Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
> Leggi tutto...

di Tania Careddu

Quando l’aria economica e politica si fa irrespirabile, l’economia sommersa permette a un gran numero di soggetti produttivi di prendere fiato. E il comparto agricolo è uno di questi: per massimizzare la produttività di un’attività con una modesta redditività, il lavoro perde la caratteristica di costo fisso e diviene un fattore che varia con il livello di produzione. E diventa nero. Sebbene sia difficile da stimare per l’eterogeneità delle fonti e la dispersività dei dati, una cosa è certa: è in crescita in tutti i Paesi e dal 2007 a oggi ha generato cinquecentoquarantanove miliardi di euro l’anno.

Con ordine: la grande maggioranza delle aziende agricole è di piccole dimensioni - individuali o a conduzione diretta - che produce, spesso, per l’autoconsumo utilizzando una manodopera familiare. Ma quando la stagione chiama, si fa ricorso alla manodopera giornaliera, costituita per lo più da migranti, rumeni, bulgari, albanesi, polacchi, indiani, pachistani, provenienti dall’Africa equatoriale e dal Nord Africa. In nero.

Utilizzata in tutti i lavori agricoli, generici e specializzati, dalla semina alla raccolta, dalla selezione alla lavorazione, dalla pastorizia alla zootecnica. In condizioni di estremo sfruttamento se non di vero e proprio schiavismo.

Senza uno straccio di contratto, sconosciuta agli enti previdenziali e di vigilanza, senza tutele previste dalla legge. Ma tant’è: ci si adegua al clima generale per poter lavorare. Soprattutto nelle aree depresse del Sud, in testa Campania, Calabria e Puglia, la più flagellata. Dove, nel 2013, è risultata in nero più della metà dei lavoratori delle aziende agricole, con picchi del 70 per cento nel Salento, del 54 per cento nella provincia di Bari e del 40 per cento in quella di Foggia. Con irregolarità visibili anche sul salario che, generalmente, ammonta alla metà di quello previsto dai contratti. Ma le peculiarità del lavoro agricolo, vedi l’informalità dei rapporti e gli incarichi a giornata, rendono più ostici anche i controlli.

D’altronde, il perdurare di una profonda crisi economica che genera forti difficoltà al sistema produttivo e la pressione fiscale ormai insopportabile, da un lato spinge le aziende verso la ricerca di ‘soluzioni’ poco ortodosse e dall’altro costringe i lavoratori, in mancanza di lavoro e sospinti dal bisogno, ad accettare condizioni di lavoro punitive retribuite in nero.

E’ il caso (anche) degli italiani: operai, muratori, carpentieri, geometri, ragionieri e finanche fornai, approdano nei campi dopo la chiusura di fabbriche e imprese, in seguito a un licenziamento o a una drastica riduzione del salario. Per venti euro al giorno, un quinto del minimo sindacale, dodici ore di lavoro dall’alba al tramonto, trentacinque euro per raccogliere le ciliegie o quaranta come braccianti.

Vivono in baraccopoli, senza acqua potabile, servizi igienici e assistenza medica (il 70 per cento di loro ha contratto malattie), che costituiscono veri e propri ghetti. Gli schiavi del nuovo millennio vengono reclutati dai ‘caporali’, anello di congiunzione del sistema agricolo che garantisce la disponibilità della manodopera al momento giusto e direttamente in azienda, i quali si ‘servono’ nei mercati dei paesi o nelle periferie delle grandi città per cercare forza lavoro giornaliera e condurla nei campi, in un servizio ‘tutto compreso’. Inclusa la percentuale per la prestazione: il 60 per cento della paga giornaliera.

E però, purtroppo, quattrocentomila uomini trovano lavoro tramite loro, operativi in ottanta epicentri di sfruttamento. Dal 2011, quando è stato istituito il reato di caporalato, trecentocinquantacinque caporali sono stati denunciati o arrestati. Ancora troppo pochi.

Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy