di Maura Cossutta

Manca soltanto poco più di una settimana all'appuntamento del voto referendario del 25 giugno. E' un voto decisivo, per certi aspetti forse più importante di quello che è stato il voto delle elezioni politiche, ma la percezione di questa straordinarietà ancora non c'è. Si avverte invece una pericolosa indifferenza, distanza, non consapevolezza, quasi che questo voto poco o nulla abbia a che fare con i problemi concreti delle persone e persino con le questioni più strettamente politiche. Anche a sinistra sembra che aver cacciato Berlusconi sia la sola, vera cosa che conta; per il resto le discussioni sulla legge costituzionale non importano un granché, troppo complicate. E poi, non serve neanche il quorum, non ci si deve quindi sentire preoccupati e impegnati più di tanto: se si deve partire per il mare, non sarà poi davvero un problema…
La situazione è difficile, per nulla scontata. Ma, allora, cosa stiamo facendo per vincere quella che è per davvero la madre di tutte le battaglie? Quali messaggi abbiamo deciso di dare per scuotere e mobilitare le coscienze, far uscire il dibattito dalla tecnicalità degli "addetti ai lavori"? I Comitati per la difesa della costituzione, sì, sono mobilitati da tempo; presenze autorevolissime, messaggi chiari e netti, di allarme democratico, di impegno civile contro quella che è non una riforma, ma una controriforma della costituzione. Ma i partiti? I sindacati?

di Sara Nicoli

Paola Binetti Alla fine la dichiarazione di guerra a Fabio Mussi e alla sua posizione "iper laicista" dello Stato, Paola Binetti, medico e senatore cattolico della Margherita, presidente del comitato "Scienza e vita", l'ha rimessa nel cassetto. Ma è solo una tregua. Perché tanto è convinta che la sua battaglia per stoppare la revisione della legge 40, per fare coriandoli di qualsiasi proposta sui Pacs e, soprattutto, per riaprire il dibattito sulla 194, è arrivata ormai ad un punto di non ritorno.
"Nulla sarà più come prima", ha infatti dichiarato l'altro ieri, baldanzosa, dopo che solo un intervento diretto di Rutelli, la mediazione felpata di Anna Finocchiaro e il fermo richiamo di Rosy Bindi a non spezzare il fronte dell'Unione sui temi caldi della bioetica, l'hanno convinta che i metodi da pasionaria del Cardinal Ruini potevano rivelarsi controproducenti. Non solo sul quadro politico generale, ma anche per la creazione di quella "lobby cattolica" all'interno della coalizione capace di stoppare sul nascere qualsiasi revisione "zapaterista", come la chiama lei, delle leggi che regolano il progresso della ricerca scientifica sul fronte delle staminali embrionali.
E non solo di questo. E il centrodestra applaude.

di Sara Nicoli

Massimo D'Alema ha detto una cosa scandalosamente di sinistra: il vero nemico sono i privilegiati, la classe agiata del Paese, quella che da sempre pensa al bene proprio e mai a quello comune. I padroni, insomma. E siccome non è un tipo abile nella moral suasion, che invece piace tanto a Prodi e agli ex democristiani, da uomo di solide radici comuniste ha pensato bene di andare a casa degli stessi padroni, di quelli giovani, che ben rappresentano il futuro della classe dirigente del paese, e di sbattergli in faccia la cruda realtà: il problema siete voi. E se volete che l'Italia esca dalla crisi economica è meglio che cominciate a far girare le combinazioni dei vostri forzieri: chi ha più soldi, stavolta, metta mano al portafoglio. Nel mirino ci sono le rendite, non i 250 mila euro erroneamente dichiarati da Bertinotti come cifra di riferimento in campagna elettorale. Sono i ricchi veri l'obiettivo, quelli come Berlusconi ma anche un po' meno ricchi di lui, quelli che lo stesso ex premier si sentì legittimato ad assolvere con formula piena, in caso di reiterata evasione fiscale, perché "se le tasse sono ingiuste è giusto non pagarle". Il compagno D'Alema pare deciso a fare il contrario.

di Cinzia Frassi

I tratti salienti della riforma Costituzionale voluta dal centro destra riguardano principalmente la famosa devolution, la trasformazione del Senato in Senato Federale, il Primo ministro e la demolizione della forma di governo parlamentare.
Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, nel disegno di questa riforma, il Primo ministro viene ad assumere un ruolo centrale, assolutamente predominante nella vita istituzionale, oscurando i poteri tipici degli altri organi costituzionali, sbilanciando pericolosamente quel meccanismo di pesi e contrappesi che sta alla base di un funzionamento democratico delle istituzioni e che le rende impermeabili anche ad attacchi dall'interno, storicamente pericolosi. Consideriamo in primo luogo che il Primo ministro verrebbe eletto direttamente dai cittadini ed è collegato ad una lista di candidati o ad una coalizione. L'art. 92 della Costituzione, nella sua nuova stesura, comporta che "la legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una maggioranza collegata al candidato alla carica di Primo ministro". In sostanza si tratta di un premio di maggioranza che va a rafforzare quel cordone ombelicale che lega il primo ministro e la maggioranza a lui collegata alla Camera. Un legame ulteriormente consolidato dalle previsioni del nuovo art. 94, che, insieme ad altre disposizioni, costruisce la sostanziale "inamovibilità" del Premier e spoglia il Parlamento del suo ruolo centrale, politico e di controllo.

di Domenico Melidoro

Che la vita dei Ministri del Governo Prodi non sarebbe stata priva di ostacoli era un pronostico fin troppo facile. I primi a essere investiti dalle polemiche sono stati quei ministri che, più o meno avventatamente, si sono espressi a favore di provvedimenti che tutelino le coppie di fatto (la diellina Rosy Bindi, ministro della famiglia) oppure che hanno promesso di avviare la sperimentazione controllata della pillola abortiva RU 486 (la diessina Livia Turco, ministro della Sanità). Ora è il turno di Fabio Mussi, esponente della Sinistra DS e ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica, che ha ritirato l'adesione del nostro Paese alla pregiudiziale etica con la quale il precedente governo (nel Novembre del 2005) aveva espresso in sede comunitaria parere contrario alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Figuriamoci cosa sarebbe successo se da noi qualcuno avesse proposto un provvedimento simile a quello con cui il Parlamento della Danimarca ha dato il via libera all'inseminazione gratuita nelle strutture sanitarie pubbliche per donne single o per coppie di lesbiche.


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