Che la legge Fornero abbia sconquassato, per un verso o per un altro, i lavoratori è cosa nota ma che abbia avuto un notevole impatto di genere lo è, forse, un po’ meno. Allungando sempre di più l’età del pensionamento, le lavoratrici over 50 stanno diventando una porzione sempre più importante del mercato del lavoro italiano e sono sempre più numerose tanto che, dal 2010 a oggi, sono aumentate del 50 per cento.

 

 

Hanno un lavoro a tempo indeterminato pre jobact, full time e stabile, mediamente da ventinove anni nella stessa azienda. E sarà sicuramente per questo che, secondo quanto riporta la prima ricerca italiana sulle donne over 50 e il lavoro, Talenti senza età, condotta dal Centro Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica, le donne in questione, in ambito lavorativo, si sentono più vecchie e obsolete che altrove (vedi, ambito famigliare o amicale), facendo ancora, oltretutto, i conti con il carico della conciliazione tra vita personale e professionale.

 

Particolarmente oberate, le donne senza partner ma con figli conviventi e quelle con un famigliare da accudire per essere, loro malgrado, la cosiddetta ‘generazione sandwich’. D’altronde, il livello di supporto organizzativo aziendale in cui lavorano è tendenzialmente insufficiente, soprattutto in quei contesti in cui sono in netta minoranza. Una discriminazione di genere, dunque, che fa il paio con quella relativa all’età che, forse, pesa ancora di più di quella legata al sesso.

 

Perché, dopo aver subìto il claustrofobico effetto del ‘soffitto di cristallo’, una volta diventate senior, l’avanzamento di carriera diventa pressoché impossibile. Ma tant’è: cercando di superare la doppia discriminazione con gli scambi intergenerazionali che le aiuta a sentirsi più giovani e meno discriminate per l’età.

 

Ma quali sono le motivazioni delle over 50 al lavoro? Premettendo che non dispongono di alternative, va da sé che quasi un terzo delle intervistate non ha obiettivi legati alla realizzazione professionale: sono donne che “avevano la testa sul lavoro” ma che ora, e nel tempo, hanno perso interesse e sono rivolte verso altro, soprattutto quelle intorno ai cinquantasette anni che si sentono “smarrite”, forti anche del fatto che hanno poche difficoltà economiche e un sostanzioso capitale sociale famigliare.

 

E, in generale, le lavoratrici che hanno superato i cinquant’anni sono una presenza attiva e generativa con alti livelli di benessere psicologico e di impegno nel lavoro, pur essendo in una fase della vita in cui sperimentano cambiamenti sostanziali che però, a differenza della condizione visibile della maternità, le loro transizioni sono invisibili e perciò sottovalutate dalle aziende. Delle due, l’una: o si mettono in atto strumenti in grado di ricostruire questi difficili equilibri o si offrono ‘scivoli’ e piani personalizzati per agevolare il passaggio di consegne.

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