Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Fabrizio Casari

La sentenza della Corte di Cassazione che ha comminato pene pesantissime nei confronti di alcuni dei giovani protagonisti degli scontri del G8 a Genova ha stupito e indignato buona parte dell’opinione pubblica. E’ una sentenza priva dei criteri di equità, proporzionalità e ragionevolezza che rappresentano l’essenza di un dispositivo giusto. E non ci sono solo pene pesantissime in rapporto ai reati addebitati e a 11 anni di distanza ma, per colmo d’iniquità, c’è l’evidente discrepanza con l’assoluzione per i poliziotti protagonisti di comportamenti ben più gravi in quelle ore.

I reati di devastazione e saccheggio e le aggravanti con le quali la Corte ha esteso ai massimi livelli possibili di sanzione le condanne ai no-global sbattono violentemente contro la magnanimità con la quale non si è proceduto per lesioni personali gravissime contro i protagonisti in uniforme della macelleria cilena di quelle ore nel capoluogo ligure. Ci sono stati poliziotti a volto coperto che hanno devastato e seviziato esseri umani, non rotto vetrine e non hanno scontato, ne sconteranno, un solo giorno di carcere.

Si ha un bel dire che, grazie ad un escamotage politico, l’assenza del reato di tortura nel Codice Penale italiano avrebbe impedito una condanna per chi in quei giorni, ignorando e diffamando la stessa divisa che indossava, ha commesso ogni sorta di reato contro le persone, accanendosi con violenza inaudita ed illegale contro soggetti inermi, per i quali i loro superiori, come affermato dalla stessa Cassazione, hanno costruito prove false per giustificare la carneficina commessa.

Si può condividere o meno la scelta di accettare lo scontro di piazza come forma dell'agire politico. Ma devastazione e saccheggio sono reati assimilabili a scene di guerra e non a momenti di scontri di piazza. Davastazioni e saccheggio sono i termini tipici per identificare i comportamenti criminali degli eserciti invasori. Quanto verificatosi a Genova, come in ogni scontro di piazza, da sempre, è del tutto diverso da “devastazione e saccheggio”, reati ereditati dal fascismo e ancora esistenti grazie alla vigenza del Codice Rocco che del fascismo rappresentò l’impalcatura giuridica con la quale comminare repressione permanente verso ogni forma di dissenso.

E comunque, la sproporzione delle pene in ordine ai reati la si può facilmente ricavare anche dalla constatazione di condanne inferiori per reati ben peggiori, quale omicidio, rapina a mano armata e perfino con finalità di terrorismo o associazione mafiosa regolarmente comminate negli ultimi venti anni.

Quelle comminate dalla Cassazione assumono quindi, con ogni evidenza, la valenza di sentenze esemplari. Non si può infatti non vedere come questa sentenza sia soprattutto “politica”. Un’indicazione di assoluta intolleranza per ogni forma di conflitto sociale, che sparge sentenze liberticide su chi si rende protagonista di episodi di ribellione, anche violenti, mentre assolve (e dunque in qualche modo incita) le forze dell’ordine chiamate a reprimere le proteste.

Lo fa mettendone al sicuro le responsabilità penali anche grazie all’assenza del reato di tortura e alle pende blande previste per abuso di autorità ed uso sproporzionato della forza. Per gli agenti autori di reati gravissimi la prescrizione, per le vetrine rotte le condanne esemplari. Pene tombali da un lato, impunità totale dall’altro.

L’impressione, difficile da fugare, è che la pesantezza sproporzionata delle pene comminate ai no-global somigli in qualche modo ad un gesto riparatorio verso la polizia, condannata nei suoi livelli più alti pochi giorni orsono proprio per quanto successo a Genova. Appare così una sorta di “riequilibrio politico” della sentenza di una settimana prima che, con pene decisamente più lievi, aveva comunque avuto il merito di sanzionare formalmente i comportamenti delittuosi di alti funzionari dello stato durante le ore del G8.

A leggere le due sentenze si colgono quindi due elementi chiari. Il primo è che tra civili e forze dell’ordine esiste una asimmetria di giudizio circa la legittimità e le conseguenze del loro operato. Il secondo è che le vetrine rotte sono più gravi di ossa rotte a persone inermi . Un bancomat e una vetrina rotta, in una simbologia che atterrisce, meritano sanzioni maggiori che un uomo selvaggiamente picchiato. La “roba” vince sugli esseri umani.

 

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