di Fabrizio Casari

La Domenica dell’addio di tanti campioni ha sbattuto con violenza mediatica la carta d’identità del nostro campionato mediocre. Lacrime, applausi, dichiarazioni e lettere d’addio sono state la scenografia obbligata per la fine di un torneo che per molti aspetti ha segnato la fine di un ciclo storico del calcio italiano.

Si è concluso con l’addio di tanti giocatori che hanno in parte rappresentato il mondo delle all stars di questi ultimi quindici anni: Del Piero, Inzaghi, Gattuso, Nesta, Zambrotta, Cordoba ed altri hanno infatti rappresentato una parte non secondaria della qualità del calcio italico nei campionati e nelle competizioni internazionali.

L’abbandono più doloroso è stato proprio quello di Del Piero; ma mentre Gattuso e Nesta, Zambrotta e Inzaghi scelgono volontariamente di farsi da parte, Del Piero é stato cacciato dalla dirigenza juventina. Non é una differenza irrilevante e qualifica in senso negativo le scelte di casa Agnelli, dove una dirigenza incapace di essere grande nel momento del trionfo non ha voluto e saputo offrire un altro anno da capitano al suo giocatore più rappresentativo.

Del Piero, infatti, oltre a rappresentare insieme a pochi altri la cifra tecnica italiana migliore per tanti anni e ad aver offerto prove di fedeltà assoluta ai colori della Juventus, è uno dei calciatori italiani più corretti e tra i pochissimi in grado di declinare una frase in italiano. Davvero meritava un altro anno a Torino e chissà che quella che ormai a Milanello chiamano sindrome Pirlo il prossimo anno non venga affiancata a Vinovo dalla sindrome Del Piero.

E’ comunque stato l’anno che ha visto la Juventus tornare alla vittoria, dopo il lungo purgatorio post-calciopoli. Una vittoria meritata che ha nella infinita querelle legale da parte del rampollo di casa Agnelli l’elemento più penoso, anche perché mai si è sentita, da parte della famiglia, la necessità di chiedere scusa per quello che i vertici dei bianconeri condannati in ogni grado di giudizio fino ad ora celebrato hanno inflitto al calcio italiano.

Altro che stelle e stelline: qualcuno, causa Moggi, Giraudo e altri, proprio sul campo si è visto privare di vittorie e, prima ancora, di giustizia, essenza stessa - quest’ultima - di ogni competizione. Proprio sul campo quella macchina indegna gestita da Juventus e Milan ha impedito per diversi anni la regolarità della competizione sportiva.

L’ultima giornata doveva comunque emettere due verdetti: quello per la zona Champions e Europa League e quello per la retrocessione. La lotta per l’ingresso in Europa più importante ha visto prevalere l’Udinese e, in fondo, per quanto visto nel corso della stagione, il verdetto é giusto.

Quello appena finito è stato comunque un anno di scarso valore tecnico, caratterizzato da polemiche arbitrali e panchine saltate, e che ha visto sì la Juventus imbattuta, ma anche con un numero di vittorie (e di punti) minore degli anni scorsi. La stagione appena finita, poi, ha le sue riconferme (l’Udinese, che migliora la sua classifica rispetto all’anno precedente pur avendo venduto i suoi pezzi migliori) e le sue delusioni: Milan, Inter, Roma e Fiorentina sono le squadre cui è possibile intestarle.

Ha significato la fine del ciclo vincente interista; la squadra di Moratti non mancava la partecipazione alla Champions da undici anni. L’Inter ricomincerà da quello di buono che si è visto da quando Stramaccioni è arrivato sulla panchina. Si trova di fronte alla necessità di dover rinnovare in profondità ma senza avere le risorse economiche per innestare grandi campioni. Per Moratti si apre una strada che forse varrebbe la pena percorrere: nei dieci livelli di calcio regolamentari, dai pulcini alla Primavera, l’Inter è la prima squadra ovunque; dunque in assenza di un portafoglio adatto all’ingaggio di fuoriclassei sembrerebbe ovvio ricorrere ai giovani di talento che si hanno in casa, corroborandoli con tre o quattro acquisti di alto livello con cui ripartire.

Il Milan, che ha salutato tanti suoi giocatori famosi che molto hanno dato alla causa rossonera e al calcio italiano, dovrà sostanzialmente ricostruire grande parte dell’impianto di squadra e la capacità di dotarsi di giocatori all’altezza delle ambizioni è necessaria, anche per convincere Ibrahimovic a rimanere a Milano. La riconferma di Ibra, la capacità cioé del club di Via Turati di reagire al canto delle sirene che viene dal Real Madrid ad insidiare il fuoriclasse svedese, sarà la prima dimostrazione pratica di come Galliani intenderà procedere. Ben altro che Montolivo serve al Milan.

Il Napoli, protagonista di un’annata con alti e bassi, ha comunque svolto un buon campionato, evidenziando semmai come il suo straordinario attacco ed un centrocampo di qualità e corsa abbiano risentito di una fase difensiva lacunosa, primo elemento da correggere in sede di mercato estivo. Se Lavezzi dovesse partire, il trio delle meraviglie verrebbe ridotto a duetto, non è certo il pur positivo Pandev a garantire un campionato ad alti livelli.

