di Giovanna Pavani

Sono capitoli di storia che si sarebbero dovuti chiudere, a livello giudiziario, molti anni fa e invece sono rimasti appesi. E, come tutte le cose che non si sono volute superare, ad un certo punto riemergono e si intrecciano con altre vicende, lontane anni luce nel tempo e nello scenario sociale che le vide maturare, rendendo tutta la storia recente di questo Paese una melassa in cui è difficile districarsi per chi quelle storie le ha vissute, figurarsi per le giovani generazioni. La recente, nuova richiesta di sospensione della pena per Adriano Sofri e le conseguenti voci sulla possibilità che finalmente gli venga concessa la grazia, ha riaperto anche un altro capitolo, quello di quei giovanotti aitanti della Valle Aurina che quarant’anni fa terrorizzarono l'Alto Adige: gli Schutzen. Condannati il 9 luglio 1971 dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna all’ergastolo, non hanno mai scontato un solo minuto di carcere: tutti riparati all’estero, senza nemmeno aspettare il verdetto di primo grado. Tecnicamente sempre latitanti, attendono la grazia gli austriaci Siegfried Steger, classe 1939, e Sepp Forer, più giovane di un anno, con l’italiano Heinrich Oberleiter, 65enne. Gente “seria”, che non si è mai imbrattata le mani con le invenzioni farsesche della Padania, ma che da sempre chiama orgogliosamente Patria quel fazzoletto di terra che è il solo Tirolo e le sue folkloristiche tradizioni.

di Mazzetta

L’addio ai DS di un parlamentare poco conosciuto al grande pubblico ha provocato, negli ultimi giorni, un mezzo terremoto. L’ormai famoso Nicola Rossi ha mollato Fassino, D’Alema e Veltroni perché secondo lui il partito non è più riformista. La parola, di per sé, non significa molto. O meglio: è sempre stato chiarissimo che ciascuno di quelli che si riconoscono nel movimento che si identifica con il riformismo, ha una sua personale idea sulla questione. Tutti questi , tuttavia, fino a venti anni fa sarebbero stati considerati di destra. Rossi era un componente della squadra di D’Alema, epicentro creatore del mantra riformista, che ha significativamente influenzato, insieme ad altri, le decisioni dal dopo-PCI, cominciando da appena oltre Occhetto. Quest'ultimo incarnava ancora la vecchia scuola politica italiana e fu fatto passare per un mezzo estremista non appena pronunciava certe verità, spesso date fino al giorno prima per sacre, ma ormai destinate ad essere travolte del riformismo rampante. Fu questo pool di intelligenze che accettò il simpatico scambio tra la Bicamerale (oggetto non meno oscuro del riformismo ed esperienza fallimentare che si sapeva tale fin da prima) e la libera strapotenza televisiva di Berlusconi.

di Lorenzo Zamponi

Sul fronte universitario l’autunno appena concluso è stato il più tranquillo degli ultimi anni. Praticamente nessuna delle mobilitazioni verificatesi lo scorso anno, quando decine di atenei italiani furono occupate in protesta contro il ddl Moratti, si è ripetuta. Ma sottotraccia c’è chi prepara una primavera di conflitto aperto e, a scatenarlo, potrebbe essere proprio il governo. Del resto le questioni aperte sono le stesse ormai da almeno una decina d’anni, e niente fa pensare che il cambio di esecutivo abbia sconvolto il terreno dello scontro. Da una parte ci sono le grandi tendenze di ristrutturazione dell’istruzione e della formazione, figlie e figliastre del processo di Bologna aperto nel 1999 dall’Ue: il cosidetto nuovo ordinamento, o 3+2, le sue degenerazioni più o meno volute, la riforma a “Y” predisposta dalla Moratti, i diversi documenti dell’associazione Treelle, di Confindustria e di altre lobby più o meno trasparenti.

di Bianca Cerri

Finalmente un anno che si apre con una buona notizia: il Governo italiano si è formalmente impegnato ad avviare la procedura per la moratoria universale della pena di morte, il più deleterio ed inutile tra gli strumenti di giustizia. Viene però da chiedersi come mai ci sia voluta l’esecuzione di Saddam Hussein per indurre il governo italiano e buona parte dell’opinione pubblica mondiale a prendere una posizione tanto netta contro la pena capitale, dal momento che le esecuzioni, soprattutto negli Stati Uniti - da dove è partito l’ordine di giustiziare l’ex-rais - sono ormai una cosa talmente comune da non meritare neppure un trafiletto sul giornale. Il comunicato di Palazzo Chigi lascia sperare che molto presto le ignobili visioni di esseri umani che agonizzano appesi ad una corda o rantolano sul lettino dell’iniezione letale apparterranno alla storia.

di Sara Nicoli

Di tutte le reazioni, più o meno indignate e scomposte, che si sono levate dal centro destra all’annuncio della morte di Piergiorgio Welby, una in particolare ha destato sincero raccapriccio. Non solo per il tono da novello difensore del Santo Graal con cui è stata sottolineata, quanto per lo sconcertante contenuto, segno inequivocabile di mancanza di spiritualità personale, nonché di profonda inadeguatezza politica. A pronunciarla è stato Luca Volontè, capogruppo alla Camera di un partito che si chiama “Unione dei democratici cristiani”. Nel silenzio composto degli altri deputati, ancora commossi per la morte di Welby, Volontè se n’è uscito gridando a denti stretti: “Arrestate i colpevoli di questo omicidio!” Di più. “Che la magistratura indaghi e metta in galera questi ideologi dell’eutanasia degni eredi dei regimi totalitari del XX secolo che propongono di sopprimere una vita a loro dire indegna di essere vissuta!”


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