di redazione

La Juventus vince il Campionato, ma ce la mette tutta per non voltare finalmente pagina dopo le vicende ingloriose degli anni passati. E nella festa generale si avverte il retrogusto di un'occasione sprecata. Che i tifosi continuino a recriminare per i due scudetti ritirati in seguito alle vicende di Calciopoli è naturale e prevedibile. Meno ovvio è che la società sposi questa linea di pancia issando il vessillo revanscista con il numero aggiornato: "31 sul campo". Nell'albo ufficiale sono 29. Ma che senso ha proseguire acriticamente questa polemica senza fine contro la giustizia sportiva? Non sarebbe questo un buon momento per sottolineare che le ultime vittorie valgono più delle precedenti?

Al di là dei singoli errori arbitrali (come il rigore di ieri contro il Palermo, quantomeno dubbio), la Juve ha vinto questo Campionato semplicemente perché si è dimostrata la squadra più forte e più continua della Serie A. Stavolta non ci sono nemmeno strafalcioni clamorosi come il gol fantasma di Muntari della passata stagione a sporcare il risultato. I dirigenti juventini darebbero ancor più valore al primato della loro squadra se si rendessero conto che vincere non è "l'unica cosa che conta" (Boniperti dixit). Il "come" si vince importa moltissimo. Purtroppo questa consapevolezza non fa breccia nell'ambiente juventino, che preferisce ancora una volta sminuire i trionfi di oggi rivendicando la legittimità delle ruberie passate.

Intanto, mentre cala il sipario sullo scudetto, si fanno più chiare anche le altre sentenze di questa stagione. Con i bianconeri andranno in Champions League quasi certamente Napoli e Milan. Gli azzurri superano in casa 3-1 l'Inter grazie al solito Cavani, autori dell'ottava tripletta da quando veste la maglia partenopea. L'uruguaiano arriva così a 101 gol con il Napoli, a meno 14 dal record assoluto di Sua Maestà Diego Armando Maradona, e blinda il secondo posto della sua squadra. I nerazzurri invece - orfani di troppi titolari infortunati - scivolano al settimo posto e vedono sfumare probabilmente anche l'obiettivo Europa League. Ma non è detto che sia una notizia poi così drammatica per una formazione che il presidente Moratti dovrà impegnarsi a rifondare a partire dal mercato estivo.

Il Milan batte il Torino 1-0 (nono gol in 10 partite di Balotelli) e piazza un allungo forse decisivo sulla Fiorentina, superata sabato sera dalla Roma con un gol di Osvaldo in pieno recupero dopo che i Viola avevano dominato tutta la partita. Subito dietro in classifica non fa più scalpore la vittoria facile dell'Udinese, che regola 3-1 la  Sampdoria grazie alla doppietta di uno strepitoso Di Natale e archivia la quinta vittoria consecutiva.

Colpisce invece il risultato della Lazio in versione Roger Federer: i biancocelesti scaricano tutta la rabbia e la frustrazione accumulate in un girone di ritorno disastroso sul malcapitato Bologna, demolito 6-0 all'Olimpico. Klose, che non segnava da dicembre, insacca il pallone cinque volte e diventa il marcatore laziale più prolifico di sempre sui 90 minuti. Petkovic sostituisce il tedesco al 22esimo della ripresa, negandogli la possibilità di eguagliare il record storico di sei reti in una sola partita messo a segno nel 1933 da Silvio Piola (Pro Vercelli-Fiorentina, 7-2).

Quanto alla lotta per non retrocedere, è da registrare il balzo in avanti del Genoa, che con il 4-1 rifilato al già retrocesso Pescara stacca di tre punti il Palermo, portandosi a quota 35. Perde terreno anche il Siena, travolto per 3-0 a Catania e quindi fermo a 30 punti. Chiudono il cerchio della 35esima giornata gli incontri di quattro squadre che ormai non hanno più nulla da chiedere a questa stagione: Chievo-Cagliari 0-0 (giocata sabato) e Parma-Atalanta 2-0 (da segnalare un gran gol di Parolo, centrocampista inspiegabilmente ignorato dalle grandi).

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