Nove volte su dieci, quando una squadra con il bel gioco incontra una squadra con i campioni, la squadra con il bel gioco viene sconfitta. Non è andata così in Italia-Belgio, che ha visto le stelle di Lukaku e di De Bruyne eclissarsi di fronte alla voglia degli azzurri di giocare a calcio insieme.

È vero, sul 2-1 che ci manda in semifinale contro la Spagna ha un peso non secondario la Dea Fortuna, intervenuta a nostro favore sia prima della partita (Eden Hazard fuori per infortunio, De Bruyne non al meglio per un problema alla caviglia) sia durante l'incontro (almeno due occasioni solari mancate dai nostri avversari nella ripresa, di cui una con un salvataggio clamoroso quanto fortuito di Spinazzola su Lukaku).

Un girone molto facile, con tre avversarie ben più deboli del previsto, ci aveva illuso di avere una “macchina da guerra”, per usare le parole di un telecronista grottescamente incline all’enfasi. La partita contro l’Austria ci ha svegliato dal torpore. Alla fine gli azzurri ce l’hanno fatta di nuovo, ma la vittoria ha richiesto una dose di fatica ben superiore al previsto (e anche una discreta porzione di fortuna: vedi il gol annullato ad Arnautovic).

Certo, i meriti degli avversari non vanno sottovalutati. La formazione austriaca sarà anche priva di capacità tecnica, ma è organizzata, si difende bene occupando ogni centimetro ed è capace di un pressing asfissiante. Corrono, inseguono, all’occorrenza picchiano.

Quanto agli azzurri, i problemi iniziano in difesa. Acerbi è un ottimo difensore, ma non ha l’esperienza internazionale di Chillini, né la sua capacità di comandare la difesa. Bonucci, invece, vive una serata a dir poco negativa, mancando una serie di anticipi che una volta avrebbe portato a casa a occhi chiusi e riuscendo nell’impresa di far sembrare Arnautovic un giocatore di calcio professionista.

A centrocampo i guai sono fisici. Verratti non sta bene e si vede, mentre Barella è condizionato dalle botte che riceve nella prima fase della partita. Jorginho gioca una gara ordinata, ma gli manca sempre il guizzo, la giocata capace di trovare spazio dove gli altri non ne vedono.

In avanti, Berardi è il più appannato e non riesce mai a dialogare con i compagni di reparto. Immobile, incastrato nella difesa muscolare austriaca, cerca palloni tornando indietro e colpisce l’incrocio con un tiro da 30 metri (l’unica occasione della sua partita).

A decidere l’incontro in favore dell’Italia sono tre cambi di Mancini: Locatelli per Verratti, Pessina per Barella e Chiesa per Berardi. Gli ultimi due subentrati sono gli autori dei gol che ci portano ai quarti di finale. Si può pensare che il Ct abbia sbagliato la formazione iniziale e che se avesse messo dal primo minuto questi giocatori avremmo sofferto meno. Il ragionamento è forse plausibile per Locatelli, vista la condizione di Verratti. Un giocatore effervescente come Chiesa, invece, è probabilmente più efficace quando entra in campo a partita in corso, quando gli avversari sono stanchi e faticano ancora di più a stargli dietro.

La mossa di Mancini più difficile da comprendere è l’ingresso di Belotti per Immobile. L’attaccante del Torino è generoso, protegge il pallone, subisce falli e fa salire la squadra. Ma ha un problema: non segna mai. Il suo utilizzo ha senso quando abbiamo un risultato di difendere; se invece dobbiamo buttarla dentro in qualche modo, non ha senso privarsi di Immobile. Il centravanti della Lazio sarà pure lontano da quello che ha vinto la scarpa d’oro, ma il suo senso del gol non è paragonabile a quello di Belotti.

Con una partita buona e in controllo, l’Italia batte il Galles 1-0 e passa agli ottavi degli Europei da prima del girone. I ragazzi di Mancini stabiliscono addirittura un record: nella storia del torneo, nessuna squadra prima di loro aveva mai chiuso il girone a punteggio pieno e senza subire gol.

