo il giudice dell’esercito, colonnello Denise Lind, le condizioni di detenzione di Manning nella base dei Marines di Quantico, in Virginia, tra il luglio del 2010 e l’aprile del 2011, sono state palesemente illegali. Il giudice, però, ha stabilito soltanto che la pena detentiva eventualmente disposta al termine del processo dovrà essere decurtata di appena 112 giorni.

Il riconoscimento dell’illegalità delle condizioni di prigionia da parte del tribunale militare suona perciò come una beffa per Manning, il cui avvocato difensore, David Coombs, aveva chiesto che le accuse nei confronti del suo assistito venissero lasciate interamente cadere o, in alternativa, che fosse riconosciuta una riduzione sulla pena da emettere in rapporto di dieci giorni per ognuno trascorso in detenzione preventiva.

Il giudice Lind, come previsto, ha invece respinto entrambe le richieste. D’altra parte, il trattamento di Manning e il processo in corso fanno parte della strategia deliberata del governo americano per colpire il più duramente possibile qualsiasi fuga di documenti riservati.

Nonostante gli esigui resoconti giornalistici relativi al caso Manning, le sedute preliminari del tribunale militare nei mesi scorsi hanno offerto la possibilità di rendere pubbliche le modalità di detenzione riservate dall’apparato militare statunitense al giovane ex analista.

Per circa otto mesi, Manning è stato infatti rinchiuso in una minuscola cella senza finestre per 23 ore al giorno, nonché privato di effetti personali basilari come occhiali, lenzuola, coperte e carta igienica. In seguito ad una sua battuta ironica, nella quale accennava alla possibilità di suicidarsi in carcere, Manning è stato successivamente posto sotto uno speciale regime volto ad evitare gesti di autolesionismo, malgrado ripetuti pareri contrari di psichiatri dell’esercito.

In questo modo, Manning è stato a lungo sottoposto ad una sorveglianza continua, svegliato ripetutamente durante la notte e in varie occasioni costretto a stare sull’attenti completamente nudo di fronte ai controlli delle guardie. Per il giudice Lind, in ogni caso, questi ed altri trattamenti, denunciati anche dalle associazioni a difesa dei diritti civili e dall’inviato speciale dell’ONU per i diritti umani, sarebbero stati impiegati solo per salvaguardare l’integrità fisica dell’imputato e non per piegarne la resistenza.

Una volta garantita la continuazione del processo, il governo americano, rappresentato in aula dal capitan Joe Morrow, ha proceduto con due mosse estremamente rivelatrici. Il procuratore militare ha in primo luogo chiesto di escludere dal dibattimento qualsiasi discussione sia sulle motivazioni del presunto crimine di cui è accusato Manning sia sul possibile eccesso di segretezza dei documenti che sarebbero stati forniti a WikiLeaks.

In questo modo, il governo intende evitare che nel corso del processo il comportamento di Bradley Manning possa assumere i contorni di un atto coraggioso, quale di fatto è stato, volto a smascherare i crimini e la doppiezza del governo degli Stati Uniti nella conduzione dei propri affari su scala planetaria. Inoltre, l’eventuale riconoscimento di un eccesso di segretezza attribuito ai documenti sottratti al governo potrebbe attenuare la gravità delle azioni dell’imputato.

In secondo luogo, nella giornata di mercoledì il procuratore Morrow ha annunciato di volere presentare nuove prove che dimostrerebbero come Osama bin Laden e Al-Qaeda abbiano beneficiato della circolazione su internet dei documenti classificati pubblicati da WikiLeaks. Le presunte prove consisterebbero in una comunicazione del fondatore di Al-Qaeda ad un membro della sua organizzazione terroristica nella quale chiedeva di raccogliere informazioni sui cablo del Dipartimento di Stato e sugli altri documenti relativi ai crimini americani in Iraq e Afghanistan. La corrispondenza in questione sarebbe stata ritrovata nell’abitazione di bin Laden in Pakistan dopo il raid del 2 maggio 2011 delle forze speciali statunitensi che ha portato al suo assassinio.

Un’altra prova sarebbe poi la citazione dei documenti riservati pubblicati da WikiLeaks in un numero del 2010 della rivista on-line in lingua inglese di Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), Inspire, il cui fondatore, il pakistano di passaporto americano Samir Khan, è stato assassinato nel settembre del 2011 in Yemen da un drone della CIA.

Al fine di consentire la discussione e la decisione su queste mozioni, il giudice dell’esercito ha deciso di spostare l’avvio della corte marziale dal 6 marzo al 3 giugno, così che Manning all’inizio del processo vero e proprio avrà trascorso circa 1.100 giorni in carcere senza alcuna condanna emessa nei suoi confronti.

Le nuove prove a carico dell’imputato, annunciate nei giorni scorsi dal procuratore militare, se ammesse al dibattimento renderebbero più agevole la formulazione dell’accusa, ai danni di Manning ma anche dello staff di WikiLeaks, di avere fornito sostegno ad una organizzazione terroristica, ovvero al nemico degli Stati Uniti. Un’accusa, questa, che fisserebbe un esempio inquietante e che potrebbe giustificare per Julian Assange la detenzione indefinita in una struttura come Guantánamo o, addirittura, l’aggiunta del suo nome alla lista dei facilitatori del terrorismo da eliminare con omicidi mirati.

La presa di mira di un’organizzazione come WikiLeaks appare particolarmente sconcertante, dal momento che i precedenti legali indicano come le accuse per avere aiutato il nemico siano sempre state sollevate contro le persone che sono entrate in possesso di materiale o informazioni riservate e che le hanno poi consegnante alla stampa.

Per quanto riguarda la situazione di Manning, l’unico precedente a cui i legali del governo hanno fatto riferimento a questo proposito risale al periodo della Guerra Civile. Nel 1863, infatti, un soldato dell’Unione venne condannato per avere passato informazioni riservate ad un giornale della Virginia. Il soldato in questione, tuttavia, venne punito soltanto con tre mesi di lavori forzati e con l’espulsione con disonore dall’esercito, mentre Bradley Manning, sul quale pendono 22 capi d’accusa, rischia di trascorrere il resto della propria vita in un carcere militare.

L’intera vicenda Manning fa parte della strategia perseguita dall’amministrazione Obama per punire con procedimenti legali chiunque all’interno del governo intenda portare alla luce pratiche abusive o illegali, informandone più che legittimamente i media e la popolazione.

Non a caso, il primo mandato del presidente democratico ha fatto registrare un numero record di processi avviati nei confronti dei cosiddetti “whistleblower”. Tra i casi più discussi e senza precedenti va ricordato almeno quello dell’ex agente della CIA, John Kiriakou, il quale il prossimo 25 gennaio verrà con ogni probabilità condannato a 30 mesi di carcere per avere fornito ad un giornalista il nome di un collega sotto copertura.

Mentre i crimini del governo di Washington continuano dunque impunemente con il procedere della guerra al terrore in ogni angolo del pianeta, a finire sotto accusa negli Stati Uniti di Obama sono invece coloro che mostrano di avere anche solo un barlume di coscienza, cercando di denunciare pubblicamente quegli stessi crimini atroci di cui sono stati testimoni.

Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy