di Alessandro Iacuelli

La notizia è di quelle che non dovrebbero passare inosservate. Le parole del cardinale Raffaele Martino non danno luogo ad equivoci: "Come membro dell’Aiea, la Santa Sede aderisce ai programmi per l’uso pacifico dell’energia atomica". Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, continua affermando che "la deterrenza non può continuare all’infinito; si può accettare che scoraggi, ma se si continua questo non è più accettabile", senza citare però esplicitamente né il caso dell’Iran né quello della Corea del Nord. "Quando ero osservatore vaticano alle Nazioni Unite", ha ricordato il cardinale, "non ho fatto che sbraitare, raccomandando che le armi nucleari non dovevano essere portate nel nuovo millennio”. Rispondendo alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa di presentazione del Messaggio per la Giornata della Pace, Martino ha poi rilevato che "recentemete la Russia ha deciso di smantellare le testate nucleari insieme agli Stati Uniti, resta però l’energia che potrebbe essere usata o venduta per le centrali termiche". Secondo Martino, "la questione dell’energia alternativa deve preoccupare il mondo intero perché le fonti non sono eterne".

di Fabrizio Casari

I Pacs escono dalla Finanziaria. Il governo ha infatti ritirato l’emendamento che equiparava l’aliquota fiscale della successione anche alle unioni civili, cioè a tutte le convivenze diverse dal matrimonio. Era una norma giusta, pur se insufficiente. Niente da fare. L’emendamento è stato sostituito da un ordine del giorno del Governo che impegna la maggioranza a presentare, entro il 31 gennaio del 2007, una legge ad hoc. Non è certo una buona notizia, ma qualche ragione il Governo ce l’ha, dal momento che l’emendamento non sarebbe passato nella Commissione Bilancio, visto che la Margherita avrebbe votato contro insieme al centrodestra. Lo sbarramento dei dielle era del resto prevedibile: se nel voto di fiducia non sono possibili alleanze trasversali, lo sono invece in sede di Commissione. Dunque, se l’emendamento sui Pacs avesse superato l’esame della Commissione Bilancio, il partito di Rutelli avrebbe dovuto poi votarlo in sede di fiducia sulla Finanziaria, cosa che avrebbe mandato Ruini su tutte le furie. Prodi ha quindi scelto di ritirare l’emendamento per salvare la finanziaria dalle forche caudine dell’alleanza tra Margherita e centrodestra in Commissione.

di Sara Nicoli

C’è sempre un’inchiesta della magistratura che, alla fine, riesce a dipanare situazioni che la politica ha creato per convenienza, in dispregio delle regole e di cui non riesce più a venire a capo. Così, dopo più di un anno di polemiche e discussioni intorno all’impossibilità di rimuovere almeno uno dei consiglieri d’amministrazione della Rai in quota Polo, ecco che un’inchiesta della procura di Roma apre un varco sulla possibilità di ridare alla Rai un governo che faccia uscire l’azienda dal porto delle nebbie dei veti incrociati e dei ricatti in cui è caduta. Nell’ambito dell’inchiesta sui cosiddetti “stipendi d’oro” ai manager pubblici, la Procura di Roma ha riaperto il capitolo della discussa nomina di Alfredo Meocci a direttore generale della Rai - successivamente dichiarato incompatibile dall’ Agcom - e che è costata all’azienda una multa iperbolica di 14,8 milioni di euro, esattamente pari all’attivo di bilancio 2005 dichiarato dall’azienda. I cinque consiglieri d'amministrazione della Rai che votarono a favore della nomina a direttore generale di Alfredo Meocci, sono stati iscritti sul registro degli indagati. Per loro, ossia per Marco Staderini, Giovanna Bianchi Clerici, Angelo Petroni, Gennaro Malgeri e Giuliano Urbani, l’accusa è di abuso d’ufficio in base all’art. 323 del codice penale.

di Elena G. Polidori

Si riconta. Almeno al Senato. Non è mai successo, nella storia repubblicana, che un risultato elettorale sia stato rimesso in dubbio e sottoposto a nuovi controlli per accertarne l’effettiva validità. Eravamo convinti che neppure stavolta sarebbe accaduto, forti soprattutto della storia di questa Repubblica, nata nel ’48 dopo un risultato referendario - frutto, forse, come sostengono i nostalgici del re - di un broglio andato a buon fine. Si è sempre pensato, insomma, che la sacralità della proclamazione del vincitore scandita dalla Corte di Cassazione non fosse in alcun modo scalfibile, né dalle grida scomposte del leader sconfitto dell’opposizione né, tantomeno, dalla coraggiosa inchiesta di Enrico Deaglio che gli è costata addirittura un’incriminazione assai poco comprensibile: il sistema, è noto, salvaguarda sempre se stesso. Il Senato, stavolta, ha positivamente stupito. Un accordo bipartisan ha infatti consentito alla giunta per le elezioni di votare un provvedimento che consente il riconteggio delle schede bianche e nulle e - a campione - dei voti validi delle elezioni politiche dell'aprile 2006.

di Lorenzo Zamponi

Capita anche questo, nello strano mondo dell’informazione italiana. Capita che 10.000 persone riunite in un palasport a Palermo dall’Udc per una manifestazione «Integrazione e legalità nell'Europa cristiana» valgano pagina 5 di Repubblica, mentre 30.000 in piazza a Vicenza contro la nuova base militare americana siano relegate a pagina 24, dopo l’imprescindibile presa di posizione di Bertinotti sulla crisi dell’Alitalia e l’ennesimo filmato su Youtube del professore che picchia un alunno. Ci sarebbe voluto ben altro che un corteo riuscito, pacifico e determinato contro l’imposizione di una pesantissima servitù militare, per scompaginare i titoli già previsti da settimane su Berlusconi Day, Fini successore, Casini traditore. Ci sarebbero voluti scontri violenti, ad esempio, paventati nei giorni scorsi dall’amministrazione comunale di centrodestra e dai due principali quotidiani locali, Il Gazzettino e Il Giornale di Vicenza, entrambi schierati su posizioni conservatrici.


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