Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Fabrizio Casari

Di solito i partiti muoiono a Rimini, terra di balere, mare e discoteche per divertirsi e centro congressi a basso costo per officiare l’estrema unzione ai partiti. Stavolta, invece, è toccato a Mirabello, pochi chilometri distante, fungere da scenario per la tumulazione del partito di governo. Questo perché il PdL non c’è più, ha detto Gianfranco Fini, che del predellino è stato cofondatore e che dal predellino è stato radiato come usurpatore. Il PdL, ha detto scandendo le parole, il Presidente della Camera, è morto: quel che resta è una Forza Italia allargata.

Allargata a chi? A quei “colonnelli che hanno solo cambiato generale”. Il riferimento é a Gasparri, La Russa, Alemanno, Matteoli; insomma a tutte quelle mezze figure che Fini aveva elevato a rango di ministri, dopo averli tirati fuori dalle sedi missine e che ora - ma non da ora - si trovano più a loro agio con Berlusconi e Bossi. Queste le uniche parole riservate agli ex-camerati. Le stoccate dirette al Premier, accusato di “comandare” invece che “governare”, non sono state poche, ma nessuna ha raggiunto livelli particolarmente acidi quanto gli house organ del capo del predellino hanno sfornato in questi mesi sul Presidente della Camera.

La manifestazione tenutasi ieri e l’intervento di Fini, dovevano servire a più scopi: misurare la forza dei finiani, anche per valutare a partire da questo le possibilità di rientro paludato nel PdL; verificare le intenzioni politiche del Presidente della Camera, anche alla luce dei tentativi di riavvicinamento (non troppo convinti) del Cavaliere e, soprattutto, constatare la riserva d’ossigeno di cui il governo Berlusconi ancora dispone.

Tutte questioni alle quali l’ex presidente di An ha offerto risposte che solo Capezzone, per limiti d’ufficio oltre che propri, non é riuscito a cogliere. La folla intervenuta a Mirabello offre numeri ben più ampi di una corrente; per cui se qualcuno contava su una debacle numerica che riconducesse lo strappo ad un’insubordinazione di minoranza destinata a rientrare o, comunque, a non incidere, deve rifarsi i conti. Quella di Mirabello è folla da partito, non da dissidenti. Fine perciò di ogni mediazione destinata ad immaginare modi e tempi di una possibile ipotesi di rientro nel PdL. Ogni tentativo di riportare i finiani nell’alveo del Pdl è naufragato. “Non si può rientrare in qualcosa che non c’è” ha detto Fini di fronte ad alcune migliaia di plaudenti che questo volevano sentire.

Per quanto riguarda il passaggio relativo al quadro politico attuale, in particolare circa l’atteggiamento dei finiani nei confronti del governo, Fini ha ribadito quanto già si sapeva: rispetto sì del mandato elettorale, ma in ordine al programma concordato con il quale il predellino si era candidato al governo del Paese, non alle successive modifiche in corso d’opera che hanno portato il PdL ad essere una forza politica diretta politicamente dalla Lega e trasformata dal Premier in un colossale collegio di difesa dei suoi guai giudiziari e dei suoi interessi economici. In questo senso, Fini si è detto disponibile ad accogliere positivamente una norma che salvaguardi il Premier, ma ha ribadito con molta più forza il suo “basta” alle leggi ad personam.

Non più, dunque, una diarchia tra Arcore e Ponte di legno; il governo dovrà prendere atto del mutamento dello scenario e trattare, punto su punto, con Futuro e Libertà. Un vero e proprio patto di legislatura che, sotto diversi punti di vista, converrebbe a tutto il centrodestra: il Cavaliere è ai minimi storici nei sondaggi e il rapporto con il Quirinale non è mai stato così difficile; Futuro e Libertà, contemporaneamente, avrebbe bisogno di tempo e di scadenze politiche per strutturarsi al meglio. Ma, appunto, nessuna adesione sulla base del predellino, ma solo un patto di legislatura fra le sue tre componenti.

Difficile stabilire ora come reagirà il Premier, anche se è ipotizzabile il suo tentativo di allungare l’età del suo governo. Mentre Fini parlava a Mirabello, Rutelli offriva alleanze a poche centinaia di chilometri. Casini e Rutelli con il loro Terzo Polo (dove potrebbe anche trovare posto Fini) sono dietro l’angolo e persino qualche mente geniale del Pd non sarebbe ostile all’ammucchiata, perciò quello cui assisteremo sarà una bruciatura a combustione lenta per il Cavaliere.

Del resto, l’idea che la sua caduta comporti il ricorso al voto sta solo nella testa del predellino, non in quella del Quirinale, che risponde alla Costituzione italiana e non alle scadenze dei processi ai quali il Premier fugge o, ancor più, alle sentenze della Consulta attese nei prossimi 60 giorni, quanto mai pericolose per l’uomo di Arcore.

Per Napolitano, giudice ultimo della sostenibilità del quadro di governo, la strada per le elezioni passa prima per la verifica di una eventuale maggioranza alternativa alla Camera e al Senato. Peraltro, la legge finanziaria, la cui discussione comincerà entro breve, va approvata ad ogni costo entro la fine dell’anno, pena un esercizio provvisorio che né i mercati, né la Ue, ci perdonerebbero.

Dunque, il film che porterà gli italiani al voto andrà in scena solo a partire da Gennaio; fino ad allora, (se non in presenza di una diversa maggioranza, magari a guida Tremonti o Draghi) ci saranno schermaglie, distinguo, battaglie anche aspre, ma in assenza di maggioranze parlamentari alternative, il governo mangerà il panettone.

Il percorso di Futuro e Libertà è tracciato: consolidamento del processo organizzativo, anche sulla base della definitiva chiarezza del cammino iniziato ieri a Mirabello, poi il via alle operazioni di costruzione organizzativa e politica sul territorio che si concluderà entro la fine dell’anno con la nascita del nuovo partito. Questi sono infatti i tempi necessari per arrivare puntuali alla prossima scadenza elettorale, prevedibilmente in primavera. I tavoli che verranno imbanditi saranno diversi, ad ora è difficile immaginare chi siederà con chi. Ma sono, i tavoli elettorali, luoghi dove tutti tengono a sedersi. Le sedie del tavolo diventano spesso le poltrone del governo. Futuro e Libertà non si farà pregare.

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