Certo, il valore degli avversari era più che modesto (la delusione maggiore riguarda la Turchia, che pur avendo diversi giocatori di buon livello chiude il girone con zero punti e un solo gol segnato). Questo però non toglie nulla alla brillantezza degli azzurri, che giocano un calcio propositivo, fatto di pressing e verticalizzazioni. Dopo parecchi anni, le partite della nazionale sono tornate a essere piacevoli da guardare.

Il problema principale di questo Europeo riguarda l’eccesso di entusiasmo che si è creato intorno alla nostra squadra. La responsabilità, diciamolo subito, ricade in buona parte sui giornalisti di Rai Sport, che narrano l’evento come bambini di 12 anni e in ogni intervista costringono il povero calciatore di turno a esprimersi sulle possibilità di vittoria finale nel torneo.

Ora, al di là della scaramanzia (che ad esempio sconsiglierebbe il riferimento ossessivo alle Notti magiche del 1990, le quali non finirono bene), conviene riflettere con un minimo di onestà sulla domanda preferita dai cronisti del servizio pubblico: dove può arrivare questa Nazionale?

La selezione italiana è forte, ma non è la più forte dell’Europeo. Sulla carta, ci sono almeno un paio di squadre superiori (Francia e Belgio) e altre che sono più o meno al nostro stesso livello (Germania, Inghilterra, Portogallo). Poi c’è l’incognita Olanda, mina vagante che potremmo trovarci di fronte ai quarti se passassimo il prossimo turno, presumibilmente contro l’Ucraina di Shevchenko.

A livello di rosa, l'Italia ha un ottimo centrocampo. Mancano stelle internazionali del calibro di Pogba o di De Bruyne, ma in questo reparto non ci sono altre squadre che possano contare su un livello medio alto come quello degli azzurri, soprattutto se prendiamo in considerazione anche la panchina.

Il discorso è molto diverso per quanto riguarda l'attacco, dove gli esterni e le mezzali non mancano, ma Immobile è di fatto l'unica prima punta di livello su cui possiamo contare. Raspadori è infatti ancora troppo acerbo e inesperto, mentre Bellotti non è più il calciatore prolifico di qualche anno fa.

Quanto alla difesa, rischiano di pesare i guai fisici di Chiellini, che è senza dubbio il più grande stopper azzurro dai tempi di Cannavaro ed è l'unico vero leader di reparto. Acerbi è un buon sostituto, ma in termini di carisma e di esperienza internazionale non c'è nemmeno da fare il paragone.

Il più grande motivo di ottimismo legato a questa squadra è l'età media. Per moltissimi anni siamo stati abituati a guardare una nazionale fatta di campioni sul viale del tramonto. Adesso, finalmente, abbiamo di che sperare per il futuro.

Alla vigilia dell’ultimo turno di campionato la maggior parte dei verdetti sono stati emessi. Non solo l’Inter Campione d’Italia, che porta nella bacheca dei suoi numerosi titoli italiani, europei e mondiali, il 19 scudetto, ma anche le retrocessioni di squadre in parte prevedibili e in parte no. Tra queste ultime il Parma, che sulla carta avrebbe dovuto avere un campionato privo di rischi di questa natura ma che invece giocherà nella serie cadetta il campionato 2021-2022. Nel prossimo match contro il Torino verrà fuori il verdetto per i campani, già con un piede e mezzo in serie B.

L'interessante del turno di campionato arriva col posticipo, quando il Milan, a Torino, prende letteralmente a sberle la Juventus chiudendo la partita per 3 a zero nonostante un rigore sbagliato da Kessie. Insieme all'Atalanta (con cui all'ultima si scontreranno) i rossoneri costituiscono una ormai più che probabile coppia di iscritti alla prossima Champions, per il Napoli e la Lazio (che ha una partita in meno) si deciderà nelle prossime due gare.

La Juventus, pure matematicamente ancora in corsa, conferma la crisi generale di quest'anno e le difficoltà già esibite a Udine la scorsa settimana, superate solo con due iniziative personali di Cristiano Ronaldo. L'aria che tira alla Continassa è gelida e Pirlo non sembra attrezzato per le rigidità.


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