La Lazio, che pure ha fatto un buon campionato, ha pagato la mancanza di rinforzi a Gennaio, che l’hanno costretta a giocare senza titolari e prime alternative in diverse occasioni causa infortunio dei titolari. Il suo presidente è stato decisivo - in negativo - nel privare al momento giusto la squadra di Reja del carburante necessario a proseguire la corsa. Ciononostante, il piazzamento della Lazio non va disprezzato e Reja, nonostante i tira e molla con Lotito, dovrebbe poter essere riconfermato alla guida della squadra. Urgono però due rinforzi in attacco per sostituire Klose e Rocchi e uno almeno due centrocampo per sostituire Brocchi e Hernanes.

La Roma con Montella vedrà probabilmente un cambio di direzione rispetto al modello di gioco disegnato da Luis Enrique e la possibilità di correggere gli errori di mercato con tre o quattro elementi di spessore può disegnare una squadra di sicuro interesse. Sarà forse l’ultimo anno di livello assoluto di Francesco Totti e pensare fin da ora a come sostituirlo non sarà semplice. La querelle con Pulvirenti andrà sistemata con giocatori o soldi, mentre la via del ritorno dai prestiti di alcune scelte di Luis Enrique dovrà essere affollata. Molti dei Primavera della Roma sono decisamente migliori dei vari Josè Angel, Bojan o Cicinho.

La Fiorentina deve davvero ricostruire tutto e partire da Oriali sulla plancia di DG sarebbe cominciare con il piede giusto, mentre desta qualche perplessità l’arrivo di Ranieri, soprattutto se si vuole attingere dal vivaio una parte dei rinforzi. Lo scontro tra la famiglia Della Valle e la tifoseria dovrà però essere risolto, pena non vedere la luce fuori dal tunnel.

E’ stato anche l’anno che ha visto emergere nuovi giovani allenatori italiani di sicuro avvenire: da Conte a Sannino, da Montella a Pioli, da Stramaccioni a Colantuoni, il mestiere di allenatore sta diventando un fiore all’occhiello (forse l’unico) per il nostro calcio. Lo stress denunciato da Guidolin e Luis Enrique, però, è l’altra faccia della medaglia di un mestiere che ormai denuncia l’esasperata tensione con la quale si allena. Detto ciò, lo stress che ci preoccupa non è mai stato quello dei miliardari.

E’ finito poi un campionato infamato come mai dallo scandalo del calcio-scommesse che, per l’ampiezza numerica di squadre e giocatori coinvolti, sembra rappresentare la cifra esatta, o forse sottostimata, della dose di marcio che attraversa il calcio italiano.

La classifica finale, visibile da ieri, rischia però di venire in parte modificata dalla giustizia sportiva, chiamata a pronunciarsi a seguito della chiusura delle inchieste che da Cremona a Napoli entro la fine del mese verranno presentate anche al vaglio degli organi federali. Sono decine i giocatori, le partite e le squadre oggetto delle diverse inchieste e tutto lascia pensare che quello che sta per avventarsi sull'Italia del pallone sarà un vero tsunami. La speranza é che la giustizia non faccia sconti a niente e a nessuno.

Si passa ora alla Nazionale. Prandelli ha diramato la lista dei primi 32 giocatori da portare all’europeo e sono poche le obiezioni che si possono muovere alle scelte del CT. Ci sarà modo e tempo per tornarci su, ma ci piace chiudere, oggi, salutando la fine di un torneo che non ci è piaciuto e dolendoci, ancora una volta, di aver dovuto assistere, tra tanta mediocrità, anche a una tragedia: quella della fine assurda e infame di Piermario Morosini.

 

 

di Fabrizio Casari

Quello appena assegnato alla Juventus è il suo ventottesimo scudetto. Meritato: per il gioco espresso, per la grinta dimostrata, per il furore agonistico applicato, per la capacità del suo allenatore di cambiare moduli adattandoli alle caratteristiche dei  giocatori. Perché i veri guru della panchina sono coloro i quali lontani dall’integralismo dei loro intimi convincimenti, sanno fare il pane con la farina che hanno in casa. Conte può ben assegnarsi l’ago e il filo con il quale ha cucito lo scudetto alla sua squadra. Che partiva dal settimo posto dell’anno scorso e che quindi si è dimostrata capace, in un solo campionato, si sovvertire letteralmente lo status ereditato prima dell’arrivo dell’allenatore salentino.

Certo, il non dover giocare in Europa ha certamente avvantaggiato i bianconeri, ma va anche riconosciuto che la tenuta fisica della squadra è stata garantita da un lavoro attento e scrupoloso dei preparatori atletici. Meriti vanno anche a chi ha deciso di impostare una squadra vincente con una rosa provvista solo di due grandi campioni (Buffon e Pirlo) e di molti buoni giocatori.

