Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Liliana Adamo

Per la conservazione e la protezione dell'ecosistema e delle biodiversità, un’organizzazione internazionale senza obiettivi di lucro, istituita nel 1977 con il nome di Sea Shepherd Conservation Society, si è posta un mandato: impedire la distruzione dell'habitat naturale e il massacro delle specie selvatiche negli oceani del mondo. Le sue tattiche sono l’azione diretta, quindi rintracciare, indagare, documentare e agire (se e quando è necessario), rendere pubblico e impedire le attività illegali in alto mare.

Ma per capire fino in fondo la vera anima di Sea Shepherd, bisogna “raccontarli” e allora introduciamo due passaggi, cronaca diretta di una contesa sui mari, dal sud fino all’Oceano Atlantico, cabotando l’Antartide, cui gli equipaggi (tutti volontari) di Sea Shepherd, si rendono fieri protagonisti.

Diario di bordo, 6 aprile, 2015: mentre si sta inabissando, la Thunder, nave bracconiera battente bandiera nigeriana, lancia un SOS. Le coordinate, 0’ 20’, a nord, 05’ 24’ a est, indicano il punto localizzato nella zona d’esclusione economica (ZEE), di Sao Tome, nel golfo di Guinea, presso l’omonima isola africana, a circa 250 km dalla costa nord – occidentale del Gabon.

Il capitano della Thunder entra in contatto, via radio, con la nave di Sea Shepherd, “Bob Barker” che gli sta alle costole nell’operazione denominata Icefish, la quale risponde immediatamente al segnale d’emergenza. Peter Hammarstedt, capo della nave ambientalista tra le più famose al mondo, coordina le operazioni di soccorso, intanto che quaranta membri d’equipaggio, capitano, ufficiali e personale di coperta, tutti cacciatori di frodo, si predispongono sulle scialuppe di salvataggio. La situazione si fa via via più grave con la Thunder che comincia a imbarcare acqua. Peter Hammaestedt comunica con l’altro natante, Sam Simon, il “coadiutore”, chiedendo d’intervenire per prestare soccorso al personale della nave bracconiera che intanto si è inclinata su un fianco.

La Thunder è stata intenzionalmente “affondata” e i segnali sono apparsi subito chiari. Per quattro mesi difilati (un vero record per queste operazioni), la Bob Barker ha inseguito e contrastato la sua attività illegale e ora si procede al recupero di settantadue chilometri fra reti e altro materiale per la pesca di frodo che saranno consegnati, personale compreso, alle autorità portuali competenti di Port Luis, a Mauritius.

Diario di bordo, 13 febbraio 2015: mentre Interpol, guardia costiera di Nuova Zelanda e Australia sembrano prendersela comoda, la nave conservazionista Sam Simon ha intercettato a sud delle acque australiane, i due battelli Yongding e Kunlun, dediti alle attività di frodo, ambedue nel mirino dell’operazione Icefish, per la campagna di Sea Shepherd in Difesa dell’Oceano del Sud.

E’ la prima volta che ci si pone l’obiettivo d’entrare direttamente “in campo”, contrastando chi, con attività fuorilegge, saccheggia gli oceani, depaupera i fondali, cattura quintali di pesci causando danni incalcolabili all’ecosistema marino e al mondo intero. La pesca intensiva (e illegale) ai danni del merluzzo dell’Antartide (Dissosthicus Eleginoides Norman), per esempio, è fra gli obiettivi.

Durante un inseguimento serrato, la Sam Simon è costretta a difendersi dalle azioni aggressive della bracconiera Kunlun, che tenta una possibile fuga attraverso banchi di ghiaccio alla deriva, approcciando azzardate condotte intimidatorie da breve distanza (10 metri). Nonostante ciò, la nave di Sea Shepherd riesce ad allontanare i contrabbandieri dai “territori di caccia”, vale a dire la Zona Economica Esclusiva dell’Australia, pressappoco a 2500 miglia nautiche a sud ovest, in pieno Oceano Antartico; ma gli attacchi intenzionali della Kunlun creano una situazione al limite della collisione. Le due navi sembrano destreggiarsi in piena guerra di nervi, con gli ufficiali della bracconiera nascosti dietro spessi tendoni. Perché, come dice Sid Chakravarty, capitano della Sam Simon, sono spesso i prepotenti i più grandi codardi, e anche la Kunlun non fa eccezione a questa regola.

In questo parapiglia, la seconda nave bracconiera Yongding, è riuscita a defilarsi ed è stata avvistata dalla Sam Simon, l’ultima volta, virare a est. La bandiera nera di Sea Shepherd che riporta l’antica suggestione piratesca, il Jolly Roger e lo stemma di Nettuno, quando appare all’orizzonte, fa certo più paura dell’inerzia del governo australiano, che resta nel suo imbarazzante silenzio, mentre navi bracconiere segnalate sulla black list della Commissione della Conservazione per le risorse biologiche dell’Antartico (CCAMLR), scorrazzano liberamente in acque territoriali.

