di Lorenzo Zamponi

“È la politica di Vicenza che ha preso la parola”, ha commentato il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero. «Oggi a Vicenza nessuno parla nel nostro dialetto: c'è gente in giro che parla solo nel peggiore romanesco”. è stata invece la sapida valutazione del presidente della Regione Giancarlo Galan. Probabilmente sta in queste due dichiarazioni, più che in quelle di Prodi (“Il governo ha detto e continuerà a dire i suoi sì e suoi no in coerenza con le linee generali di politica interna ed estera”) il vero dato politico della manifestazione di sabato. Ammettere infatti che 200 000 persone (secondo le stima degli organizzatori e di SkyTg24) sono scese in piazza in una città come Vicenza, nella più grande manifestazione che il Veneto ricordi, non è facile per la classe politica locale.

di Giovanni Gnazzi

Dunque nessuno scontro, nessuna devastazione, nessuna rissa tra anime diverse. La manifestazione di Vicenza si è rivelata quello che molti auspicavano: una splendida manifestazione di popolo. Un popolo che ha scelto di scendere in piazza numeroso e rumoroso, indisponibile a restare a casa, nella quale minacce e allarmi ingiustificati cercavano di ricacciarli. Consapevole dell’impossibilità di rinunciare a dire, forte e chiaro, che la base Dal Molin non va raddoppiata. Semmai smantellata. A poche ore dallo svolgimento del corteo appaiono, in tutta la loro inutilità, le parole di Amato. Il Ministro dell’Interno, avviluppato alla consueta cascata di parole cui piace dar mostra, aveva insinuato collegamenti indiretti, possibili link e ipotizzabili complicità tra la protesta contro un provvedimento sbagliato e la follia armatista.

di Sara Nicoli

E' un'offensiva politica che non trova similitudini nella storia recente quella che la Chiesa sta mettendo in atto contro i Dico, il disegno di legge del governo firmato Bindi-Pollastrini, che ha l'intento di diventare una legge quadro sui diritti delle coppie di fatto, nonostante i vistosi maldipancia presenti anche all'interno della stessa compagnie governativa che l'ha proposta. Stavolta non è sceso in campo il solito Osservatore Romano a criticare il governo per le sue coraggiose scelte in un campo del sociale molto sentito nel Paese (secondo l'Istat in Italia ci sono 500 mila coppie di fatto interessate alla nuova legislazione). Prima ha preso la parola il cardinal Ruini annunciando una "nota ufficiale, una parola meditata, che sia impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti". Poco dopo è stato il Papa, in prima persona, a intervenire.

di Elena G. Polidori

Minacce. Vere, reali. Tanto forti e decise da far sembrare tutte le pressioni esercitate in precedenza dal Vaticano sulle scelte etiche del governo italiano solo esercizi dialettici e prese di posizione puramente simboliche. Il quotidiano della Cei, L'Avvenire, alla vigilia di un dibattito politico forse risolutivo sulla questione dei Pacs e incentrato sulle aperture contenute nel ddl Bindi-Pollastrini, ha gettato alle ortiche ogni residuale prudenza e ha posto un veto assoluto al varo della legge. Parole dure, nette, dal sapore dell'avvertimento pesante e in odore di ricatto. Se, in buona sostanza, il governo decidesse di scegliere una formula più aperta di un'altra, nella definizione delle coppie di fatto, questo non potrà che rappresentare uno spartiacque “che inevitabilmente – si legge nel fondo firmato dal direttore della testata, Dino Boffo – peserà sul futuro della politica italiana”. E, quasi a voler ritrovare le antiche radici di un potere di interdizione a cui la Chiesa non ha mai rinunciato e che oggi supera ogni limite di decenza, il quotidiano dei vescovi ha rispolverato una frase latina con cui Pio IX respinse con risolutezza ogni possibile mediazione con lo Stato unitario dopo la breccia di Porta Pia: non possumus.

di Fabrizio Casari

Tattica d’aula a parte, non è stato un bello spettacolo il voto sull’Afghanistan al Senato che ha mandato in minoranza la maggioranza di governo. Le polemiche, furiose quanto ipocrite, che hanno fatto seguito al voto, hanno persino peggiorato il brutto spettacolo dei deputati del Polo che esultano. Serve a poco far presente che il peggio del peggio, cioè Calderoli (capacissimo nella tecnica parlamentare), sia stato più abile dei capigruppo dell’Unione; lo si dice giusto per tenere a mente che al peggio non c’è mai fine. Il Vicepremier Rutelli attacca Rifondazione che, con PdCI e Verdi è l’oggetto delle accuse, in qualche modo poste sia da Fassino che dagli stessi prodiani, mentre la capogruppo Finocchiaro, ricorda che “è l’Ulivo a farsi sempre carico di tutte le mediazioni necessarie”. S’imputa, in sostanza, alla cosiddetta “sinistra radicale”, una mancanza di coesione politica sulle scelte di fondo del Governo e della maggioranza che lo sostiene e si evidenzia come il possibile rischio di rottura della maggioranza sarebbe loro responsabilità. Ma è davvero così?


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