Decisiva è stata la capacità d’individuare in Vidal l’acquisto giusto per il centrocampo e alcuni rinforzi dimostratisi straordinariamente utili, come Barzagli e Vucinic in primo luogo. Pirlo, Vucinic, scaricati in fretta da Milan e Roma, sono state le armi decisive di questo scudetto e persino Borriello, ceduto a prezzi da serie D, ha portato il suo contributo alla causa. In particolare Pirlo, che ha preso in mano la squadra e l’ha dotata di gioco, prematuramente ceduto da Milanello proprio in nome di quell’integralismo di cui si parlava prima, ha illuminato la Juventus.

Due le ombre sulla festa juventina: la prima è l’addio di Alessandro Del Piero, che della squadra torinese è stato il fuoriclasse assoluto, l’immagine stessa di una squadra che ha nella disputa delle posizioni di vertice del calcio italiano il suo DNA.

Poteva e doveva finire diversamente la storia d’amore tra Del Piero e la Juve; perché i simboli non si cancellano per ragioni di bilancio e perché in quanto a esperienza, classe e capacità di risolvere le partite più difficili Del Piero sarebbe la chioccia adatta per una squadra che affronterà la Champions senza una grandissima esperienza internazionale in diversi dei suoi giocatori. Davvero un milione di euro all’anno d’ingaggio valgono una pagina strappata del libro di storia della Juve?

La seconda è la presunta intenzione di apporre la terza stella sulle maglie, scegliendo di considerare come verità non quella ufficiale, sancita da sentenze sportive e ribadita in sede penale e civile, ma quella dei tifosi indifferenti alla verità, intenti solo a curarsi dei loro personalissimi sentimenti. Se così dovessero procedere tutti, ognuno potrebbe scegliere il suo profilo indipendentemente dalle decisioni formali. Moratti potrebbe dire di averne due in più come minimo, la Roma almeno uno, e tantissime altre potrebbero avanzare richieste diverse da quanto legittimamente decretato.

L’idea che gli organi competenti possano essere interpellati formalmente e poi, a risposta non gradita, possano essere ignorati sostanzialmente, è ridicola prima che sbagliata. Difficile che Lega e Figc possano soprassedere e che la Uefa del tifosissimo Platinì - che non smette mai di fare l’ultrà juventino, a dispetto del suo ruolo super partes - possa stendere le famose fette di prosciutto sugli occhi davanti a violazioni evidenti delle norme. L’indifferenza per le regole, questa sì, sembra dunque caratterizzare il filo che lega la vecchia Juve a quella nuova e davvero non ce ne sarebbe bisogno.

La vittoria della Juve è stata soprattutto la sconfitta del Milan. I quattro ceffoni presi dall’Inter nel derby, nonostante un arbitraggio scandaloso da parte di Rizzoli, hanno determinato la fine del campionato con un giornata d’anticipo. L’arbitraggio di Rizzoli è stato improntato al modello Rocchi, solo con minore arroganza. E non è la prima volta che l’arbitro favorisce smaccatamente il Milan nei derby: nella finale di Supercoppa aveva annullato un gol regolare di Eto’o e regalato quello di Boateng, non fischiando un fallo evidente dal quale era partita l’azione del gol rossonero. E, va ricordato, all’Inter sono stati negati tre gol regolari negli ultimi quattro derby (ultimo fino a l’altro ieri quello di Thiago Motta nel derby d’andata, comunque vinto dall’Inter), dove invece sono stati abbondanti i penalty a favore del Milan, alcuni dei quali - come domenica sera da Rizzoli - palesemente inventati.

Un rigore enorme a favore dell’Inter per fallo doppio su Samuel in area del Milan non fischiato, un gol regolare di Cambiasso, un rigore inventato per il Milan con ammonizione di Julio Cesar che dovrà saltare l’ultima di campionato con la Lazio, poi una serie di cartellini evitati al nervosismo dell’Inter per tentare di compensare gli errori commessi.

Rizzoli, come Rocchi, vede cose che nessuno vede e non vede cose che tutti vedono. A differenza di Rocchi, però, Rizzoli non sbaglia perché incapace, ma perché fuori forma. Rocchi, invece, che ieri ha regalato alla Lazio la vittoria, negando due rigori all’Atalanta, ha ben altre ragioni nel suo arbitrare scandaloso.

L’Inter che ha strapazzato il Milan è, sempre più, la carta d’identità di Stramaccioni, che ha dimostrato di saper rivitalizzare la squadra, darle un gioco offensivo e una solidità caratteriale come non la si vedeva dai tempi di Mourinho. L’augurio è che Moratti si sbrighi a riconfermarlo, prima che qualche presunto guru da un altro pianeta venga a proseguire la lista degli allenatori ingaggiati e poi esonerati sulla panchina nerazzurra.

Con l’addio di Cordoba, che ha seguito quello di Materazzi, sarebbe bene che l’Inter sciogliesse anche il legame con alcuni dei suoi senatori, proponendogli di restare solo a condizione di accettare la panchina. Perché i nerazzurri hanno bisogno di ragazzi che corrono e che giocano al calcio con entusiasmo, fame di vittorie e voglia di emergere. L’ossatura dei giovani in forza alla squadra è già di tutto rispetto e tre o quattro inserimenti, oltre al rientro di Coutinho, saranno sufficienti  - con Stramaccioni in panchina - a rendere di nuovo l’Inter una squadra in grado di primeggiare.

