Normalmente le notizie dal Medio Oriente riportano gli attacchi israeliani in territorio palestinese. Questa volta, sorprendentemente per alcuni, sta accadendo il contrario. Questa volta Gaza non si difende, ma attacca. Sono passati 50 anni dalla guerra dello Yom Kippur e i commandos delle Brigate Al Aqsa di Hamas entrano via terra e via aria, con missili e con pick-up. È un'operazione improvvisa e inaspettata, così improvvisa che la vigilanza ebraica viene sopraffatta; i commandos palestinesi penetrano in profondità e prendono il controllo di alcune città israeliane. In termini di ampiezza, profondità ed efficacia, è probabilmente la più grande operazione militare palestinese in territorio israeliano.

Il successo elettorale nel fine settimana del partito socialdemocratico (SMER-SD) dell’ex premier, Robert Fico, in Slovacchia non fa che confermare il progressivo spostamento dell’opinione pubblica e di parte della classe dirigente europea su posizioni più critiche nei confronti dell’integralismo filo-ucraino promosso da Washington. La formazione del nuovo governo è probabilmente lontana ancora di alcune settimane, ma le promesse del vincitore del voto di sabato scorso a proposito del conflitto in corso hanno già mandato in crisi l’amministrazione Biden e i vertici UE, assieme al regime di Zelensky, preoccupati per il diffondersi di una nuova tendenza in Europa che potrebbe a breve rallentare drasticamente il flusso di aiuti destinati al buco nero dell’Ucraina.

Che un solo Paese, per grande che sia, riunisca intorno a sé un intero continente non è cosa consueta. Che lo faccia la Russia, che ha celebrato una conferenza interparlamentare con l’intera America Latina e Caraibi, è di per sé un fatto di grande portata e di ancor maggiore prospettiva. Mosca dimostra di non essere vittima della antica Dottrina delle “sfere d’influenza” (peraltro dagli USA permanentemente aggirata) né, men che mai, di una sudditanza di fronte al tracciato storico che disegna l’interventismo USA nel continente. Nonostante l’America latina sia considerata dall’Occidente come una sorta di riserva di caccia esclusiva degli Stati Uniti, l’iniziativa politica e commerciale di Mosca verso il subcontinente americano ha visto un livello sempre maggiore di cooperazione, ponendo su un livello primario le relazioni dell’America latina con il gigante euroasiatico. Al punto che, come ha sottolineato il Presidente Putin nel suo intervento di apertura, spesso Russia e America latina condividono una idea delle relazioni internazionali e della necessità di una dimensione multipolare della governance mondiale.

A un anno esatto dalle esplosioni che hanno distrutto una parte del gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico, il veterano giornalista investigativo americano Seymour Hersh è tornato a pubblicare un’esclusiva sull’argomento, che chiarisce ancora di più i contorni delle responsabilità dell’amministrazione Biden e l’incredibile comportamento del cancelliere tedesco, Olaf Scholz. L’86enne Hersh, in un articolo pubblicato sul suo account ospitato dalla piattaforma Substack, ha approfondito le vicende che precedettero il clamoroso sabotaggio e le manovre per mettere in piedi la squadra incaricata dell’operazione, portando alla luce le vere ragioni della decisione di Biden, da collegare, più che alla “aggressione” russa dell’Ucraina, alle mire strategiche di Washington nell’ambito delle relazioni transatlantiche.

Lo sciopero in corso nel quadro delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro del settore automobilistico negli Stati Uniti si intreccia questa settimana con la campagna elettorale per le presidenziali del 2024. Martedì, il presidente Biden ha fatto visita agli scioperanti in Michigan, ufficialmente per esprimere il sostegno della Casa Bianca al sindacato UAW. Mercoledì toccherà invece a Donald Trump sfruttare politicamente la situazione con un discorso davanti a qualche centinaio di iscritti al sindacato nello stesso stato del Midwest americano.


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