“Non sono quello che viene definito un uomo civile, professore. Ho rotto con la società per ragioni che mi sembravano buone” - Capitan Nemo (di Jules Verne).

Scrive il Capitano Paul Watson, leader di Sea Shepherd: “Dannazione, miei cari, siamo pirati! Ci vuole un pirata per fermare un altro pirata, ed è per questo motivo che la bandiera di Sea Shepherd Conservation Society ha il Jolly Roger…E’ per il fatto di essere stati chiamati pirati che ho utilizzato il Jolly Roger come simbolo, adattandolo per riflettere su ciò che rappresentiamo, con il bastone del pastore incrociato al tridente del Nettuno che simboleggia la protezione degli esseri viventi negli oceani e la nostra determinazione a lottare per il loro diritto di sopravvivere, di essere liberi e restare in mare.

Il teschio riflette la morte che l’umanità porta all’oceano, mentre la balena e il delfino che formano lo yin e lo yang, il desiderio di ristabilire un equilibrio nei nostri mari, ripristinare la grazia del delfino e la saggezza della balena…”.

Doveroso, a questo punto, presentare la flotta di Nettuno: la Steve Irwin si distinse in difesa dei cetacei nell’operazione Migaloo (2007/2008), osteggiando efficacemente l’annosa caccia alle balene nel Santuario dell’Antartico. Il suo nome è in onore al naturalista australiano prematuramente scomparso nel 2006, Stephen Robert Irwin, un personaggio televisivo, divulgatore scientifico e documentarista (chi non ricorda The Crocodile Hunter?). La Steve Irwin può contare su un elicottero, altre piccole imbarcazioni e su un equipaggio di oltre sessanta volontari, provenienti da ogni parte del mondo.

Grazie a un cospicuo lascito dell’icona televisiva statunitense, Bob Barker, un’ex baleniera è acquistata, rimessa a nuovo con un sofisticato sistema antighiaccio e, quasi in sordina, il 18 dicembre 2009, parte alla volta dell’arcipelago Mauritius per unirsi alla Steve Irwin, all’Ady Gil ed entrare nella flotta Sea Shepherd che staziona in Oceano Indiano. Questa ex baleniera è la Bob Barker, il terrore dei cacciatori di frodo, una nave eccezionale come gli equipaggi che si sono susseguiti. Nelle sue irruzioni, la Bob Barker è spesso assistita dalla Sam Simon, altra storica “griffe”, che, in origine, era una nave meteorologica di proprietà del governo giapponese.

Le imprese dell’intercettore Brigitte Bardot, ex Gojira (Godzilla), sono legate a uno spassoso aneddoto: tra gennaio e febbraio, questa inesorabile imbarcazione di supporto è riuscita, da sola, “a far fuori” l’intera flotta di baleniere giapponesi, distogliendole dal Santuario nel Pacifico. Sentire i media nipponici asserire che un’intera flotta è stata battuta da Godzilla, è stato a dir poco esilarante…tant’è che una schiera di avvocati ha intimato Sea Shepherd di cambiargli nome. Presto fatto, il capitano Paul Watson, allora, decide d’intitolare lo spietato intercettatore a un’indimenticabile sex symbol, l’attrice francese Brigitte Bardot, lei che da anni, sostiene Sea Shepherd Conservatory Society, nella campagna che si oppone al massacro dei globicefali, nelle Isole Danesi delle Fær Øer.

Nella flotta di Nettuno, la Steve Irwin, la Bob Barker, la Sim Simon e la Brigitte Bardot, fanno la parte del leone, pronte in qualsiasi momento, anche in condizioni meteorologiche avverse, a far rotta verso gli oceani e intervenire per ogni crimine che si perpetua contro di esso. In questa speciale “armata”, alla salvezza delle creature marine, molte gloriose navi hanno partecipato e altre ne faranno parte.
Coordinate fra loro, equipaggiate di tutto punto, guidate da personale di bordo che non ha soltanto professionalità da vendere ma coraggio e passione nell’assolvere un compito che sente profondamente, i volontari, provenienti da esperienze e contesti spesso diversissimi, si elevano a veri eroi contemporanei, pur non abusando impropriamente di questa retorica.

In linea con una visione di geostrategia globale, le ultime azioni Sea Shepherd sono attive nei luoghi più disparati del pianeta. Si va dalle nuove reclute donate alla locale gendarmeria ambientale dell’Ecuador (designate come unità K9), ovvero i cani – fauna dell’operazione Galapagos, che riconoscono ogni traccia d’animale selvatico (pinne di quali, per quell’agghiacciante pratica di shark finning, oppure iguane, tartarughe, le preziose oloturie o “cetrioli di mare”) e tutto ciò che concerne il traffico illegale fuori dalle isole più eco protette delle Americhe, ma non esenti da criminalità ambientale. Tale criminalità sembra non voler escludere nessuna area terrestre, soprattutto le più povere e vulnerabili; un problema, quest’ultimo, di gravità crescente.