Nella prima serata di Milano, intanto, l’immagine che veniva in mente era quella di una squadra superfavorita e convinta della sua superiorità, andata però a sbattere contro una realtà molto, molto diversa. Nella seconda serata, invece, i simboli facevano da sfondo: Ibra e Muntari, che lasciarono l’Inter non senza schizzare veleno (Muntari in particolare), vedono i nerazzurri che gli strappano lo scudetto e trovano sui monitor il volto raggiante di Pirlo e Borriello che gli ricorda di quale abilità manageriale ci sia bisogno per primeggiare.

Perché il Milan ha perso lo scudetto con l’Inter, certo, ma prima ancora con la pianificazione di una squadra che ha avuto sempre e solo un modo di giocare: palla a Ibra e vediamo se segna. L’altro schema preferito era l’attesa del solito favore arbitrale, concretizzatisi in un numero di rigori a favore che rappresenta un record. Ma il Milan ha perso perché è naufragato un progetto di squadra e di società , a cominciare dal fallimento di Milanlab (mai tanti infortunati cronici nella squadra), agli errori di mercato (vendere Pirlo e acquistare Muntari e Mexes..) con lo scontro sugli assetti societari (vedi le liti interne su Pato e Tevez ) e una guida tecnica assolutamente non in grado di offrire soluzioni e moduli di gioco alternativi in assenza di tutti gli effettivi.

Si pensava forse che Ibra fosse sufficiente a vincere in Italia, perché l’Inter già dallo scorso anno era con i lavori in corso dopo la galoppata dei diciassette titoli in cinque anni, perché il Napoli aveva la Champions e perché la Juventus poteva al massimo scalare due o tre posizioni rispetto al campionato precedente. Insomma è sembrato che i conteggi fossero fatti più sui limiti altrui che sulle proprie forze.

E forse il peggio deve arrivare: molto ci sarà da fare con la maggior parte dei suoi campioni da pensionare e le seconde scelte decisamente al di sotto del minimo necessario. Avrà i soldi, la capacità e la volontà di farlo? Riuscirà a tenersi Ibrahimovic che già scalpita? Il Milan non può permettersi altre annate di transizione, visto lo score assai magro degli ultimi anni.

Il prossimo turno stabilirà quali sarà la squadra che andrà in Champions League insieme a Juve e Milan e chi approderà in Europa League. Ma non è detto che sia il campo a stabilire la classifica finale: entro 48 ore si attende la chiusura dell’inchiesta sul calcio scommesse e la conseguente apertura dei procedimenti della giustizia sportiva. Alcuni anni dopo Calciopoli, molti anni dopo i precedenti scandali  del calcio-scommesse, saranno di nuovo le toghe e i tavoli a sostituire il manto verde nella scrittura delle sentenze.

di Fabrizio Casari

A sole tre giornate dalla fine del campionato, la sfida a distanza tra Juventus e Milan non cambia la classifica. Tre erano e tre sono i punti di distanza tra la squadra di Conte e quella di Allegri che insegue. Intento comunque vincono entrambe: la Juventus seppellisce con quattro gol il Novara già retrocesso e il Milan batte con altrettanti gol il Siena in trasferta. Sugli scudi Vucinic e Borriello per i bianconeri e Ibrahimovic e Cassano per i rossoneri.

Il rientro a grandi livelli di Cassano è proprio la nota lieta della giornata: per lui, per la sua squadra e anche per Cesare Prandelli, che in attesa di sciogliere gli ultimi dubbi su chi convocare per gli europei, ritrova il fuoriclasse barese per l’attacco della nazionale. Si potrebbe discettare a lungo circa Cassano e Balotelli in termini di solidità caratteriale, elemento fondamentale in un torneo intenso, difficile di breve tempo, ma certo che sul piano del talento e della classe pura, dell’imprevedibilità e della capacità di risolvere le partite, la coppia di attaccanti appare in grado di permetterci di gustare un europeo all’altezza delle ambizioni.

Della vittoria juventina c’è poco da dire, se non che il motore continua a girare a mille. La decisione di Conte di cambiare coppia di attaccanti ad ogni partita si rivela azzeccata e la grinta di Marchisio e Vidal, con la regia di Pirlo, mostra una squadra che gioca molto bene, offre diverse soluzioni d’attacco e non subisce quasi mai l’iniziativa dell’avversario. Il Milan, dal canto suo, non ha mai giocato male, anzi: offre un calcio esteticamente persino più bello di quello juventino, ma con meno soluzioni nella manovra che non sia la ricerca di Ibra per finalizzare.

