Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Tania Careddu

Crimini di guerra, accordi che pregiudicano il diritto a chiedere asilo, leggi che vietano la libertà di espressione, torture, sorveglianza di massa e massicci poteri alla polizia. Si riassumono così le politiche che hanno dominato, nel 2016, l’agenda dei governi dall’Europa agli Stati Uniti. Nessuno escluso. Farcite di retoriche velenose, di discorsi coniugati all’odio, all’insulto e alla violenza, basati sulla demonizzazione di interi gruppi di esseri umani.

Una su tutte, la campagne elettorale di Donald Trump, inneggiante alla xenofobia, alla misoginia e all’omofobia, seguita da quella di Marine Le Pen in Francia e da quella di Teresa May nel Regno Unito. Jorg Haider in Austria, Viktor Orban in Ungheria, Beata Szydlo in Polonia si muovono verso la disumanizzazione del diverso. Sulla divisione etnica e il rigetto del diritto internazionale sono basate le scelte nazionaliste dei nuovi regimi autoritari: dalla Turchia di Recip Tayyp Erdogan alle Filippine di Rodrigo Duterte.

Su centocinquantanove paesi, analizzati nel Rapporto 2016-2017 di Amnesty International, si sono perpetrati ventitré crimini di guerra e trentasei nazioni hanno respinto illegalmente migranti e rifugiati. In Arabia Saudita e in Bangladesh, giornalisti e attivisti per i diritti delle minoranze sono stati condannati con accuse vaghe; in Cina prosegue la repressione di avvocati e le intimidazioni contro i familiari; in Egitto imperversano i divieti di viaggio, le restrizioni finanziarie e il congelamento dei conti bancari; in Etiopia vige lo stato di emergenza; in Iran, i tribunali rivoluzionari hanno giudicato voci critiche pacifiche; in Myanmar, procedono le operazioni di sgombero delle minoranze etniche; in Russia il governo ha stretto la morsa intorno alle organizzazioni non governative; in Siria continua l’impunità per i crimini di guerra.

In Italia, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, la retorica divisiva la fa da padrona sdoganando la licenza (per nulla poetica) di atteggiamenti e comportamenti inaccettabili. Soprattutto quando l’aggravante dei motivi razziali, prevista dalla legge Mancino, non trova (quasi mai) applicazione. Oltre a comportamenti anti-migranti, serpeggiano atteggiamenti derivanti dalla mancata accettazione della diversità di orientamento sessuale e spuntano, a livello locale, sportelli ‘anti-gender’, allo scopo di fornire informazioni legittimanti la discriminazione e il clima di intolleranza di genere.

La lista è lunga e rientra in quel nuovo sistema mondiale in cui i diritti umani sono da ostacolo agli interessi nazionali, economici e di sicurezza, che demonizza l’altro da sé e manipola politiche identitarie allo scopo di ottenere consenso. Spacciando la pericolosa idea che alcune persone siano meno umane di altre.

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Fabrizio Casari
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