Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
> Leggi tutto...

di Michele Paris

La caccia alle streghe in corso negli Stati Uniti sui rapporti tra il presidente Trump ed esponenti del governo russo e sulle presunte interferenze di quest’ultimo nelle elezioni americane dello scorso novembre ha registrato un ulteriore capitolo in questo inizio di settimana che sembra prefigurare il precoce arenarsi dei progetti distensivi con Mosca della nuova amministrazione Repubblicana.

Un nuovo fronte di polemiche è subito scoppiato in seguito alla notizia di un’iniziativa piuttosto insolita presa recentemente dal presidente della commissione Servizi Segreti della Camera dei Rappresentanti di Washington, Devin Nunes. Il deputato Repubblicano della California aveva cioè incontrato alla Casa Bianca fonti presumibilmente dell’intelligence americana che gli avevano fornito documenti attestanti l’intercettazione dello stesso Trump e di membri del suo staff da parte dell’apparato della sicurezza nazionale.

L’incontro segreto nella sede della presidenza degli Stati Uniti era avvenuto il giorno prima di un’altra visita alla Casa Bianca di Nunes. In questa seconda occasione, però, il numero uno della commissione Servizi Segreti della Camera aveva dato egli stesso notizia del suo incontro con Trump, al quale aveva appunto comunicato l’esistenza di un piano di sorveglianza nei suoi confronti.

Quest’ultima notizia faceva seguito al “tweet” del presidente del 4 marzo in cui sosteneva che Obama aveva dato ordine di mettere sotto controllo i telefoni e i dispostivi elettronici della Trump Tower a New York. In un’audizione proprio alla commissione Servizi Segreti della Camera la settimana scorsa, il direttore dell’FBI, James Comey, aveva però affermato di non avere informazioni sulla possibile sorveglianza del quartier generale di Trump.

Nunes, da parte sua, aveva informato Trump dell’esistenza di intercettazioni “casuali”, cioè le comunicazioni dell’allora presidente eletto e di membri del suo staff erano finite “accidentalmente” nella rete della NSA o dell’FBI nel corso delle normali attività di sorveglianza che riguardano cittadini stranieri.

Il caos attorno a Nunes è poi aumentato nella giornata di martedì, quando è circolata la notizia che la sua visita segreta alla Casa Bianca rientrava in un piano, appoggiato dall’amministrazione Trump, per impedire all’ex ministro della Giustizia pro tempore nominata da Obama, Sally Yates, di testimoniare contro il presidente davanti alla commissione Servizi Segreti della Camera.

La questione delle intercettazioni ai danni di Trump avrebbe cioè permesso a Nunes di rimandare l’audizione della Yates, licenziata a fine gennaio per essersi rifiutata di sostenere in tribunale il bando anti-musulmani del nuovo presidente e già protagonista dell’indagine del dipartimento di Giustizia contro l’ex consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn. Quest’ultimo era stato costretto a dimettersi poco dopo la sua nomina a causa di una serie di incontri con l’ambasciatore russo a Washington nei quali avrebbe discusso della possibile cancellazione delle sanzioni contro Mosca all’insaputa della Casa Bianca.

La questione centrale che ha ad ogni modo scatenato un polverone sullo stesso Nunes in questi giorni è legata al fatto che il deputato della California avrebbe compromesso l’imparzialità dell’indagine che la commissione da lui guidata sta conducendo sul “Russiagate”. Il suo incontro con Trump per discutere delle intercettazioni all’insaputa dei membri della commissione e, ora, il precedente blitz alla Casa Bianca hanno spinto i leader Democratici a chiedere che Nunes si chiami fuori dall’indagine o presenti le proprie dimissioni.

Nunes è visto da tempo con sospetto dai protagonisti della crociata anti-russa al Congresso di Washington, poiché viene considerato un fedelissimo di Trump, con il quale aveva tra l’altro collaborato nella transizione che lo avrebbe portato alla Casa Bianca.

L’esclusione di Nunes dall’indagine della commissione Servizi Segreti della Camera favorirebbe così le inclinazioni anti-russe di molti suoi membri, non solo Democratici. Oppure, se anche l’attuale presidente della commissione dovesse rimanere al suo posto, l’indagine della Camera risulterebbe comunque screditata dopo gli eventi delle ultime ore.

Ciò non significherebbe un passo indietro nella campagna contro Trump e Mosca, visto che altre due indagini sono tuttora in corso, una condotta dall’FBI e l’altra dalla commissione Servizi Segreti del Senato, la quale inaugurerà le proprie audizioni nella giornata di giovedì.

Al di là delle motivazioni di carattere reazionario degli oppositori di Trump, la doppia visita di Devin Nunes alla Casa Bianca indica l’esistenza di una probabile azione coordinata con la nuova amministrazione per contrastare l’offensiva di coloro che a Washington intendono ostacolare la relativa distensione con la Russia voluta dal presidente Repubblicano.