L’operazione Milagro prevede, invece, uno staff di consulenti che lavora insieme alla comunità australiana per porre fine allo scriteriato abbattimento dei grandi squali oceanici, tentativo maldestro che non servirà a tutelare i bagnanti sulle spiagge (esistono misure non letali atte a proteggerli), ma solo a impoverire la biodiversità e l’eco-sistema marino.

E ancora, l’operazione Pacuare, per recuperare la nidificazione delle tartarughe verdi, embricate e liuto, in via d’estinzione. Pacuare è un’isola al largo del Costa Rica e conta circa duecento residenti. Una fonte alternativa di reddito è rappresentata dall’eco-turismo. Tuttavia, la disperazione economica spinge la gente del luogo a distruggere invece che proteggere, esportando illegalmente le uova di tartaruga verso i mercati esteri. Anche in questo caso, si agisce a livello culturale, far capire che una tartaruga  marina rappresenta l’emblema della bellezza naturale e della fauna, come pure una grande opportunità di reddito, un bene - rifugio per le specie umana, che queste creature gentili valgono molto più da vive che da morte.

Sulla spiaggia di Moìn, epicentro nel traffico di stupefacenti, sosta perentoriamente una nave Sea Shepherd, la Jairo Mora Sandoval, nome dell’ambientalista assassinato nel maggio scorso dai bracconieri, qui, in Costa Rica. Il modo migliore per onorare la sua memoria è, appunto, portare avanti ad ogni costo, il suo mandato. Se nella salvaguardia dell’ambiente non esiste una priorità, poiché tutto è prioritario, le operazioni Grindstop, Relentless e Infinite Patience sono fra le più ostiche e clamorose degli ultimi anni.

L’operazione Grindstop si muove in difesa dei globicefali insensatamente massacrati nelle isole Fær Øer, baluardo artico della Danimarca, immerse nell'Oceano Atlantico, note come le “Taiji del Nord”. Dal lontano 1980 Sea Shepherd Conservation Society si oppone con ogni mezzo, alla ferocia di questa pleonastica mattanza perpetrata nell’evoluta, emancipata Europa. E quest’anno, centinaia di volontari sono sbarcati sulle isole feroci, con un pattugliamento che si allarga ad ampio raggio, in terra, mare e aria; arrivano perfino a un corpo a corpo, entrano in acqua disponendosi direttamente tra branchi di cetacei e i loro massacratori. E finiscono malmenati e ammanettati…mentre si levano urla strazianti e l’oceano si tinge di sangue.

L’operazione Relentless, cinclusa il 5 gennaio scorso, impone un trattato di pace per le balene, finalmente libere dalla caccia e di sopravvivere nei loro Santuari. Grazie a Sea Shepherd, la nave bracconiera giapponese Nisshin Maru torna indietro a mani vuote, degno finale di una stagione disastrosa. I cetacei dell’Antartide (circa 4.500), sono salvi! Prima d’iniziare questa campagna, “abbiamo fatto una promessa ai nostri clienti, le balene e a tutti i nostri sostenitori nel mondo, sputare fuori questi bracconieri dalle acque protette. Abbiamo mantenuto la promessa. Noi siamo implacabili.”

Per l’incredibile numero di sei mesi, ogni anno, dal primo settembre fino a marzo, in una baia nascosta e poco profonda, un luogo divenuto tristemente famoso, un gruppo di cacciatori assedia e cattura intere famiglie di delfini selvatici, fra cui anche il raro delfino albino (come non ricordare la sorte del piccolo Angel?).

Il fine è soddisfare la richiesta internazionale di delfini, destinati in cattività ai delfinari e acquari dislocati in varie parti del mondo. Alcuni sono presi prigionieri, il restante è massacrato con una tecnica di caccia nota come “enervazione”, che lascia i delfini agonizzanti e ancora coscienti, praticamente paralizzati, annegare nel sangue dei propri familiari.

“Segui il ritmo della natura: il suo segreto è la pazienza…” (Ralph Waldo Emerson) e l’operazione Infinite Patience richiede tempo.

Nella baia di Taiji, “The Cove” (come titola l’eco film diretto da Louie Psihoyos, che ha mostrato al mondo intero l’orrore delle stragi, la sofferenza di questi meravigliosi animali e nondimeno, la stupidità umana), nessuno si fermerà finché non si fermerà il massacro. Eppure l’infinita pazienza comincia a dare i suoi frutti: è notizia di poche settimane fa, che l’Associazione Giapponese di zoo e acquari - JAZA - non acquisterà più i delfini sopravvissuti alle stragi di Taiji, seguendo la scelta dell’Associazione Mondiale – WAZA - che già aveva deciso una delibera in questo senso.

Grazie a Sea Shepherd che spinge verso un’imponente sensibilizzazione, JAZA si ritira e prende una decisione “storica”. Non sappiamo ancora se le intenzioni sono tali da porre fine al massacro, è certo che il mercato dei delfini subirà un duro colpo e le catture esistono perché muovono soldi. Se s’interrompe questo circolo vizioso (la domanda), cessa anche l’offerta (la cattura).
Taiji resterà sotto i riflettori internazionali finché non sarà risparmiato anche l’ultimo delfino.



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