Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Fabrizio Casari

La vittoria di Pizzarotti a Parma, quella di Doria a Genova e di Leoluca Orlando a Palermo, hanno caratterizzato la seconda tornata delle elezioni amministrative. Che sul piano politico generale sono state molto più e molto altro che un voto locale, esibendo con chiarezza la riduzione a fenomeno locale e minoritario della Lega Nord e la sostanziale abdicazione del Pdl all’astensionismo. Il tracollo del centrodestra, infatti, è il dato inconfutabile delle elezioni e la Padania è tornata ad essere un’iperbole da osteria.

La diserzione delle urne, poi, è davvero il dato saliente per tutto l’insieme del quadro politico, destinatario esclusivo della disaffezione dai politicanti che diventa maggioranza. Dai politicanti, sì, non dalla politica, giacché l’affermazione del Movimento 5 stelle e dei candidati del centrosinistra sostenuti dall’insieme della sinistra, dimostra che il rifiuto della classe dirigente non è leggibile come rifiuto della politica tout court.

In questo senso, il risultato di Doria a Genova e le proporzioni con il quale è arrivato, é la notizia migliore della giornata. Nella città medaglia d'oro della Resistenza, delle magliette a striscie e dei camalli, della crisi industriale e di quella politica, é diventato sindaco un uomo perbene, un impasto di orgoglio ideale e coerenza comportamentale che raccoglie tutto ciò che a sinistra vive e che riesce a dare voce ai settori dimenticati della politicheria mediatica.

Le reazioni dei partiti vanno dalla soddisfazione al silenzio, come d’uopo. Bersani sostiene che il Pd ha vinto ovunque, ma è vero solo a metà, giacché il Pd vince dove è in uno schieramento ampio, non certo da solo, spesso anche grazie a candidati scelti fuori dal partito di via del Nazareno.

E se la vittoria di Leoluca Orlando può essere inserita in un contesto politico particolare come quello di Palermo, la sconfitta di Parma è il dato che più dovrebbe far riflettere il gruppo dirigente del Pd. Pizzarotti ha vinto contro un sistema locale di malaffare ed inefficienza che aveva sì nel centrodestra sgangherato e corrotto (in manette o dimessosi grazie alle inchieste della magistratura) il perno principale, ma che vede anche nel Pd responsabilità precise.

Sarà interessante ed avvincente vedere come il nuovo sindaco gestirà la città. A Parma ha vinto perché, semplicemente, ha offerto trasparenza nei bilanci e partecipazione nelle scelte; ha dichiarato di voler chiudere, smantellare e rivendere l’inceneritore, indicando nella raccolta differenziata e nel compostaggio le politiche sui rifiuti in città. Ha vinto, Pizzarotti, rompendo quel clima consociativo esistente tra i partiti e l’associazione dei costruttori, che hanno cementificato e sfigurato la città, sommergendola di cemento e di opere inutili e in alcuni casi incompiute.

Di fronte al tergiversare dei partiti, preso atto della museruola che la lobby dei costruttori aveva imposto alla città, i parmensi hanno deciso di reagire. Ed è inutile, oltre che poco intelligente, ritenere che siano stati i voti del centrodestra che, confluendo sul candidato grillino, abbiano segnato la differenza. In primo luogo perché è tutto da dimostrare che gli elettori conservatori abbiano votato per Pizzarotti; in secondo luogo perché al primo turno avevano raccolto un bottino misero, ben inferiore al distacco con cui Pizzarotti ha trionfato.

In realtà è la sinistra che ha fatto confluire il suo voto al primo turno (quasi il dieci per cento) sul candidato grillino e, probabilmente, una parte dello stesso elettorato Pd ha deciso d’inviare un segnale a Parma e a Roma. E ad ogni modo, quando una vittoria arriva con quelle dimensioni, non ha senso cercare le virgole delle percentuali, se non si vuole incorrere nella classica situazione del dito che indica la luna e dello stupido che guarda il dito.

Con il Movimento 5 stelle e tutti i settori della società civile che si mobilitano e si organizzano su scala locale e nazionale il Pd deve provare a costruire un dialogo, a tessere un filo. Non serve a niente tentare di limitare le perdite ed esaltare i successi, non è il tempo della propaganda. Meglio sarebbe, per il Pd, riflettere su un dato che da un anno a questa parte si va regolarmente riconfermando: la sua stessa base elettorale ritiene che l’inciucio perenne con Casini non debba proseguire e sceglie di volta in volta il candidato più a sinistra tra quelli iscritti alle primarie. Napoli, Milano, Palermo, Genova, Cagliari, ora Parma.

E’ il popolo dei referendum per la difesa dei beni comuni e per l’abrogazione del Porcellum, della battaglia contro l’abolizione dell’articolo 18, degli indignati, dei No-Tav, che difende i licenziati e gli esodati, si schiera con la Fiom e chiede con forza una nuova igiene della politica. Chiede un’uscita a sinistra dalla crisi e non sopporta più l’idea del compromesso e la rinuncia al proprio sistema di valori come “il male necessario”. Vuole affermare la sua esistenza, i suoi temi, la titolarità dell’alternativa etica e politica; vuole vincere o perdere, ma non accetta più di non partecipare. Si svegli in fretta il Pd, se vuole evitare di passare dall’essere minoranza nel paese ad essere minoranza nella sua stessa gente.

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