“Le discriminazioni, in ogni loro forma, sono ancora oggi all’ordine del giorno e sappiamo che c’è ancora tanto da fare” dichiara il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury. Ma almeno, comincia a diffondersi “una maggiore consapevolezza dei nostri connazionali che vedono un cambiamento o, quanto meno, si iniziano a rendere conto del problema”.

 

O meglio, delle violenze e delle violazioni dei diritti umani. Per esempio, contro le persone LGBT, fra le quali il 40, 3 per cento, secondo l’indagine Gli italiani e le discriminazioni, condotta da Doxa per Amnesty International, afferma di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24 per cento a scuola o nell’università e il 22 per cento sul luogo di lavoro. Una realtà confermata dalla percezione di un italiano su cinque che ammette che le coppie omossessuali sono ancora vittime di omofobia.

 

 

L’86 per cento degli abitanti del Belpaese pensa che le persone omossessuali debbano avere gli stessi diritti degli altri e un italiano su due ritiene che l’approvazione, nel maggio del 2016, della legge che istituisce le unioni civili per le coppie formate da persone dello stesso sesso sia un passo di civiltà, un vero cambiamento, negli ultimi anni, nei diritti delle persone LGBT.

 

Stupisce, scorrendo i dati, che a fronte dei centoquaranta femminicidi commessi nel 2017, il 40 per cento degli italiani ritenga che il fenomeno della violenza sulle donne sia rimasto invariato e che la sua diffusione e gravità dipendano solo da un eccesso di attenzione da parte dei media e dei social media: a minimizzare la portata del problema, il 47 per cento degli uomini contro il 30 per cento delle donne mentre sette donne su dieci, contro il 50 per cento dei maschi, dichiarano che la violenza ai loro danni sia aumentata sempre di più.

 

Un aumento che non risparmia il fenomeno del bullismo: per sette italiani su dieci è in crescita mentre per un italiano su quattro la violenza fra giovani coetanei (e non solo) sia sempre stata presente e non ci siano sostanziali differenze rispetto al passato. Sebbene i numeri sembrino confermare questa impennata, per cui un ragazzo o una ragazza su due, tra gli undici e i diciassette anni, è stata vittima di episodi di bullismo e circa il 20 per cento dei minori li subisca assiduamente (cioè, più di due volte al mese), per un italiano adulto su quattro l’aumento del fenomeno è dato solo dall’incremento delle denunce e per quasi la metà degli intervistati, dalla lunga eco derivante dalla cassa di risonanza dei social media. Che, sostiene il 45 per cento, ha contribuito a incentivare la violenza.

 

Solo un misero, ma sensato, 26 per cento degli italiani crede che la crescita sia dovuta al costante clima di incitamento all’odio e alla discriminazione veicolato, questo sì, dai media. E quelli social sono “uno specchio deformato della società, luogo di amplificazione di cattivi comportamenti e di un linguaggio d’odio”, dice Noury, nel corso della conferenza stampa per presentare la campagna di Amnesty contro le discriminazioni, venduti (e mal celati) come espressione della libertà di pensiero.

 

“I nostri studi - prosegue - in questo periodo, si focalizzano sull’insicurezza dei social riguardo alle donne, non di meno, in un altro contesto (l’attivazione di un barometro dell’odio durante la campagna elettorale, ndr) abbiamo visto che si colpisce tutto. Sono luoghi di discriminazione”. Indiscriminati.

 

Ma, comunque, precisa Riccardo Noury, “con tutti gli elementi un po’ critici, nelle persone che la Doxa ha coinvolto, vedo anche dei segnali incoraggianti, di preoccupazione e di partecipazione. E, nel ritenere che la discriminazione ci sia ancora e che debba essere sconfitta, sono d’accordo che la legge debba essere l’ultima cosa che deve arrivare in ordine cronologico”.

 

In ogni caso, “su tutti e tre i temi, a partire dal 2014, sono stati fatti passi avanti dal punto di vista legislativo: in ordine cronologico, dal ’14, sono state adottate, con l’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, una serie di norme volte a inasprire le pene nei confronti degli autori di violenza di genere; le unioni civili, in questa legislatura e i provvedimenti nei confronti del cyberbullismo.

 

Quindi, passi avanti ne sono stati fatti però tutto questo non basta: le leggi vanno adottate e migliorate”, aggiunge il portavoce di Amnesty International. In effetti, delle tre P - Protezione, Prevenzione, Punizione - della Convenzione di Istanbul, in Italia è stata data attuazione, principalmente, dell’ultima P.

E, prendendo in prestito una frase di Martin Luther King, Noury conclude che “tutto ciò che è fatto nel mondo, è fatto nella speranza”.

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