E se Conte deve ringraziare Marotta per  avergli portato Pirlo in dote, cui è stata affidata chiavi in mano la cabina di regia e Vucinic e Borriello, utilissimi in questo finale di stagione, Allegri deve ringraziare Galliani per avergli fatto arrivare Nocerino, una sorta di Gattuso con maggiore qualità tecnica che sopperisce al ritmo più blando del resto dei centrocampisti rossoneri. Difficile che le sorti del torneo possano essere rimesse in discussione a questo punto, ma la matematica dice che i punti a disposizione sono nove e che il vantaggio juventino è di tre. Peraltro la Juventus godrà di un calendario più agevole di qui alla fine, mentre il Milan avrà il Derby alla penultima giornata.

Decisamente più incerto, invece, l’esito della lotta per il terzo posto, che significa l’accesso alla Champions League. La vittoria dell’Inter sul Cesena, il pareggio del Napoli con la Roma e la vittoria dell’Udinese sulla Lazio pongono quattro squadre tutte a 55 punti.  Tra Inter e Lazio, all’ultima di campionato, l’unico scontro diretto in calendario, ma se tutte procedessero con la stessa velocità da qui alla fine, passerebbe il Napoli per la classifica complessa. Le prossime gare vedranno il Napoli battersi contro Palermo e Siena in casa, Bologna in trasferta; la Lazio avrà come avversarie Siena e Inter in casa e Atalanta in trasferta; l’Udinese se la vedrà con il Genoa in casa e Cesena e Catania in trasferta; l’Inter affronterà il Parma e la Lazio in trasferta e il Milan in casa, per quanto possa essere in casa un derby.  Dunque il calendario più difficile attende i nerazzurri.

A Udine un episodio ridicolo pone la Lazio sull’orlo di una crisi di nervi, con Dias espulso e Marchetti che lo sarà per una spinta all’arbitro Bergonzi. La Lazio, udito un fischio, si è fermata pensando fosse quello dell’arbitro, che però non aveva nemmeno avvicinato il fischietto alla bocca: Gonzales si ferma, Marchetti (perché?) si butta a terra e Pereyra segna un magnifico gol.

I biancoazzurri si scatenano contro l’arbitro che però convalida (giustamente, non aveva fischiato e dunque perché avrebbe dovuto fermare l’azione?) e da lì nasce una semi rissa che prosegue anche negli spogliatoi. Il fischio proveniva dalla tribuna e il boato del pubblico ha certamente indotto i laziali a credere che il gioco fosse fermo.

Ma il fatto, oltre ad essere assurdo, è reso più ridicolo dalla sua inconsistenza ai fini del risultato, giacché l’Udinese vinceva comunque uno a zero e al fischio vero mancavano pochi secondi.

L’Udinese comunque ha meritato per quanto fatto nel primo tempo e per come ha comunque amministrato la partita (61 a 38 il possesso palla a favore dei friulani). Dias, Scaloni e Marchetti saranno certamente fermati dal giudice sportivo, e rientreranno solo contro l’Inter (forse non Marchetti). A questi si devono aggiungere Matuzalem e Biava infortunati.

Un prezzo alto che poteva essere evitato con una maggiore calma, anche se la rabbia per una stagione che sembrava blindata nella posizione finale di classifica può spiegare. Ma se si provasse a giocare all’attacco invece che difendersi e continuare a perdere ogni trasferta, si potrebbe poi esibirre una classifica diversa. Cinque sconfitte nelle ultime partite dicono questo.

L’Inter sembra ormai decisamente in recupero. Dall’avvento di Stramaccioni la squadra ha smesso di perdere, inanellando vittorie e qualche pareggio e recuperando punti preziosi in vista del terzo posto. Anche ieri i nerazzurri hanno imposto gioco (con una ventina di minuti all’inizio arrembanti e decisamente di buon calcio) e risultato al già retrocesso Cesena, che ha però dato tutto quello che poteva, come pochi giorni prima con la Juventus.

Di nuovo sotto di un gol, gli Stramaccioni boys non hanno comunque perso il dominio della gara e in due minuti hanno pareggiato per poi segnare il gol decisivo con Zarate. Stramaccioni ha presentato un centrocampo con Obi, Guarin e Cambiasso che ha fornito una prova di ottimo livello. Ma solo l’ingresso di Milito e Zarate, al posto di un inutile Pazzini e di uno stanchissimo Alvarez (autore con Snejider di un’ottima prova) hanno determinato le azioni vincenti.

Moratti si dice pronto a confermare Stramaccioni alla guida dell’Inter anche per il prossimo anno. Farebbe bene, visto che ha letteralmente rigenerato una squadra spenta, le ha dato gioco ed entusiasmo e, soprattutto, vittorie importanti. Inutile inseguire presunti guru della panchina quando si ha in casa il prodotto vincente.

Bella vittoria del Bologna sul Genoa, con Diamati in spolvero sotto gli occhi interessati di Prandelli. L’Atalanta, in attesa delle deliberazioni della giustizia sportiva, è fuori matematicamente dal rischio retrocessione avendo battuto la Fiorentina, che è tornata a perdere dopo il successo dell’Olimpico contro la Roma. La situazione di classifica vede i viola 5 punti sopra il Genoa e 6 sopra il Lecce, quindi in una condizione matematicamente tutt’altro che serena con tre partite ancora da disputare. La posizione è poi ulteriormente scomoda, considerando anche che le decisioni della giustizia sportiva a chiusura dell’inchiesta di Cremona (attese per il 7 o 8 Maggio) potrebbero vedere cattive notizie per i salentini.

