Anche se scopi e obiettivi ufficiali dei nuovi dazi, annunciati questa settimana sulle auto di importazione, non corrispondono alle conseguenze che avranno realmente nel breve e medio periodo, il presidente americano Trump ha deciso di procedere con l’ennesima escalation di una guerra commerciale globale sempre più difficile da arginare. A partire dal prossimo 2 aprile, non solo le auto e gli autocarri “leggeri” in ingresso negli Stati Uniti saranno gravati da una tariffa doganale del 25%, ma anche le singole parti di essi, inclusi motori e trasmissioni. Un dettaglio, quest’ultimo, che, in un settore industriale altamente integrato come quello nordamericano, rischia di stravolgere le catene di approvvigionamento e far schizzare i prezzi di vendita anche per le vetture considerate di origine statunitense.

Un grossolano errore commesso durante una discussione interna sulla recente aggressione militare americana contro lo Yemen potrebbe costare il posto al consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente, Mike Waltz, attorno al quale sembra giocarsi anche il confronto tra falchi “neo-con” e “isolazionisti” dentro l’amministrazione di Donald Trump. L’ex deputato della Florida aveva aggiunto per sbaglio un giornalista del magazine The Atlantic a una chat di Signal tra esponenti di primissimo piano del governo di Washington dedicata alla discussione dei dettagli e delle implicazioni del bombardamento nel paese della penisola arabica, poi effettivamente avvenuto di lì a pochi giorni. La vicenda ha scatenato una feroce polemica sui giornali ufficiali e tra gli oppositori di Trump, ma, com’era prevedibile, nessuno di coloro che hanno attaccato la Casa Bianca ha ritenuto opportuno sollevare la questione cruciale, ovvero la totale illegalità di un’azione che ha di fatto riaperto il fronte di guerra yemenita.

L’utilizzo della giustizia a scopi politici e la repressione somministrata ai propri rivali non è esattamente una novità per il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. L’incriminazione e l’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, segnano però una netta accelerazione della strategia del leader del paese NATO, non a caso in un momento segnato dalla convergenza di una serie di dinamiche, ma anche di crisi, che lo hanno spinto a prendere iniziative audaci per prolungare la sua permanenza al potere e calibrare un certo riassestamento della posizione della Turchia nello scacchiere regionale.

L’attacco giudiziario a Imamoglu ha tutti i contorni di un’operazione attentamente preparata dal governo guidato da Erdogan e dal suo partito (AKP). Settimana scorsa, l’università di Istanbul aveva revocato la sua laurea ottenuta negli anni Novanta a seguito di una “indagine” su presunte irregolarità, già di dominio pubblico da mesi, nel trasferimento di Imamoglu a quest’ultimo istituto da uno di Cipro del Nord. Il possesso di un titolo di studio superiore è uno dei requisiti anti-democratici previsti dalla legge turca per candidarsi alla presidenza della repubblica e senza di esso Imamoglu sarebbe automaticamente escluso dalla competizione.

Gli 800 miliardi di euro del piano di riarmo europeo, ribattezzato per esigenze di comunicazione positiva “Readiness 2030”, sembrano una misura dagli effetti pratici limitati, ma con ampie ripercussioni politiche ed economiche sulla struttura del Vecchio Continente. È necessario perché la spesa militare russa è superiore a quella europea? Assolutamente no, anzi, è vero il contrario. In pieno conflitto, la spesa russa ammonta a 145,9 miliardi di dollari, mentre quella europea (Regno Unito incluso) raggiunge i 457 miliardi di dollari (il triplo). Gli Stati Uniti si attestano sugli 850 miliardi di dollari. Ergo, affermare che esista un divario di investimenti da colmare è semplicemente falso.

La presidenza di Donald Trump sta segnando un punto di non ritorno nella storia degli Stati Uniti. Quello che, almeno a livello formale, un tempo era considerato il baluardo della democrazia occidentale si sta trasformando in un regime autoritario, dove il potere esecutivo agisce senza alcun controllo, calpestando diritti costituzionali e ordinamenti giudiziari. Gli episodi che hanno fatto esplodere anche pubblicamente la questione sono rappresentati dalla deportazione di massa di immigrati venezuelani e dalla persecuzione politica di attivisti pro-Palestina come Mahmoud Khalil, uno studente della Columbia University e residente legale negli USA, attualmente detenuto in Louisiana in attesa di espulsione.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy