di Liliana Adamo

In "The Revenge of Gaia", l'ultimo libro dello scienziato inglese, James Lovelock, c'è un vademecum che potrà tornare utile ai superstiti dei cambiamenti climatici, quei pochi che rimarranno immuni al crollo definitivo dell'umana civiltà. Per restituirlo in modo plausibile ed efficace, lo scritto non è in forma elettronica bensì in cartaceo con inchiostro durevole. In esso sono contenute le più ardue cognizioni scientifiche accumulate in migliaia d'anni, ad esempio nozioni di fisica come la posizione della Terra nel sistema solare; biologiche come l'enumerazione delle forme più cruente, microbiche e virali, che causano malattie epidemiche. Insomma, il retaggio del nostro vissuto (per il quale abbiamo lottato e sofferto) e le tracce di un mondo che conoscevamo, un mondo che abbiamo amato ed annientato, riassunto in poche righe per rinnovare l'umana specie.

di Liliana Adamo

"La terra è stato un pianeta servizievole. Nei 200 anni trascorsi, ha assorbito più della metà di tutte le emissioni artificiali d'anidride carbonica attraverso il carbonio naturale "e lo ha affondato", principalmente nell'oceano ma anche sulla terra. Il resto delle emissioni nocive è stato lasciato nell'aria ad aggravare l'effetto serra, così da amplificare le temperature medie globali. Ma se qualcosa dovesse interferire con questo processo del carbonio utile "affondato e in un certo qual modo riadattato al ciclo naturale"? Possiamo per sempre contare su un andamento naturale per rendere questi elementi dispersori, o possono trasformarsi in fonti pericolose di carbonio atmosferico?". Ancora una volta, The Independent, è tra le rare voci che si levano contro l'inerzia; applicando una definizione meramente scientifica l'anno appena trascorso lo ripenseremmo biologicamente come l'anno in cui inizia il disgelo, la disgregazione di ghiacciai millenari e d'intere aree artiche con la conseguente distruzione di una biodiversità tanto frangibile quanto preziosa.

di Sara Nicoli

Sessantatre anni per avere un po’ di giustizia. Proclamata per colpevoli contumaci, dal valore ormai solo morale e neppure del tutto esauriente. Qualcosa di importante, però, per ribadire i valori della Resistenza sui quali è stata costruita la nostra democrazia. E sottolineare, ancora una volta, la profonda abiezione morale verso la dottrina nazista e le sue atrocità, sentimenti robusti che comunque non hanno bisogno di camere di consiglio per essere valutati. E’ finito con dieci condanne e sette assoluzioni il processo, celebrato davanti al Tribunale Militare di La Spezia, a 17 ex ufficiali nazisti, tutti ultraottantenni e contumaci, per l’eccidio di Monte Sole, o strage di Marzabotto come viene ricordata dal maggiore dei comuni colpiti, la sanguinaria rappresaglia eseguita dalle truppe naziste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, per far “tabula rasa” dei partigiani. Fra i caduti, 95 avevano meno di sedici anni, 110 ne avevano meno di dieci, 22 meno di due anni, 8 di un anno e quindici meno di un anno. Il più giovane si chiamava Walter Cardi: era nato da due settimane.

di Agnese Licata

Che gli americani fossero un popolo di utilitaristi, non è mai stato un mistero per nessuno. Considerare inferiore - se non superfluo - tutto ciò che non ha un ritorno immediato è un ragionamento che oltreoceano viene applicato non solo alla politica e all’economia (dove l’obiettivo della rielezione oscura qualsiasi progetto di lungo periodo, in Usa come nel resto del mondo), ma anche al mondo della cultura che, per definizione, dovrebbe essere quanto di più lontano dall’utilità pratica. Leggere un romanzo, assistere a uno spettacolo teatrale, perdersi tra i colori e le forme di un quadro o tra le note di una canzone può divertire, emozionare, far riflettere sul momento storico testimoniato da quell’opera, può, insomma, arricchire la nostra mente, ma certo non il portafoglio. La cultura rappresenta una ricchezza particolarmente preziosa: ogni pezzetto che la compone ci restituisce qualcosa, in un suo modo tutto particolare e unico. Da qui, la necessità di preservarla dal tempo che passa, deteriora e modifica gusti, interessi.

di Cinzia Frassi

L’esecuzione giocata d’anticipo di Saddam Hussein ha pesato senza dubbio come la pedina di prima fila del domino, causando una serie di cadute prevedibili ed imprevedibili. E’ il tema da cavalcare per dire tutto e pure il suo contrario, valicando il limiti della coerenza e del buon senso. Se non molti si erano interrogati circa la legittimità del tribunale che lo ha condannato, parecchi hanno gridato alla pratica medievale e cruenta della pena inflitta al rais dichiarando, anche digiuni, la loro irremovibilità circa la barbarie della pena di morte. Saranno stati gli effetti del clima natalizio, ma Romano Prodi non ha esitato a farsi promotore della moratoria universale della pena di morte al Palazzo di Vetro. Sarà, ma il fatto è che in silenzio si consumano esecuzioni alla pena capitale ogni giorno ad est e ad ovest della linea della civiltà.La corda che ha impiccato Saddam Hussein ha portato l’Unione Europea intera a farsi paladina dei diritti umani. E’ decisamente inaccettabile che si parli di difesa dei diritti umani solo oggi, dopo la spettacolarizzazione dell’esecuzione. Nessuna indignazione per altre esecuzioni? Nessun moto di reazione per i diritti umani che sistematicamente vengono violati, magari da chi è sanzionato, ad esempio, per voler essere come tante una potenza nucleare?


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