di Eugenio Roscini Vitali

Nei giorni scorsi due navi da guerra con le insegne della Stella di David, la Hanit e la Eilat, hanno attraversato il canale di Suez e si sono dirette verso il Golfo di Aden, dove da alcune settimane incrocia uno dei tre sottomarini Dolphin in forza alla Marina Militare israeliana. Un messaggio chiaro, che si va ad aggiungere alle manovre navali condotte qualche settimana fa nel Mar Rosso e all’accelerazione dei progetti volti a dare a Israele uno scudo antimissilistico. Fatti che confermano la grave situazione di instabilità e di insicurezza in cui versa il vicino Medio Oriente e che dimostrano come lo Stato ebraico sia pronto a dar seguito a quelle che fino a ieri erano solo promesse. Secondo una fonte anonima del quotidiano britannico The Times, i governi occidentali starebbero lavorando a un accordo con Gerusalemme che, in cambio di concessioni l’Autorità Nazionale Palestinese, avrebbe il sostegno di gran parte della comunità internazionale ad un attacco israeliano contro le installazioni nucleari iraniane.

di Michele Paris

L’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti e il rafforzamento di una maggioranza democratica al Congresso dopo le elezioni dello scorso novembre hanno risvegliato le speranze dei lavoratori americani per un clima politico più propizio alle proprie rivendicazioni, dopo decenni di politiche “business-friendly” tese a soffocare la rappresentanza sindacale nelle aziende. Tanto più che alcune recenti sentenze di corti federali e deliberazioni del Comitato Nazionale per le Relazioni Sindacali (National Labor Relations Board o NLRB) hanno appoggiato esplicitamente la parte dei lavoratori in una serie di controversie. Come quella, ad esempio, che ha coinvolto il gigante dell’industria estrattiva Massey Energy, costretto a riassumere 85 dipendenti iscritti al sindacato dopo averli licenziati nel corso dell’acquisizione della loro compagnia in West Virginia. La diversa aria che si respira a Washington tuttavia non ha aiutato, almeno per il momento, a sbloccare il progetto di legge che va sotto il nome di “Employee Free Choice Act” (EFCA), provvedimento chiave per consentire una più semplice sindacalizzazione della forza lavoro negli USA.

di Carlo Benedetti

Avviene ancora una volta nel Caucaso. A cadere sotto i colpi della guerriglia cecena è Natalia Estemirova, una giornalista russa (50 anni, un figlio e una madre che era stata mandata a russificare il Caucaso) di grande coraggio e prestigio. L’hanno uccisa a colpi di pistola e il suo corpo è stato trovato mercoledì sera in un bosco caucasico, vicino al villaggio di Gazi-Ur, nei pressi di Nazran, nella Repubblica russa dell'Inguscezia, lungo l'autostrada. Era stata sequestrata in mattinata davanti alla sua casa di Grozny capitale della Cecenia. Si occupava dal 1999 delle vicende della guerra del Cremlino ed era sempre sulla pista delle persone rapite e sulle vicende di torture e uccisioni. E per l’impegno dimostrato aveva ricevuto un premio intitolato all’altra giornalista uccisa, Anna Politkovskaja. Vittima anche lei dei killer legati alle vicende cecene.

di Michele Paris

Dopo giorni di attesa è stato finalmente reso noto il programma segreto della CIA, autorizzato da George W. Bush fin dal 2001 e sottratto intenzionalmente alla conoscenza del Congresso degli Stati Uniti per ordine del vice-presidente Dick Cheney. La denuncia era partita dall’attuale direttore della principale agenzia di intelligence americana - Leon E. Panetta - il quale era venuto a conoscenza del piano solo il 23 giugno scorso, per poi cancellarlo definitivamente. Il progetto prevedeva la formazione e l’invio di piccole squadre speciali in paesi esteri per assassinare impunemente membri di spicco di Al Qaeda, o presunti tali. Sebbene mai sviluppato né portato a termine a causa delle enormi implicazioni legali, politiche e morali, il piano segreto della CIA ha riportato prepotentemente al centro del dibattito negli USA la questione delle responsabilità della precedente amministrazione nelle innumerevoli violazioni del diritto internazionale operate nel nome della lotta al terrorismo.

di Alessandro Iacuelli

I missili nordcoreani, progressivamente nel tempo, sarebbero diventati più precisi e tecnologicamente più affidabili. Il 4 luglio, il giorno dell'indipendenza americana, dalla Corea del Nord sono stati lanciati sette missili, quasi in segno di sfida, vista la scelta della data. La reazione maggiore arriva però dall'altra Corea e dal vicinissimo Giappone. E' infatti da questi due Paesi che arriva il segnale d'allarme per i progressi realizzati in tempi considerati brevi, nonostante le sanzioni economiche in atto da tempo contro il regime di Pyongyang. Cinque dei sette missili lanciati dalla Corea del Nord sono finiti nel mezzo del Mar del Giappone, a circa 420 chilometri di distanza dalla base di lancio, secondo un funzionario del governo sudcoreano. In passato non era mai successo, ed i lanci erano sempre stati peggiori. Sempre secondo lo stesso funzionario, questo è il segnale che "la precisione dei missili è in miglioramento".


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