Le perplessità sulla condotta di Nunes sono poi favorite dalla quasi incredibile affermazione del portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, sul fatto che lo staff del presidente non era al corrente della prima visita del deputato della California. Nunes, inoltre, si è rifiutato categoricamente di rivelare quali siano le sue fonti delle informazioni sulla sorveglianza ai danni di Trump, alimentando gli interrogativi sul conflitto in corso all’interno dei vari organi dello stato.

L’altra vicenda emersa questa settimana riguarda invece il genero di Trump, Jared Kushner, nominato consigliere presidenziale dopo l’insediamento alla Casa Bianca. Il marito della figlia primogenita di Trump, Ivanka, è finito nella disputa in corso a Washington per avere incontrato lo scorso anno alti dirigenti della banca pubblica russa VEB, sottoposta alle sanzioni americane.

Kushner ha già acconsentito a rispondere alle domande della commissione Servizi Segreti del Senato sulla questione, anche se gli stessi media americani che stanno propagandando la campagna anti-russa hanno dovuto ammettere che incontri tra esponenti del governo USA e manager stranieri sottoposti a sanzioni non sono insoliti né illegali.

Kushner, oltretutto, avrebbe discusso con il numero uno di VEB, Sergey Gorkov, non in qualità di futuro consigliere del presidente ma come proprietario dell’omonima compagnia di famiglia che opera nel settore della speculazione immobiliare.

La rivelazione è stata immediatamente sfruttata dalla stampa ufficiale per mantenere alta la pressione su Trump in relazione ai rapporti con la Russia. Tutt’al più, però, gli incontri di Kushner dimostrano l’inclinazione del clan Trump a utilizzare i pubblici uffici per promuovere i propri interessi privati, anche se questo aspetto della nuova amministrazione ha ricevuto decisamente meno attenzione dei presunti legami con il governo di Mosca.

Nonostante le prove dell’eventuale ingerenza del Cremlino nelle dinamiche elettorali e politiche americane continuino a essere di fatto inesistenti, la campagna orchestrata dalle sezioni dello stato che considerano la Russia come il principale ostacolo al dispiegamento degli interessi USA nel mondo sembra dare i primi frutti. Da qualche tempo, la retorica dell’amministrazione Trump ha assunto infatti toni difficilmente conciliabili con la promessa del presidente di ristabilire relazioni cordiali con Mosca.

Significativa è stata la dichiarazione con cui il capo ufficio stampa della Casa Bianca ha aperto lunedì il suo briefing quotidiano. Spicer ha espresso la “ferma condanna” del presidente americano degli arresti di centinaia di manifestanti anti-governativi in Russia nel fine settimana, tra cui figura Alexei Navalny, oppositore di Putin tra i più glorificati in Occidente.

Alcuni giornali americani hanno fatto notare come il presidente russo sia particolarmente sensibile alle critiche dirette contro la situazione politica interna, così da rendere difficile pensare a un gesto non studiato con attenzione dalla Casa Bianca.

Il sito web Politico, sia pure in maniera tutt’altro che disinteressata, è giunto a ipotizzare la “fine della luna di miele tra Putin e Trump”, anche se ha ricordato che la politica ufficiale della nuova amministrazione nei confronti di Mosca sarà formulata in maniera compiuta solo dopo la ratifica delle nomine ancora sospese dei diplomatici addetti agli uffici che si occupano della Russia al Pentagono e al dipartimento di Stato.

Un altro segnale del possibile ripiegamento di Trump sulle relazioni con Mosca potrebbe essere il recente invito fatto dal presidente alla commissione Servizi Segreti della Camera dei Rappresentanti ad aprire un’indagine anche sugli interessi della famiglia Clinton in Russia.

Questo argomento sta rimbalzando su vari giornali e siti web conservatori, come ad esempio la National Review, che ha equiparato gli affari con la Russia del clan Trump a quelli della Fondazione Clinton nello stesso paese. Anche Trump e i suoi sostenitori, insomma, sembrano essere intenzionati a dare credito alla tesi che rapporti o legami economico-finanziari con entità russe siano illegittimi e degni di una qualche indagine ufficiale.

Anche da Mosca sembra trapelare peraltro una certa impazienza nei confronti degli Stati Uniti. Sabato scorso, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha criticato duramente le sanzioni da poco adottate da Washington contro compagnie che fanno affari con la Corea del Nord, tra le quali se ne contano otto con sede in Russia.

Il ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, ha poi condannato apertamente le recenti stragi di civili causate dai bombardamenti americani a Mosul nel corso dell’offensiva per liberare la città irachena dallo Stato Islamico (ISIS).

In definitiva, il relativo ottimismo per una possibile distensione tra Mosca e Washington con l’approdo di Trump alla Casa Bianca, dopo le tensioni alimentate dall’amministrazione Obama, sta rapidamente sfumando. Se molte delle questioni in sospeso tra le due potenze nucleari restano ancora da sciogliere, la caccia alle streghe in atto a Washington sembra tuttavia avere raggiunto almeno parzialmente il proprio scopo, quello cioè di avvelenare i rapporti bilaterali, complicando i piani strategici moderatamente filo-russi della nuova amministrazione.

Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy