Nonostante i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale, i poveri in Italia continuano a essere troppi: da quattro milioni e settecentomila del 2016 a cinque milioni e cinquantottomila nel 2017. E sono sempre più giovani: i minorenni in povertà assoluta sono un milione e duecentottomila e i giovani fra i diciotto e i trentaquattro anni, un milione e centododicimila. Cioè, un povero su due è giovane o minorenne.

 

A indicarlo, il rapporto Povertà in attesa, redatto da Caritas, che svela i volti della povertà: diminuiscono le storie di povertà ma risultano “più complesse, croniche e multidimensionali”; aumentano le storie di solitudine e diminuiscono le situazioni di chi “sperimenta una stabilità relazionale data da un’unione coniugale”, fattore scatenante nell’entrata in uno stato di bisogno, e sale il numero delle persone senza dimora. Va da sé che alle difficoltà di ordine materiale si affiancano altre forme di vulnerabilità: problemi famigliari, di salute o legate ai processi migratori e al disagio occupazionale.

 

 

Ma la lotta alla povertà è lontana dall’essere risolutiva. Premesso che le aspettative fanno presto a essere deluse a causa dei toni trionfalistici e miracolistici con cui vengono proposte, la misura del Reddito d’Inclusione (REI), se in sei mesi ha favorito il 60 per cento degli aventi diritto, dal 1 giugno 2018 ha modificato i criteri per percepirlo, abolendo quelli famigliari e puntando alla grave povertà come unico requisito per ottenerlo. Ciò indica la strada ancora da percorrere per approdare alla misura universalistica poiché così operando una metà dei poveri rimarrebbe scoperta.

 

Dopo l’approvazione di questa modifica, i dati del Rapporto sulla povertà e le politiche di contrasto indicano che il diritto al REI non viene assicurato in tutte le aree del paese in maniera corrispondente: nel sud e nel centro, la percentuale si colloca tra il 50 e il 54 per cento dei nuclei indigenti presenti mentre nel nord è del 31 per cento. Pari a duecentosei euro mensili, la somma (mediamente) corrisposta è ancora lontana per permettere alle famiglie di uscire dalla povertà assoluta: sarebbe necessario salire a trecentonovantasei euro.

 

Insomma, il REI va migliorato sotto tanti aspetti ma non smontato perché una scelta in tale direzione “assesterebbe un colpo fatale a incisive politiche contro la povertà”. Che “nonostante tutti gli interventi, sembra inarrestabile e restituisce il senso dell’urgenza e della importanza di mettere in campo, senza indugio, mezzi e strumenti adeguati a contrastare questa angosciosa situazione (…) Questa lunga fase di transizione e di incertezza tra le diverse possibili forme per combattere la povertà non aiuta certamente a mettere in moto quel complesso meccanismo di interventi necessari per provare a sconfiggerla”, dichiara il presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi.

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