di redazione

Ci voleva un ex romanista per fermare la Roma. Dopo 10 vittorie consecutive, i giallorossi vengono arginati sull'1-1 dal Torino, consentendo a Juve e Napoli di rosicchiare due punti. Vero eroe della notte granata è Alessio Cerci, per distacco il migliore in campo. Nato a Valmontone e con ampi trascorsi in quel di Trigoria, l'aletta del Toro mette in difficoltà da solo la difesa avversaria per tutto il primo tempo. Dribbla, crossa tira e corre come un dannato. Ogni azione del Torino passa per i suoi piedi.

Gli uomini di Garcia vanno comunque in vantaggio sfruttando una grave amnesia dei padroni di casa, che si scordano di coprire sulla fascia sinistra e consentono a Pjanic di imbucare per il tap-in vincente di Strootman. Nella ripresa il livello di gioco cala su entrambi i versanti. Anche Cerci sembra più appannato, ma è proprio lui a trovare il pareggio, concludendo sottoporta un'azione sulla sinistra molto simile a quella del vantaggio romanista. La notizia è che l'errore difensivo stavolta è di Benatia, fin qui pressoché perfetto da inizio Campionato. La Roma deve così ingoiare il primo boccone amaro di questa stagione, mentre il Torino insegna qualcosa alle altre avversarie dei giallorossi: per arginare i capitolini bisogna fare più catenaccio di loro. La difesa alta è un suicidio. 

Subito dietro la Roma, Juve e Napoli rispondono con due vittorie dal sapore diverso e salgono a 28 punti, portandosi così a -3 dalla capolista. A convincere di più sono ancora una volta i partenopei, che superano 2-1 il Catania con l'ennesima prestazione superlativa del proprio reparto offensivo. Le reti degli azzurri sono due capolavori mancini: prima un tiro a giro da fuori area che si spegne sotto l'incrocio da parte del solito Callejon, poi una sassata dal limite di Hamsik. I siciliani riaprono il discorso con Castro, ma nella ripresa - piuttosto che cercare il pareggio - devono accontentarsi di limitare il passivo grazie a una grande prestazione del portiere Andujar.

Molto meno spettacolare del Napoli, la Juve riesce comunque a tenere il passo degli azzurri sbancando il Tardini per la prima volta nell'era Conte. I bianconeri sono ordinati e solidi come sempre: attaccano per quasi tutta la partita, ma riescono a passare solo in modo fortunoso. Un gran tiro da fuori di Quagliarella si stampa sulla traversa, Pogba a rimorchio insacca di piatto. La Vecchia Signora fa risultato, ma la brillantezza di gioco del Napoli e l'intensità della Roma sono un'altra cosa. Molto dipende dal rendimento di Pirlo, meno decisivo rispetto agli anni scorsi, ma qualcosa è venuto meno anche nella grinta di Conte, che non fa mistero di volersi trasferire in un club con maggiori disponibilità finanziarie.

Dietro al terzetto di testa, in zona Europa League, continuano a viaggiare appaiate Inter e Verona (22 punti). I nerazzurri demoliscono in trasferta un'Udinese quasi mai in partita. Alla fine è 0-3, ma il passivo per i friulani avrebbe potuto essere ben più pesante, vista la mole di occasioni prodotta e non trasformata dagli undici di Mazzarri. Le reti sono firmate da Palacio (colpo di testa su punizione), Ranocchia (collo pieno al volo su uscita a vuoto di Brkic) e Alvarez (tap-in su azione di contropiede di Palacio).

Quanto al Verona, non rallenta l'andatura impressionante in casa, dove gli scaligeri hanno messo a segno sei vittorie in sei partite. L'ultima vittima è il Cagliari, superato 2-1 con i gol di Toni e del redivivo Jankovic, che in area si esibisce in un triangolo d'alta scuola con Romulo prima di piazzare sul palo lungo. I sardi hanno diverse occasioni, ma riescono solo a dimezzare lo svantaggio con Conti.

Appena fuori dall'Europa, in sesta posizione, c'è la Fiorentina, che sale a 21 punti sbancando 2-0 San Siro con i gol di Vargas e Borja Valero. I viola aprono ufficialmente la crisi del Milan, che si ritrova a 12 punti in compagnia di Parma e Livorno (vittorioso ieri per 1-0 sull'Atalanta). La panchina di Allegri è sempre più infuocata, ma la sensazione è che i rossoneri scontino un grave deficit tecnico, soprattutto in difesa e a centrocampo: costruire gioco è difficile se l'unico con i piedi educati si chiama Riccardo Montolivo (Kakà è ancora un oggetto del mistero), né è pensabile che una squadra con ambizioni da grande possa gestire un'intera stagione con due centrali lenti come Mexes e Zapata. Segno dei tempi, poi, la strana storia di Valter Birsa: panchinaro al Torino, titolare inamovibile nel Milan.

Poco sopra ai rossoneri, a quota 15 punti, continua lo psicodramma della Lazio. Dopo gli ultimi risultati incoraggianti (la vittoria con il Cagliari e il pareggio esterno con il Milan), i biancazzurri tornano a cadere. Stavolta però il ko è più grave, perché arriva in casa e per mano del Genoa, che si porta alle spalle proprio dei capitolini con 14 punti. La Lazio gioca una partita generosa, ma ricade nei vizi che la affliggono da inizio anno: attacco improduttivo, centrocampo confuso, difesa che almeno un paio di volte a partita indossa il costume di Babbo Natale. I liguri passano con i gol di Kucka e Gilardino, che trasforma un rigore gentilmente concesso da Ciani con un fallo di mano plateale e inutile.

In coda alla classifica, Sampdoria e Sassuolo si esibiscono in un folle 3-4 fatto di regali e controregali. Passano prima i blucerchiati con Pozzi, poi la tripletta di Berardi (due reti su rigore) e il gol Floro Flores portano i tre punti ai neroverdi, che in classifica raggiungono proprio i liguri a nove punti. Inutili le reti di Eder e De Silvestri: quando non si fa bucare al centro, la difesa della Samp frana sugli avversari in area. E il Sassuolo festeggia così la sua prima, storica vittoria esterna in serie A. 

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