di mazzetta

La costa ligure ha uno dei sui gioielli nel Parco delle Cinque Terre; sul Parco, che è stato istituito pochi anni fa, regna Franco Bonanini, nominato dall'ultimo governo di centrosinistra e in seguito confermato nella sua carica, unico tra tutti i presidenti dei parchi, grazie alla vicinanza con esponenti di Forza Italia quali Sandro Biasotti (candidato alla presidenza regionale) e il senatore Luigi Grillo, già scudiero dell'ex presidente di Banca d'Italia Antonio Fazio. Bonanini passa per amministratore "dinamico" e la sua gestione del Parco non è certo statica, tuttavia questa dinamicità emerge solo a tratti, e spesso la sua azione amministrativa ha buchi poco spiegabili. Le Cinque terre sono sempre in testa alle classifiche per le spiagge più pulite prodotte ogni anno delle associazioni ambientaliste, ma non tutto è come farebbe supporre la messe di bandiere blu, vele blu ed altri riconoscimenti che piovono su questo tratto di costa.

di Bianca Cerri

Allison Krause Il 30 aprile 1970, l'esercito americano si avventò come un bufalo impazzito sulla Cambogia, trasformando le sue campagne rigogliose in rovine disseminate di morte. Era la 149° intrusione degli Stati Uniti in un paese non belligerante. Villaggio dopo villaggio, il fuoco vischioso del napalm avvelenò il terreno rendendolo sterile per sempre e cancellò una civiltà antica sottraendola al resto del mondo. La decisione di "vietnamizzare" altri paesi, ampliando un conflitto già sufficientemente tragico era stata presa dal presidente Nixon che, pur avendo ereditato la questione dai suoi predecessori, l'aveva trasformata in un affare privato. Molti avevano accolto con fastidio l'insistente monologo con cui il presidente aveva annunciato alla nazione l'invasione della Cambogia, tentando di convincere il pubblico che l'America non avesse altro modo per risultare credibile se non quello di sommare una guerra all'altra. Per protesta contro l'arroganza di Nixon, gli studenti di Kent avevano occupato l'università alzando tende di fortuna sul grande prato antistante l'edificio principale.

di Alessandro Iacuelli

Una festa dalle radici antiche.
Tutto iniziò a Chicago, il primo maggio del 1886, quando una grande manifestazione operaia fu repressa nel sangue. Era un sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e parteciparono al grande corteo in 80 mila, per lo più richiamati da sindacati di estrazione anarchica e libertaria.
Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i dimostranti radunati davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti, provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo, durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere il comizio e disperdere violentemente l'adunata, fu lanciata una bomba.

di Maurizio Coletti

Il programma dell’Unione è stato definito lungo, eccessivamente prolisso, di difficile e noiosa lettura, forse, e di un filo di genericità che lascia spazio ad interpretazioni. Così non è per i temi della droga: lì troviamo scritto qualcosa di chiaro: “Il decreto legge del governo sulle tossicodipendenze deve essere abrogato”. Qualcosa che si presta poco a dubbi ed interpretazioni. Appare quindi strano vedere il leader dell’Unione che sembra avere saltato la lettura delle 19 righe del suo programma che sono dedicate al tema, sotto l’esplicito titolo: Educare, prevenire, curare. Non incarcerare. Per le tossicodipendenze non servono né il carcere né i ricoveri coatti”. Interrogato sul tema specifico a “Porta a porta”, Prodi l’ha presa un po’ larga. L’Italia ha bisogno di tranquillità, di certezze “… su un tema così delicato…”. “Ma la cambierà?” “…non è una legge organica… è puramente repressiva…” “Ma cosa farete?” “… a tempo debito. Una legge con contenuti educativi, anche di aiuto reale. …una bella riflessione…”. Non va.

di Marco Dugini

Paolo Mieli Il Corriere della sera compie proprio in questi giorni 130 anni e lo fa entrando a gamba tesa nel campo infuocato della campagna elettorale, con un inaspettato editoriale del direttore Paolo Mieli, che schiera il suo giornale in maniera inequivocabile con l'Unione.
Una lista di "buoni e cattivi" che ha scatenato subito una raffica di dichiarazioni e prese di posizione di tutto l'arco parlamentale, anche perché è nelle convinzioni di molti che questa chiara indicazione di voto vada ben oltre il pensiero di chi l'ha scritta, o del gruppo che la sostiene, rappresentando invece un significativo segno di questi tempi elettorali.
Il Corriere non è La Repubblica, da sempre meno distaccata e più netta nella scelte di campo e Paolo Mieli non è Umberto Eco, il quale peraltro ha appena lanciato un appello sui rischi della democrazia italiana in caso di una nuova vittoria di Berlusconi.
Anche se, a sentire le reazioni dei corifei del berlusconismo, il Corriere della sera è invece ormai qualcosa di molto simile all'Unità (offesa suprema ai loro occhi - s'intende) mentre Ferrara, dalle colonne del Foglio, se la prende anche con il comitato di redazione di quel giornale che ha sottolineato poco dopo la richiesta di un'effettiva - e non scontata - coerenza editoriale di tutto il giornale con le scelte del direttore.
"Siamo ormai al MinCulPop" tuona l'elefantino berlusconiano, mentre altri promettono boicottaggi in edicola.


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