di Luca Mazzucato

Dopo molte fumate nere, sono ripresi nelle ultime settimane i colloqui tra Hamas e Fatah per la formazione del nuovo governo dell'Autorità Nazionale Palestinese, mentre i dipendenti pubblici palestinesi, appartenenti a Fatah, scioperano da mesi contro il governo Hamas. Abbiamo un parere sul nuovo accordo tra Hamas e Fatah e un'analisi della situazione a Roger Heacock, professore di Relazioni Internazionali all'Università di Birzeit, Ramallah, Heacock, afferma che la strategia di paralizzare la West Bank e Gaza con scioperi e manifestazioni, attuata da Fatah, fa parte di un tentativo di colpo di stato, che la leadership di Abu Mazen ha cercato invano di perseguire, sull'esempio delle giunte militari sudamericane. Il golpe tuttavia non è riuscito perché la società civile è compatta e vuole l'unità nazionale contro l'Occupazione.

di Cinzia Frassi

La questione energetica è indubbiamente uno degli elementi sui quali si basano le strategie che vedono confrontarsi a livello internazionale le principali potenze mondiali. Stati Uniti, Russia, Europa, asse asiatico e mediorientale con l’aggiunta del gruppo dei paesi sudamericani, sono impegnati nell’incrementare o consolidare la cooperazione con paesi più o meno già schierati. Queste strategie operano nel settore nucleare anche quale strumento per incidere sugli assetti geopolitici internazionali, in un intrecciarsi e sovrapporsi di intenti e finalità.

di Carlo Benedetti

Gli americani, un tempo dall’altra parte della barricata, scendono ad Hanoi, stabiliscono un contatto con la dirigenza del paese “nemico” e firmano un protocollo che apre alla Russia la strada per l'ingresso nel Wto. I russi arrivano nella capitale vietnamita: incassano un buon risultato sulla via del rafforzamento economico a livello internazionale e rilanciano, nello stesso tempo, contatti ed accordi con un paese come la Cina. I vietnamiti, padroni di casa e già membri del Wto, approfittano della grande occasione (il Vertice dell'Apec, Asia-Pacific Economic Cooperation, con i leader dei 21 Paesi membri) e ottengono la liberalizzazione degli scambi mondiali. E nello stesso tempo un’investitura di grande valore perché Hanoi è elevata al rango di capitale di una diplomazia destinata a disegnare nuovi confini alla geopolitica. Questo, in sintesi, il risultato ottenuto in un Vietnam dove tutti - a livello di diplomazia ed economia - hanno registrato le loro vittorie.

di Agnese Licata

“Non possiamo aspettare i cinque anni necessari per rinegoziare Kyoto. Semplicemente non abbiamo tempo”. Non è bastato neanche il monito di Nicholas Stern e del suo rapporto sull’impatto economico dell’effetto serra per convincere i seimila partecipanti alla Conferenza sul clima dell’urgenza di ridurre in modo drastico l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Non è bastato che un economista – non certo un ambientalista – profilasse il pericolo di una crisi economica della portata di quella del 1929 nel caso in cui i governi di tutto il mondo non s’impegnino fin da subito a investire almeno l’1 per cento del proprio Pil in energie rinnovabili, efficienza tecnologica e risparmio energetico. Gran parte degli oltre 180 Paesi riuniti a Nairobi per il summit delle Nazioni Unite ha, ancora una volta, preferito posticipare decisioni e impegni al 2008. E mentre, giorno dopo giorno, si susseguono rapporti allarmanti sui danni che l’uomo sta causando al pianeta (non ultimo il Living Planet Report del Wwf sullo sfruttamento delle risorse terrestri), si preferisce perdere un altro anno, rinviare tutto al dicembre 2007 (quando si tornerà a discutere a Bali) piuttosto che lavorare fin da subito a un accordo che modifichi ed estenda temporalmente il Protocollo di Kyoto.

di mazzetta

Lo scandalo SWIFT è sicuramente la notizia più censurata dell’anno. Lo scandalo scoppia questa estate quando il New York Times pubblica un’inchiesta nella quale denuncia che, nelle more della "War on Terror", il governo americano acquisisce ormai da anni la totalità dei dati del consorzio interbancario SWIFT, senza che il Congresso americano ne sia stato informato. Preoccupato per la privacy dei dati bancari dei cittadini statunitensi, il New York Times ha dato poco peso al fatto che per il circuito SWIFT transitino quasi tutte le transazioni interbancarie mondiali e che, quindi, il programma americano di sorveglianza aveva fatto stracci del segreto bancario non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e nel resto del mondo.


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