di Elena G. Polidori

La Cassazione dice che è permesso picchiare le moglie se cerca di educare i figli al rispetto di una religione diversa da quella del padre. Benedetto XVI chiede la castità come unica misura anti-Aids per debellare la peste del secolo dall’Africa. E nell’ombelico del mondo, che è sempre Roma, i teodem sferrano l’ennesimo, vigoroso, attacco ai pacs, si fanno scudo del referendum sulla legge 40 per ribadire che non si tocca e applaudono festanti al Tribunale di Roma che ha chiuso la porta alla possibilità di Piergiorgio Welby di morire con dignità. Così non si parlerà più, almeno per un po’, di eutanasia. Episodi apparentemente scollati tra di loro, ma che pur senza essere sottili e scafati politologi, si possono leggere come avvisaglie di un clima che sta cambiando in peggio, nel segno della lotta al relativismo e al progresso della società e delle sue conquiste civili. E’ un pensiero unico senza spessore quello che avanza, buono per raccattare voti e consensi nel popolo impaurito dalla modernità e dall’autodeterminazione degli uomini liberi. E capace di rastrellare voti e consensi in chi si sente ancora orfano dei partiti confessionali e non si é mai fatto una ragione di un bipolarismo politico che li ha costretti a scegliere se stare a destra o a sinistra; per comodità e ignavia non avrebbero mai voluto fare un passo oltre il centro. E adesso cominciano a rivedere la luce.

di Elena G. Polidori

La notizia, al primo impatto, sembrava quella di una Giunta per le autorizzazioni della Camera che, con qualche giorno di ritardo rispetto al Senato, aveva deciso di ricontare le schede delle elezioni politiche 2006. Poi, dopo qualche ora, la notizia è diventata un’altra, quella di un Silvio Berlusconi sempre più convinto di aver subìto il furto della vittoria e ora addirittura deciso, in caso di dimostrati brogli, a rimescolare le carte per le più alte cariche dello Stato, dalle presidenze delle camere fino al Quirinale. L’assioma di partenza è semplice: dopo aver delegittimato, con un martellante gioco mediatico, la maggioranza del Parlamento uscita dalle urne l’11 aprile del 2006, adesso si punta a minare le fondamenta delle Istituzioni nominate proprio da questo parlamento “palesemente illegittimo”. Berlusconi, interrogato sull’argomento, ha ostentato saggezza e inusitato senso dello Stato commentando sornione che “se dovesse cambiare qualcosa dopo la riconta, si dovrà prendere una decisione che non sarà soltanto mia”. Prodi, però, non sembra avere alcuna intenzione di scendere sul terreno dello scontro. E da Bruxelles risponde stizzito alle elucubrazioni dell'avversario: "Berlusconi sbaglia sempre le previsioni; hanno deciso di ricontare?Lasciamoli fare". Nella Cdl, però, si scalpita.

di Alessandro Iacuelli

La notizia è di quelle che non dovrebbero passare inosservate. Le parole del cardinale Raffaele Martino non danno luogo ad equivoci: "Come membro dell’Aiea, la Santa Sede aderisce ai programmi per l’uso pacifico dell’energia atomica". Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, continua affermando che "la deterrenza non può continuare all’infinito; si può accettare che scoraggi, ma se si continua questo non è più accettabile", senza citare però esplicitamente né il caso dell’Iran né quello della Corea del Nord. "Quando ero osservatore vaticano alle Nazioni Unite", ha ricordato il cardinale, "non ho fatto che sbraitare, raccomandando che le armi nucleari non dovevano essere portate nel nuovo millennio”. Rispondendo alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa di presentazione del Messaggio per la Giornata della Pace, Martino ha poi rilevato che "recentemete la Russia ha deciso di smantellare le testate nucleari insieme agli Stati Uniti, resta però l’energia che potrebbe essere usata o venduta per le centrali termiche". Secondo Martino, "la questione dell’energia alternativa deve preoccupare il mondo intero perché le fonti non sono eterne".

di Fabrizio Casari

I Pacs escono dalla Finanziaria. Il governo ha infatti ritirato l’emendamento che equiparava l’aliquota fiscale della successione anche alle unioni civili, cioè a tutte le convivenze diverse dal matrimonio. Era una norma giusta, pur se insufficiente. Niente da fare. L’emendamento è stato sostituito da un ordine del giorno del Governo che impegna la maggioranza a presentare, entro il 31 gennaio del 2007, una legge ad hoc. Non è certo una buona notizia, ma qualche ragione il Governo ce l’ha, dal momento che l’emendamento non sarebbe passato nella Commissione Bilancio, visto che la Margherita avrebbe votato contro insieme al centrodestra. Lo sbarramento dei dielle era del resto prevedibile: se nel voto di fiducia non sono possibili alleanze trasversali, lo sono invece in sede di Commissione. Dunque, se l’emendamento sui Pacs avesse superato l’esame della Commissione Bilancio, il partito di Rutelli avrebbe dovuto poi votarlo in sede di fiducia sulla Finanziaria, cosa che avrebbe mandato Ruini su tutte le furie. Prodi ha quindi scelto di ritirare l’emendamento per salvare la finanziaria dalle forche caudine dell’alleanza tra Margherita e centrodestra in Commissione.

di Sara Nicoli

C’è sempre un’inchiesta della magistratura che, alla fine, riesce a dipanare situazioni che la politica ha creato per convenienza, in dispregio delle regole e di cui non riesce più a venire a capo. Così, dopo più di un anno di polemiche e discussioni intorno all’impossibilità di rimuovere almeno uno dei consiglieri d’amministrazione della Rai in quota Polo, ecco che un’inchiesta della procura di Roma apre un varco sulla possibilità di ridare alla Rai un governo che faccia uscire l’azienda dal porto delle nebbie dei veti incrociati e dei ricatti in cui è caduta. Nell’ambito dell’inchiesta sui cosiddetti “stipendi d’oro” ai manager pubblici, la Procura di Roma ha riaperto il capitolo della discussa nomina di Alfredo Meocci a direttore generale della Rai - successivamente dichiarato incompatibile dall’ Agcom - e che è costata all’azienda una multa iperbolica di 14,8 milioni di euro, esattamente pari all’attivo di bilancio 2005 dichiarato dall’azienda. I cinque consiglieri d'amministrazione della Rai che votarono a favore della nomina a direttore generale di Alfredo Meocci, sono stati iscritti sul registro degli indagati. Per loro, ossia per Marco Staderini, Giovanna Bianchi Clerici, Angelo Petroni, Gennaro Malgeri e Giuliano Urbani, l’accusa è di abuso d’ufficio in base all’art. 323 del codice penale.


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