Pareggio poco utile tra Cagliari e Chievo ed ennesimo pareggio anche del Palermo nel derby con il Catania. Zamparini, per non annoiarsi, ha deciso di licenziare anche Panucci, appena assunto dome direttore generale. Non ci sono responsabilità precise da parte dell’ex calciatore, ma il fatto è che Zamparini non sapeva proprio cosa fare: gli allenatori, del resto, li aveva già licenziati tutti.

Tra Napoli e Roma è andato in onda un bello spettacolo, il cui pareggio finale offre solo rimpianti ad entrambe. Sono ambedue squadre incomplete e tutto sommato abbastanza scariche, con la Roma alle prese con i problemi legati alla eventuale riconferma di Luis Enrique e il Napoli con quelli di riuscire a tenere Mazzarri in panchina e Lavezzi e Cavani in campo. Le sirene di Manchester per “El matador” e quelle di Milano per il “pocho” non saranno suoni piacevoli nelle orecchie di De Laurentiis che, soprattutto se arriverà di nuovo in Champions, dovrà decidere se migliorare il bilancio o migliorare la squadra.

 

di Fabrizio Casari

Si recuperava la 33 giornata di campionato, rinviata per la morte del povero Morosini. Lo scontro tra Juve e Milan per la vetta, quello tra Udinese, Lazio, Napoli , Roma, e Inter per il posto in Champions erano i temi all’attenzione. Le rispettive vittorie del Milan sul Genoa e della Juve sul Cesena non hanno quindi mutato la situazione di classifica per quanto attiene alla lotta per il titolo. La differenza tra le due vittorie è che quella del Milan si è avvalsa del solito regalo arbitrale, consistito nell’occasione da un rigore plateale negato al Genoa. Il tiro parato con il braccio alzato da Nesta davanti ad Abbiati avrebbe dovuto comportare rigore ed espulsione. Un Milan in dieci e sotto di uno a zero non sarebbe stato la stessa cosa e la partita avrebbe avuto una storia diversa.

Ad ogni modo la vittoria della Juventus a Cesena  va benissimo per i bianconeri, che mantengono il Milan a distanza di tre punti, ma con una partita da disputare in meno. Si permette di sprecare anche un rigore con Pirlo,ma riesce comunque a vincere condannando aritmeticamente il Cesena alla serie B. Il gol della vittoria, che ha cucito un ulteriore pezzo di scudetto sulla maglia juventina è arrivato ad opera del desaparecido Borriello, che ormai annovera più fidanzate show-girl che gol all’attivo: Il gol è servito se non altro altro a spiegare ai meno attenti il motivo per il quale Borriello era stato acquistato e, considerata la cifra versata, con la vittoria di ieri la Juventus può dirsi soddisfatta dell’investimento.

La lotta per il terzo posto ha visto invece un deciso ribaltone con la vittoria dell’Inter a Udine (agganciandola così in classifica), quella del Napoli contro il Novara e la simultanea sconfitta di Roma e Lazio. Al Friuli la migliore Inter dell’era Stramaccioni, forse la migliore Inter dell’intero campionato, ha battuto per 3 a 1 l’Udinese. Risultato straordinario, visto che nessuno è andato a prendere punti in casa alla squadra di Guidolin e quinto risultato utile consecutivo da quando il giovane tecnico romano siede sulla panchina. Due gol di Snejider e uno di Alvarez hanno ribaltato l’iniziale vantaggio dei fiuliani.

Stramaccioni è riuscito a dare un’identità di gioco ai nerazzurri, che sembra abbiano smesso di sommare individualità per giocare come squadra. Due trequartisti dai piedi buoni e una punta, un regista arretrato davanti alla difesa e due terzini che corrono sulla fascia: niente di trascendentale, ma moltissimo per l’Inter di quest’anno. Snejider, che per Ranieri era il problema, con Stramaccioni è diventato l’arma risolutiva.

Particolare menzione per Guarin, che ha disputato la prima gara intera e a livelli decisamente buoni (autore tra l’altro del filtrante per il terzo gol di Alvarez). Dunque, considerando che nelle prossime gare l’Inter incontrerà Milan e Lazio, la squadra di Stramaccioni potrebbe ritrovarsi a decidere il destino del campionato e quello per il terzo posto.

La Lazio, invece, 1 punto nelle ultime tre partite, è vittima soprattutto del suo narciso presidente, che ha scelto, scientemente, di privare la squadra di rinforzi nel mercato di Gennaio e ha messo Reja in condizione di dover pescare nella primavera per riuscire a schierare gli undici da mandare in campo. Infortuni  come se piovesse e panchina cortissima hanno infatti obbligato l’allenatore a schierare uomini senza poter scegliere. Se poi ci si mettono anche gli errori grossolani in difesa, ecco che il terzo posto rischia di diventare una montagna difficile da scalare.

