Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Tania Careddu

L’intero sistema delle norme nazionali (e internazionali) è in grado di far fronte alla sfida di proteggere i diritti umani? Poco. Molto poco. Non si è dimostrato abbastanza solido di fronte ai duri colpi ricevuti e alle difficili sfide dell’ultimo anno. Gli strumenti multilaterali di protezione e i meccanismi specializzati di tutela non sono riusciti né a contenere le crisi umanitarie né a proteggere i civili contro le violazioni dei diritti umani.

E anche il sistema europeo è finito sotto attacco, sia a causa della perdita di sostegno da parte di alcuni Stati sia a causa dell’arretrato di ricorsi che chiedevano accertamento delle responsabilità per le atrocità commesse.

I numeri parlano chiaro: in diciannove Paesi sono stati compiuti crimini di guerra o altre violazioni delle ‘leggi di guerra’; centotredici Paesi hanno imposto arbitrariamente restrizioni alla libertà di espressione e di stampa; più di sessanta milioni di persone nel mondo sono state allontanate dalle loro case; più di trenta Paesi hanno illegalmente costretto i rifugiati a tornare in Paesi dove sarebbero stati in pericolo; centoventidue Paesi hanno torturato o maltrattato esseri umani; almeno ottantotto Paesi hanno condotto processi iniqui; almeno venti Paesi hanno adottato leggi che riconoscono il matrimonio o una qualche forma di unione tra persone dello stesso sesso.

In Italia, sul punto, siamo ancora tra trattative, stralci e mutilazioni. Di certo si sa che, a luglio, la Corte di Cassazione ha stabilito che le persone transgender dovevano essere in grado di ottenere il riconoscimento legale del genere, senza l’obbligo di sottoporsi ad alcun trattamento medico. Ma, a fine anno, il Parlamento non aveva ancora approvato le modifiche legislative per estendere anche ai reati omofobi e transfobici, l’applicazione delle sanzioni contro i crimini d’odio, già in vigore per quelli basati su altri motivi.

Per fortuna, laddove non è arrivato il legislatore ci ha pensato la Corte d’Appello di Roma, riconoscendo il diritto di una donna ad adottare formalmente la figlia nata dalla sua partner di sesso femminile, a seguito di inseminazione artificiale.

Del reato di tortura nel diritto interno, solo l’ombra. Approvato un disegno di legge alla Camera, non è stato adottato dal Senato. E nemmeno l’obbligo di dotare di distintivi identificativi, le uniformi degli agenti della forza pubblica, utile ad agevolare l’individuazione delle responsabilità in caso di abusi. A dicembre ancora non era entrato in funzione l’Ufficio del Garante nazionale dei diritti dei detenuti. Preoccupante se si pensa che è grave la mancanza di accertamento delle responsabilità per i decessi avvenuti in custodia, vedi il caso Cucchi e quello Magherini.

Per non parlare dei diritti dei rifugiati e dei migranti. A parte la legittimità del reato di “ingresso e soggiorno illegale” nel territorio italiano, per l’abolizione del quale il governo non ha adottato alcun decreto, qualche passo in avanti è stato fatto, invece, per l’antiterrorismo.

A febbraio 2015, infatti, sono state adottate nuove misure che aumentano le pene detentive per le persone arruolate da altri per commettere atti di terrorismo e prevedono pene contro coloro che organizzano, finanziano e propagandano viaggi finalizzati a compiere tali atti.

La legislazione, inoltre, ha concesso alle autorità giudiziarie il potere di confiscare temporaneamente il passaporto di un sospetto criminale; le nuove norme, infine, autorizzano il governo a stilare e ad aggiornare un elenco di siti web utilizzati per il reclutamento e a incaricare i fornitori di servizi internet di bloccarli.

Bene. Bravi. Ma, a oggi, ancora e nonostante le promesse del governo, l’Italia non è riuscita a creare un’istituzione nazionale per i diritti umani, in conformità con i Princìpi di Parigi. Parola di Amnesty International.

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