Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Emanuela Pessina

BERLINO. Non sembra concludersi a Berlino il dibattito sulla questione dei profughi e delle occupazioni abusive, che da settimane occupa le prime pagine dei maggiori quotidiani locali. Occupazioni di chiese e ostelli, roghi e sgomberi, a tratti sembra di vivere in tempi diversi e continenti lontani dalla vecchia, tanto abbottonata Europa attuale.

Berlino è una delle città tedesche più richieste per quel che riguarda l’asilo politico e qui approda il 20 per cento dei rifugiati che arriva in Germania. Solo nell’ultima settimana sono arrivati più di 1.000 profughi, dicono le statistiche ufficiali, tant’è che il centro per l’elaborazione delle pratiche di richieste di asilo berlinese è stato chiuso perché non più in grado di prenderne in carico. Dall’inizio del 2014 Berlino ha accolto più di 6.000 rifugiati: per l’intero anno ne erano previsti massimo 10'000.

Va da sé che le strutture di ricevimento, predisposte dal comune di Berlino, non sono in grado di gestire l’elevato numero di profughi, i fondi non sono sufficienti a coprire le spese necessarie alla prima accoglienza e - tutto il mondo è paese - le tempistiche di elaborazione delle pratiche sono troppo lunghe rispetto alla capacità dei complessi temporanei.

Ed è proprio così, per protestare contro le lacune della burocrazia tedesca, che nel 2012 un centinaio di profughi hanno occupato Oranienplatz, il cuore palpitante di Kreuzberg, costruendovi tende e creando un vero e proprio accampamento. Provenienti da Africa occidentale, Afghanistan, Iran e Irak, gli aspiranti rifugiati hanno chiesto asilo politico allo stato tedesco e si sono trovati di fronte il muro della burocrazia.

Kreuzberg è il quartiere multiculturale da sempre più apprezzato dagli alternativi berlinesi di nascita e d’adozione: turisti, studenti e intellettuali, artisti e artistoidi di tutto il mondo trovano qui la propria quotidianità, gli affitti sono cari ma vi sono locali per tutti i gusti e c’è spazio per tutti. L’occupazione della piazza, così centrale per la vita culturale berlinese, ha quindi acceso i riflettori sulla questione dei profughi politici.

L’ufficio distrettuale di Kreuzberg, da parte sua, ha da subito assicurato solidarietà agli occupanti e ha messo loro a disposizione una scuola del quartiere, assicurando le condizioni necessarie alla sopravvivenza per qualche mese. Da allora i profughi sono tuttavia aumentati, le condizioni di vita peggiorate di conseguenza e i termini concessi legalmente scaduti: gli occupanti non se ne sono mai più andati e l’ufficio distrettuale, da parte sua, non ha chiesto lo sgombero dell’area e dell’edificio.

È il sindaco reggente Klaus Wowereit (SPD) a dover intervenire, e cioè all’inizio di quest’anno: Wowereit non vuole scontri con la polizia e intenta la via della trattativa. Si arriva a un patto solo nella primavera 2014: Berlino assicura a 467 profughi sostegno economico, consulenza legale e formazione di base (tra cui corsi di lingua tedesca), e promette loro una pronta elaborazione delle richieste di asilo.

Promessa che, per la maggior parte dei rifugiati, si trasforma in un sogno a cinque stelle: a 376 di questi si concede l’asilo politico, quindi un permesso di soggiorno che assicuri aiuti finanziari a tutto campo. Da Oranienplatz scompaiono le tende e, piano piano, i rifugiati non ancora processati si allontanano anche dalla scuola, ormai occupata a tutti gli effetti.

Qualche giorno fa i profughi sono tornati a essere protagonisti della scena mediatica berlinese a causa di un’ulteriore occupazione, e cioè dell’ostello che una comunità religiosa locale aveva offerto loro a prosecuzione del soggiorno clandestino, così come della chiesa evangelica St. Thomas, che domina Kreuzberg. Qualcuno è tornato ancora a Oranienplatz: si parla di 150 persone.

Altrettanto rumore hanno causato, in questi giorni, i campeggiatori abusivi della Cuvrystrasse, sempre a Berlino, sempre Kreuzberg, che per due anni hanno occupato un campo recintato di fronte al murales del graffitaro italiano blu, lungo la Sprea, ormai tappa obbligatoria di ogni guida berlinese di rispetto. Dopo un incendio scoppiato nel campo abusivo, gli occupanti sono stati sgomberati dalla polizia. Una via principale della movida berlinese, piena di locali e bar, è stata bloccata per una notte e un giorno fino al completo sgombero dell’area.

L’area è particolarmente interessante perché coinvolta in uno dei progetti più ampi per la ristrutturazione di Berlino, il controverso Mediaspree, che punta a rinnovare la capitale tedesca investendo in quei quartieri che ancora non richiedono uno stipendio astronomico per risiedervi, ma che contano tra le zone più attraenti dal punto di vista culturale, turistico e, ovviamente, economico.

È chiaro che Berlino non ha ancora raggiunto i livelli economici di città quali Londra, Parigi o Roma: in ragione della sua storia tanto frammentata del XX secolo, Berlino è rimasta la sorella più povera tra le capitali dell’Unione europea e di sicuro non si adatta a essere la città regina dell’economia Ue più forte.

L’accampamento abusivo è nato su di un campo recintato da un muro di legno, che fino a un paio di anni fa serviva da parco pubblico semilegale, in una sorta di tacito accordo, e rappresentava l’ultimo angolo libero del quartiere, l’ultimo spiraglio dell’anima punk berlinese degli anni ‘80: chiunque poteva accedervi e godersi qualche ora di tranquillità in riva alla Sprea. Le tende sono state montate poco alla volta, fino ad arrivare a un vero e proprio campeggio abusivo, avvicinabile solo tramite conoscenza degli inquilini, come per qualsiasi abitazione tradizionale.

Ma non è questa l’idea che hanno i campeggiatori della Cuvrystr: come hanno spiegato ai giornalisti, essi occupano per dimostrare contro il sistema e contro la trasformazione della città. Rom, giovani alternativi, senzatetto, gruppi provenienti dall’Europa dell’est, un centinaio le persone che vivono senza acqua né elettricità per rivendicare l’unico spazio ancora libero di Kreuzberg e sottrarlo agli investitori.

Peccato che però, oltre a impedire gli investimenti, impediscano anche l’accesso a tutti gli altri cittadini che prima fruivano davvero di uno spazio libero in tranquillità e che, nel nome dell’anarchia, se ne siano appropriati nel vero senso della parola. Ma questo è un altro discorso.

Profughi che occupano aree pubbliche per far valere i propri diritti e ottengono trattative, senzatetto che un campeggiano abusivamente e non vengono cacciati se non dopo mesi e mesi di occupazione, i titoli delle prime pagine dei quotidiani locali dedicate per settimane a queste due situazioni.

E tutto ciò a Berlino: evidentemente la città ancora concede la libertà di manifestare, di occupare e di esprimere il proprio disappunto, così come la giusta attenzione mediatica a fatti che tante altre città non hanno il coraggio di mettere in risalto. Come se nel sistema di Berlino, ancora giovane, ci fossero dei buchi e si fosse creata la conseguente possibilità di infilarsi per dire la propria opinione e, in qualche modo, farla valere.

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