Brutta sconfitta, la seconda consecutiva, per la Roma. Sei gol incassati e solo uno segnato, peraltro su un rimpallo, sono il pessimo bottino di questo finale di stagione. Luis Enrique comincia ad annusare un’aria meno amichevole del solito, pur se la curva dell’Olimpico gli ha dedicato uno striscione benevolo e incoraggiante (ma prima della partita, dopo il clima era decisamente diverso, con contestazioni varie da parte della tifoseria). Il tecnico spagnolo, nervoso assai, ha detto che chi contesta: “State tranquilli, manca un giorno in meno a quando andrò via”. Sabbatini, invece, ha detto che il suo contratto è nelle mani della società e che se lui rimanesse, Luis Enrique guiderà anche il prossimo anno la squadra.

Il fatto è che la Roma attraversa una crisi dalla quale dovrà uscirne solo con le prestazioni sul campo, giacché proprietà vera (Unicredit) e di facciata (i soci USA) sono silenti. Sono Sabbatini e Baldini a parlare con la stampa, che ha ormai appeso alla stampella l’abito gentile con il quale si era sempre presentata al cospetto di risultati pur non straordinari.

Difficile comprendere quello che sembra essere una impuntatura. E’ del tutto evidente, infatti, che l’allenatore spagnolo non è adatto a guidare una squadra con il blasone dei giallorossi e, soprattutto, con le ambizioni di una piazza difficile da accontentare con una “rometta”. Acquisti sbagliati, integralismo tattico e inesperienza, uniti a latitanza della proprietà, generano sequenze di errori e inadeguatezze che vanno affrontati con decisione. Non è il tempo di essere gentili. La Fiorentina, dal canto suo, con questa vittoria respira ed esce dalla zona pericolosa della classifica e conferma il buon stato di forma già mostrato contro l’Inter qualche giorno fa.

Terzo posto per il quale invece appare favorito il Napoli, che è tornato a livelli di gioco buoni e ha ricominciato a vincere, grazie ad Hamsick e Cavani. Si devono a questo le dichiarazioni d’amore di Mazzarri che ha dichiarato in settimana di voler rimanere a Napoli? Il Parma va a vincere a Palermo, dove pare che nessun allenatore riesca a combinare qualcosa di buono. Zamparini, in settimana, non avendo più allenatori da cacciare, ha licenziato Panucci, appena arrivato a Palermo. Se l’articolo 18 fosse esteso anche ai dirigenti, il presidente del Palermo passerebbe il suo tempo a difendersi dai giudici del lavoro. Il calcio ne guadagnerebbe, almeno.

 

 

di Fabrizio Casari

Fermatosi un turno per la morte del povero Morosini, il campionato di calcio non riprende certo nel migliore dei modi. Tra Genoa e Siena, a Marassi, lo spettacolo in campo non corrisponde a quello sulle tribune. Petardi, fumogeni, urla, minacce d'invasione di campo. La squadra di casa sotto di quattro gol in campo e la sua tifoseria scalmanata sugli spalti. Nel campionato italiano succede anche questo. Addirittura la richiesta dei tifosi era quella di far togliere le maglie ai giocatori, ritenuti "indegni".

Paradosso italiota, che offre persone indegne che accusano d'indegnità. Fortunatamente, in un gesto d'orgoglio, se dapprima i giocatori avevano ceduto alla pazza richiesta, successivamente hanno deciso di rimettersi le maglie e riscendere in campo. Una partita sospesa e poi ripresa, con la formula classica del voler evitare "guai peggiori" e la curva degli ultras che decide di proseguire lo spettacolo girando la schiena ai propri beniamini. Che già avevano dimostrato di non reggere il campo, figuriamoci dopo quanto successo come avranno retto lo spogliatoio. Il risultato, francamente, sembra la cosa meno penosa per il Genoa di ieri.

Le polemiche, come su qualunque cosa, non sono mancate. Preziosi, specialista in furberie non sempre legittime, accusa le forze dell'ordine di non intervenire con durezza: voleva un massacro in curva? Cariche e lacrimogeni addosso a tutti? Semmai dovrebbe pensare a come funziona la security del Genoa invece che invocare le maniere forti. Anche perché, maliziosamente, c'é da sospettare che se la polizia fosse intervenuta con le maniere forti (ma non aveva né uomini né capacità per farlo), probabilmente lo stesso Preziosi l'avrebbe accusata di eccessiva durezza per ingraziarsi gli ultras. Ad ogni modo, sembra assurdo che una città devastata dalla crisi industriale, in un  paese dilaniato dalle politiche ultraliberiste, privato di diritti e di speranza e con l'indice della depressione economica unico a crescere, alcune decine o centinaia di squilibrati possano pensare che la loro vita e la loro libertà passino per le sorti di una squadra di calcio

Il calcio giocato ha messo in mostra una Juventus che ha letteralmente afaltato la Roma, come ampiamente prevedibile. Luis Enrique assembla una squadra scombinata, senza senso tattico e con uomini nel posto sbagliato e questo spiega la goleada bianconera. La partita non ha storia. Ma, punteggio a a parte, poco avrebbero potuto fare i giallorossi: troppa corsa, troppa qualità e troppo agonismo juventino per una squadra come la Roma che si specchia nella sua lentezza e si compiace di qualche giocata.

