Il primo ministro cinese, Li Qiang, è protagonista in questi giorni di una trasferta in Oceania con al centro delle discussioni il tentativo di contrasto alle manovre americane per contenere e accerchiare militarmente la Repubblica Popolare. Australia e Nuova Zelanda sono due elementi fondamentali nella strategia americana di confronto con Pechino ed entrambi i paesi stanno progressivamente e pericolosamente piegandosi alle pressioni degli Stati Uniti nonostante abbiano proprio nella Cina il loro principale partner commerciale.

Mentre il G7 ha deciso di continuare ad oltranza il loro sostegno militare al moribondo regime di Zhelensky, sta per cominciare l’inutile e farsesca “Conferenza di pace” in Svizzera e il governo italiano precipita definitivamente in confusione, con Crosetto che smentisce la mattina dopo quello che Tajani ha dichiarato la sera prima e viceversa. Una speranza arriva dalla Cina popolare, che ha rilanciato le sue proposte di pace auspicando che le parti belligeranti si incontrino “a metà strada”.

Nel silenzio dei media occidentali, la settimana passata ha prodotto due eventi di significativa importanza planetaria. Il primo è la decisione - storica e dai risvolti enormi - dell’Arabia Saudita e del complesso dei paesi Opec+ di abbandonare l’accordo economico preso con gli USA negli anni ’70 (presidenza Nixon) che prevedeva l’acquisto in Dollari delle forniture petrolifere. D’ora in avanti, i paesi produttori di greggio venderanno in qualunque divisa e ciò di riflesso colpirà il Dollaro, che avendo minor richiesta sui mercati, subirà un deprezzamento. I contraccolpi non sono difficili da intuire: contribuiscono fortemente alla de-dollarizzazione dell’economia mondiale e parallelamente riducono l’influenza degli USA sui mercati valutari, comprimendone così le capacità d’influenza sulle altre economie.

La proposta di tregua a Gaza presentata dall’amministrazione Biden e appoggiata a inizio settimana dal Consiglio di Sicurezza ONU continua a essere ostaggio delle contraddizioni all’interno del gabinetto Netanyahu e degli equilibrismi della Casa Bianca per cercare di gestire una crisi ormai quasi del tutto fuori controllo. Mentre il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è impegnato nell’ennesimo tour mediorientale, ufficialmente per promuovere lo stop alle armi nella striscia, il conflitto minaccia di allargarsi, travolgendo i negoziati diplomatici, dopo l’assassinio da parte di Israele di un comandante di altissimo livello di Hezbollah in Libano e la reazione militare più massiccia scatenata dal 7 ottobre scorso dal “Partito di Dio”.

Se i guai legali in cui è invischiato Donald Trump possono rappresentare un qualche problema in termini di consensi elettorali, di certo non lo sono per un lungo elenco di ultra-facoltosi finanziatori che, da Wall Street, vedono l’ex presidente repubblicano come l’opzione più gradita per i prossimi quattro anni. Un articolo pubblicato questa settimana dalla testata on-line Politico ha evidenziato come le riserve espresse in seguito al tentativo di ribaltare l’esito del voto nel 2020 si stiano progressivamente dissolvendo man mano che la prospettiva di un ritorno alla Casa Bianca di Trump si fa più concreta.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy