di Fabrizio Casari

Deviati, oggetto e soggetto di operazioni ad altri scopi destinate, strumento di pressioni e depistaggi ad arte perpetrati. E' una parte della storia dei nostri Servizi: segreti quanto basta, al servizio però non si sa bene di chi.
Le intercettazioni, i verbali, le ipotesi di cui si scrive e si parla, con annesse ipotesi di alleanze o inimicizie appassiona poco. Alla fine, quella della inaffidabilità dei Servizi segreti italiani, è una storia che va di pari passo con la vicenda politica italiana ed internazionale dal dopoguerra ad oggi. Inaffidabilità politica, forse, non certo mancanza di efficienza, virtù della quale, anzi, abbondano. La politica vera, non cioè la sua rappresentazione scenografica quanto apparente, bensì quella che agisce nelle pieghe degli interessi forti, dominata dai poteri forti, dei servizi si è sempre servita e da loro è stata, cortesemente, ricambiata.
Il loro compito istituzionale, non v'è dubbio, risiede nella difesa della sicurezza del paese; sicurezza che va ricercata attraverso il lavoro d'intelligence operativa tanto dentro quanto fuori dai confini nazionali. Che cosa dunque permette, anzi favorisce, il loro uso distorto?

di Sara Nicoli

Ci eravamo chiesti dove fossero andati a finire, senza tuttavia rimpiangerne l'assenza. Li avevamo lasciati sotto le scrivanie e dagli antri bui della Farnesina, svergognati nell'intimità telefonica e politica da qualche scalmanata in cerca di successo. Li abbiamo ritrovati nell'applauso della piazza. E' stato improvviso, ma non inatteso. Rieccoli. Sono saliti sui furgoni, con un'agilità antica. Hanno strappato di mano ai tassinari in rivolta l'antico megafono e fomentato la folla delle macchine bianche al grido di "Noi vi salveremo", salutati da un coro di "Duce, Duce!" che gli ha ristorato il cuore e li ha fatti sentire vivi.

di Domenico Melidoro

Il processo costitutivo del cosiddetto Partito Democratico, risultante dall'eventuale fusione dei DS e della Margherita con l'aggiunta di associazioni, movimenti e singoli provenienti da quella che si suole chiamare società civile, nelle ultime settimane è stato oggetto di critiche e dubbi provenienti da ambienti politici differenti. Sembrava che il successo ottenuto da Prodi alle primarie nell'Ottobre del 2005 e il risultato di Uniti nell'Ulivo alle Europee del 2004, ma soprattutto quello ottenuto alla Camera nell'Aprile del 2006, dove i DS e la Margherita si sono presentati sotto il simbolo comune dell'Ulivo ottenendo una percentuale superiore a quella ottenuta dai due partiti al Senato (dove ognuno ha corso per conto suo), dovessero spianare la strada per la costituzione di quello che Prodi e i prodiani ritengono il necessario strumento per la modernizzazione del quadro politico; un esito obbligato del percorso comune intrapreso nell'ultimo decennio dai due più grandi partiti del Centro-Sinistra.

di Giovanna Pavani

E' successo a tutti di recedere davanti ad un sopruso, un'angheria, una violazione di un diritto, perché mettersi da soli a fare causa contro qualcuno di più grosso e organizzato di noi non fa raggiungere mai i risultati sperati e, a parte l'orgoglio e la dignità negata, si finisce di solito con un pugno di mosche in mano: pochi i soldi di risarcimento quando si vince e la certezza che il comportamento di chi ha sbagliato, dopo qualche tempo continuerà ad essere il medesimo di prima. Quando si è da soli si è una goccia nel mare, si conta poco davanti alla legge, figurarsi davanti ad una grande industria o ad una lobby di cartello delle assicurazioni, o a un'azienda di telecomunicazioni che ci ha messo in bolletta servizi mai richiesti ma indubbiamente salati. E il pensiero non può fare a meno di tornare allo scandalo della Parmalat e a tutti quegli azionisti che si sono ritrovati, da un giorno all'altro, con i risparmi in fumo, senza poter far nulla per aggregarsi e ottenere un adeguato rimborso del danno economico subito. Adesso, però, si volta pagina.

di Sara Nicoli

Un colpo alle lobby. Di quelli duri, un fendente vibrato con grande determinazione da governo contro le rendite di posizione. E' una politica di sinistra, a favore del consumatore. Se lo avesse fatto il centrodestra il giorno numero uno del suo insediamento, forse ci sarebbe ancora Berlusconi a Palazzo Chigi. Per fortuna non l'ha fatto.
Di tutte le lobby colpite, dodici in totale, quella che - in apparenza - è l'anello più debole della catena sembra essere quella dei tassisti; lavoratori con una rendita di posizione molto meno remunerativa delle altre, tipo quella dei notai o dei commercialisti o degli avvocati. Ma è solo un'impressione. Da sempre quella dei tassisti è una categoria che gode di un mercato chiuso, gestito da cooperative che hanno sempre fatto il bello e il cattivo tempo, sia sul costo delle licenze che sul numero delle auto ammesse alla circolazione all'interno del perimetro dei comuni. E che ha imposto un cartello di costi che non sarebbe giustificabile neppure nel Principato di Monaco, dove un caffé può anche costare il corrispettivo dei nostri cinque euro, ma lì se lo possono senz'altro permettere.


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