Una difesa come quella mostrata dai giallorossi racconta molto del “projecto”, che sarà bene rivedere in fretta, a cominciare dalla scelta di affidare la panchina a un professionista all'altezza della Roma. La Juventus, dal canto suo, corre veloce verso uno scudetto strameritato e la classifica dice chiaramente al Milan che i giochi sono pressoché fatti: dal possibile triplete in un mese la squadra di Allegri è passata al quasi certo nulla da segnalare.

Sul resto dei campi si segnalano exploit imprevisti e risultati ampiamente prevedibili, ma in generale non si è trattato di un turno di campionato all'insegna del bel gioco e i risultati giunti non alterano in profondità la situazione precedente. Il Milan è inciampato in un Bologna che l'ha messo in serie difficoltà e solo una magia di Ibrahimovic ha impedito il clamoroso rovescio. Il Bologna era ritenuto un ostacolo sormontabile per i rossoneri, ma si trattava di eccesso di simpatia per il Milan, giacché sia stando alle ultime prestazioni milaniste, sia al campionato dei rossoblù, almeno per quanto riguarda il girone di ritorno, tanto scontato il risultato non poteva essere.

E infatti non lo é stato e il pareggio milanista é arrivato verso la fine della partita. L'umore del club di Via Turati, ovviamente, non era dei migliori al termine della gara, anche perché con la Juventus impegnata nel posticipo contro la Roma, la possibilità di mettere pressione ai bianconeri era sfumata. Se non è una resa, poco ci manca. A meno tre, il discorso scudetto sembra chiuso.

Tra Fiorentina e Inter é andato in onda un pareggio abbastanza noioso, ad eccezione dell'intervento di Julio Cesar che ha parato un rigore che lui stesso, in uscita, aveva determinato. Rigore giusto, una volta tanto, fischiato da Valeri, che in due partite ne ha fischiati 4 contro l'Inter.

Per il resto la sfida é stata giocata da una Fiorentina che, ufficialmente, schierava una difesa a tre, ma in realtà difendeva la porta con otto uomini: tre centrali, due laterali e tre centrocampisti davanti alla difesa. Un catenaccio che solo Delio Rossi poteva cercare di vendere come difesa a tre. L'avessero fatto Mondonico o Mazzone si sarebbe chiamato così, lo fa Delio Rossi e lo si chiama in altro modo. Di contro, un'Inter come sempre con poca velocità e nessuna idea che non sia quella degli scambi stretti al limite e l'appoggio sulle fasce per poter innescare l'attacco.

Ma tutto talmente tanto a passo compassato che anche una squadra con la metà dei difensori di quellid ella Fiorentina di ieri avrebbe potuto controllare agevolmente. L'effetto Stramaccioni quindi é già svanito, anche perché il tecnico appare poco indipendente dalla società che, evidentemente, gli chiede di far giocare chi dovrà essere rivalutato in attesa delle cessioni nel mercato di Luglio e Agosto.

Ben altra squadra sarebbe stata senza l'inutile Forlan, lo scarso Alvarez e l'inesistente Snejider, dietro ai quali si muove nello spazio di venti metri lo spompato Cambiasso. Poli é costretto a fare legna per tutti e Obi e Guarin siedono in panchina. Eppure proprio della corsa di costoro e di Faraoni avrebbero bisogno i nerazzurri, ma é chiaro che né loro, né tanto meno i primavera migliori, troveranno mai spazio nell'Inter, almeno fino all'uscita matematica dalla zona Champions. Sky afferma di essere a conoscenza della scelta di Moratti per la panchina del prossimo anno e sembra sia Prandelli il tecnico dell'Inter futura. ma Sky non é sempre affidabilile nella sua rincorsa allo scoop. Vedremo.

La Lazio rischia il rovescio contro il Lecce, che dall'avvento di Cosmi ha tirato fuori attributi impensabili fino a prima. La squadra di Reja aveva l'occasione, giocando anche in casa, di mettere al sicuro la qualificazione al terzo posto ed accedere così alla Champions della prossima stagione, ma pur essendo andata in vantaggio con Matuzalem, per come si sono messe le cose é già tanto che abbia strappato un pareggio, pur se agguantato dal Lecce negli ultimi minuti. Occasione mancata anche perché il Napoli, senza esaltare, ha comunque battuto il Novara e dunque la lotta per il terzo posto risulta ancora aperta.

Pareggio tra Chievo e Udinese e Cesena e Palermo, mentre Catania e Parma sistemano rispettivamente le pratiche Atalanta e Cagliari. La squadra di Montella continua a giocare il calcio più godibile, a testimonianza di come un buon allenatore possa fare cose egregie anche avendo a disposizione giocatori di medio valore. Fa piacere per i tifosi del Catania, ma le ali dell'aereoplanino sbattono già per il prossimo decollo in vista di una nuova destinazione.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy