di Domenico Melidoro

Lunedì otto maggio alle ore 16,00 ci sarà la prima votazione per l'elezione del Presidente della Repubblica. Il quorum richiesto è di 674 voti, ma difficilmente qualcuno riuscirà a spuntarla già dopo il primo scrutinio. Infatti, dopo aver accantonato l'ipotesi della riconferma al Quirinale di Carlo Azeglio Ciampi (l'unico nome sul quale si poteva registrare il consenso pressoché unanime di maggioranza e opposizione) e dopo il fallimento dei tentativi di intesa su un candidato gradito da entrambi gli schieramenti, non si dispone di alcun nome capace di raccogliere il numero di consensi sufficiente per eleggere il Capo dello Stato alla prima votazione.

di Domenico Melidoro

Nei giorni passati molti osservatori ritenevano, e spesso auspicavano, che l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente della Repubblica potesse essere la prima occasione per saggiare la possibilità di quelle larghe intese tra l'Unione e la Casa delle libertà, che sarebbero necessarie a superare la situazione di stallo determinata da un risultato elettorale che non garantisce una solida maggioranza alla coalizione guidata da Romano Prodi. Eppure, le vicende che hanno preceduto e seguito le elezioni di Franco Marini e di Fausto Bertinotti, rispettivamente alla seconda e alla terza carica dello Stato, hanno reso evidente che al momento non c'è nessun margine di intesa tra i due schieramenti. Nelle prossime settimane si procederà all'elezione del successore di Carlo Azeglio Ciampi e l'ipotesi di un Ciampi-bis pare essere l'unica capace di raccogliere un consenso più o meno unanime.

di mazzetta

Il primo maggio è la festa dei lavoratori e quest'anno sarà una giornata intonata su registri diversi dagli anni precedenti. In tutto il mondo lo sfondamento delle difese dei lavoratori, conseguito dalla pressione degli ultraliberisti, ha portato all'aumento della miseria e dello sfruttamento delle classi subalterne, istituendo una gara nella quale i poveri sono messi in competizione con i poveri, un meccanismo che sta letteralmente demolendo le classi medie in tutto l'Occidente, impoverito anche dalle delocalizzazioni di produzioni e servizi. Nella parte di mondo che si sta sviluppando i problemi non sono minori, visto che l'aumento del benessere materiale non ha portato alcun miglioramento sociale, ma solo sfruttamento umano e ambientale.

di Sara Nicoli

L'altro sindacalista l'hanno eletto al Senato un paio d'ore dopo, ma il leader comunista è stato il primo a rivendicare, con una frase semplice ma di grande forza, le radici della propria storia politica e personale, le stesse che dovrebbero appartenere all'intera Nazione. "Dedico l'elezione alla presidenza della Camera alle operaie e agli operai". Fausto Bertinotti, 65 anni, milanese di Sesto San Giovanni, la Stalingrado d'Italia, comunista chic amico degli ultimi e dei combattenti, comunista alla ricerca di Dio, ma soprattutto della conoscenza degli uomini, nel giorno della sua elezione a Presidente della Camera ha voluto subito sgombrare il campo da equivoco antico, da quell'interpretazione del ruolo di terza carica dello Stato come di un arbitro a cui è richiesto di riporre la propria passione politica in un cassetto. "Sono un uomo di parte - ha detto con la voce ferma ma con mano tremante _ che perciò non teme il conflitto, ma vorrei che nel nostro futuro politico fosse bandito il rischio di lasciar scivolare la politica nella coppia amico-nemico. A partire dalla nostra assemblea dobbiamo dimostrare di saper parlare il linguaggio della convivenza come valorizzazione delle differenze, di tutte le differenze".

di Marco Dugini

"Guardando ai fatti, sono stato eletto dalla maggioranza politica che ha vinto le elezioni, ma sarò il presidente di tutto il Senato, con grande attenzione e rispetto per le prerogative della maggioranza e dell'opposizione nel rispetto della democrazia popolare."
Alla terza votazione Franco Marini, proveniente dal partito della Margherita e candidato per il centro-sinistra alla Presidenza del Senato, è passato con 165 voti, contro i 156 di Giulio Andreotti.
Una vittoria lusinghiera, se si considera il risicato vantaggio che ha al Senato la coalizione che lo ha espresso, vale a dire due soli senatori in più, rispetto al centro-destra.
Dato che le forze dell'Unione ammontano ad un totale di 162 senatori, l'ex-sindacalista della Cisl ha evidentemente guadagnato tre voti in più alla sua causa, in quest'ultima e definitiva votazione, e su questo si potrebbero anche fare delle parziali congetture (Cossiga, Tabacci, e Follini?).


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