La decisione del neo-cancelliere tedesco, Friedrich Merz, di autorizzare il regime di Zelensky a lanciare missili forniti dall’Occidente in profondità nel territorio russo conferma che tra i governi europei continua a persistere la fantasia di potere invertire le sorti della guerra in Ucraina e dettare le condizioni della pace al Cremlino. Questa notizia è stata accolta con gli ormai noti avvertimenti da parte di Mosca circa i “pericoli” di un ulteriore coinvolgimento nel conflitto della Germania o di altri sponsor di Kiev. Soprattutto, i segnali che arrivano in questi giorni prospettano complicazioni nel già difficoltoso processo diplomatico appena iniziato. Come è accaduto ad esempio con il recente commento senza senso di Donald Trump sul presidente russo Putin e la massiccia operazione militare ordinata nel fine settimana in Ucraina.

Le pressioni di Stati Uniti e Israele di questi mesi sul governo libanese e su Hezbollah per indebolire e isolare il partito-movimento sciita non sembrano avere ottenuto risultati significativi almeno sul piano politico. Infatti, nonostante una feroce campagna militare e ricatti più o meno espliciti rivolti al nuovo governo di Beirut, l’alleanza sciita tra Hezbollah e Amal ha fatto il pieno di seggi nella quarta e ultima tranche delle elezioni municipali in Libano, andata in scena nella giornata di sabato nelle province meridionali del paese mediorientale.

In uno scenario esplosivo, Hezbollah e la sua nuova leadership hanno evidenziato una tenuta notevole, confermando, al di là della retorica occidentale, la popolarità del movimento e il fortissimo radicamento nel territorio anche grazie alle proprie attività in ambito sociale a fronte di istituzioni statali a dir poco latitanti. L’illusione di assestare un colpo mortale alla “Resistenza” libanese da parte americana e israeliana semplicemente assassinando gli esponenti di vertice o cercando di attribuire a Hezbollah la situazione drammatica del Libano è rimasta appunto tale. La campagna anti-Hezbollah ha finito piuttosto per favorire il movimento sciita, identificato a ragione come l’unico baluardo contro l’occupazione, l’influenza e la violenza sioniste.

Nonostante il ripudio internazionale alla sua campagna di eliminazione sistematica e definitiva dei palestinesi, con l’obiettivo di cancellare la Palestina, occuparne la terra e trasformarla in territorio israeliano, il governo Netanyahu ha iniziato le operazioni per l’invasione della Cisgiordania. Così smentendo che sia Hamas l’obiettivo di Tel Aviv, dal momento che in Cisgiordania governa l’ANP.

L’imboscata tesa da Trump al presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, durante l’incontro con la stampa di mercoledì nello Studio Ovale, ha fatto presa soltanto sugli ambienti di estrema destra (“MAGA”) che formano la base di consenso della Casa Bianca. Per il resto, si è trattato dell’ennesimo show senza nessun fondamento nella realtà e che ha oltretutto mostrato ancora una volta la natura razzista e criminale dell’amministrazione repubblicana. Dietro all’episodio e alle assurde denunce dell’inesistente “genocidio” dei proprietari terrieri bianchi in Sudafrica, proprio quando ne è in corso uno vero e proprio in Palestina con la piena collaborazione americana, ci sono comunque seri motivi di conflitto tra i due paesi in ambito economico e strategico, che, alla vigilia del vertice, Ramaphosa si era impegnato a discutere e ad appianare.

Arricchimento dei più ricchi e impoverimento dei più poveri. Questa è in sostanza la formula alla base del cosiddetto “One Big Beautiful Bill Act” che Donald Trump sta cercando di fare approvare al Congresso di Washington, da un lato per rendere permanenti i tagli alle tasse per le fasce di reddito più alte da lui già introdotti nel 2017 e, dall’altro, per ridurre drasticamente la spesa pubblica dedicata ad alcuni popolari programmi di welfare. Vista la sensibilità politica degli interventi richiesti dalla Casa Bianca, anche tra la maggioranza repubblicana alla Camera e al Senato circolano dubbi e preoccupazioni sul provvedimento in discussione. Per questa ragione, lo stesso presidente si è recato martedì personalmente al Campidoglio, dove ha incontrato i membri del suo partito nel tentativo di convincerli a sostenere la nuova legge senza troppe modifiche o emendamenti.


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