di fdf

Non e' raro, visitando un sito web, trovare sulla homepage un piccolo contatore il cui compito è registrare il numero di visite ricevute.
Spesso, troppo spesso in verità, i numeri parlano di migliaia di visite ricevute quotidianamente, ma è davvero così?
No, purtroppo quasi mai. Proviamo a spiegare il perchè.
La maggior parte dei contatori che vengono installati (quando non addirittura servizi gratuiti esterni al sito stesso) in realtà registrano e calcolano i cosidetti HITS e non i VISITATORI UNICI.
Vuoi per sincera ignoranza dovuta all'incompetenza di molti webmaster improvvisati, vuoi per una sorta di maliziosa strategia, questo fatto viene quasi sempre sottaciuto. Noi crediamo sia invece onesto nei confronti di tutti che certi ingannevoli meccanismi vadano svelati.

di Daniele John Angrisani

Quante volte avete sentito dire in televisione o nei media ufficiali che la globalizzazione porta benessere in tutto il mondo, anche nei Paesi meno fortunati, e che perciò va difesa a tutti i costi? La globalizzazione è come una nuova religione e, chiunque la contesti, è un eretico che va messo al rogo. Ma se l'Occidente vive in questa specie di "delirio morale", l'Africa ed altri Paesi del Terzo Mondo muoiono letteralmente dinanzi ai nostri occhi senza che neppure lo veniamo a sapere. Troppo spesso, infatti, quando si parla di globalizzazione si dimentica cosa essa significhi in realtà e quale sia il suo lato più perverso. Ed è questo che proviamo oggi a raccontarvi. Durante gli anni sessanta, nel cuore dell'Africa, ed in particolare nel lago Vittoria, è stato introdotto artificialmente, per via di quello che è stato definito "un semplice esperimento scientifico", una nuova specie di pesce, il Persico del Nilo. Il risultato di questa decisione è stato che in brevissimo tempo quasi tutte le razze di pesce presenti nel lago prima di questa introduzione forzata, si sono estinte: questo vorace predatore d'acqua calda si è invece moltiplicato a tal punto che oggi il suo filetto bianco viene esportato ovunque nel mondo e l'intera economia della zona dipende dalla sua pesca. E' bastato un solo uomo, con un secchio e dei pesci, a trasformare radicalmente l'ecosistema di una delle zone più ricche di fauna del mondo.

di Fabrizio Casari

Arbitri e designatori, giocatori e procuratori, giornalisti e moviolisti, senza dimenticare banchieri e ministri. Nella generale confusione una cosa appare chiara: la grande ammucchiata di Luciano Moggi non risparmiava nessuna competenza, nessun ruolo e nessuna indecenza per il dominio affaristico e mediatico del mondo pallonaro. Pur non essendo ancora conclusa la vicenda, con tre procure diverse che indagano, alcune cose possono dirsi già chiare.
Alterati se non truccati i risultati delle partite tramite designazioni di arbitri compiacenti e sapientemente orientati; falsati bilanci e quindi destini di società di calcio; alterato se non truccato, il calciomercato, attraverso il ruolo della GEA WORLD, la società monopolista gestita dai figli di Moggi e Geronzi, ma con il ruolo rilevantissimo di Alessandro Moggi, figlio di cotanto padre.
Il rampollo aiutava il papà, che si occupava direttamente di arbitri e banche, di ministri e conti offshore, spostava giocatori, allenatori e decideva persino chi dovesse arrivare in Nazionale, compresa la segretaria dell'allenatore, "perché sennò spiffera tutto". Che poi il figlio dell'allenatore della Nazionale, Marcello Lippi, fosse un collaboratore della Gea, pare che questo cambi poco.

di Fabrizio Casari

Quasi quasi viene voglia di crederci, o almeno di sperare. Clemente Mastella, neo nominato Ministro della Giustizia del governo Prodi, si è detto favorevole alla concessione della grazia per Adriano Sofri.
Non avevamo fatto a tempo a constatare che, appena poche ore dopo la vittoria dell'Unione, veniva arrestato Provenzano, condannato Previti, arrestato Ricucci, condannata Wanna Marchi e indagato Moggi, che le dichiarazioni di Mastella ci hanno definitivamente convinti che forse qualcosa si muove, che tira un'aria diversa in questa Italia che ha voglia di ricominciare.
Le parole del neoministro della Giustizia arrivano poche ore dopo il giuramento davanti al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Neanche il tempo di vedere l'effetto che fa un uomo di sinistra al Quirinale (bell'effetto..) che le parole di Mastella su Adriano Sofri ci accarezzano le orecchie.

di Sara Nicoli

Diciamo subito che non appena abbiamo visto sul "Gazzettino" di Venezia la foto del piccolo Hevan, il bimbo mai nato, ucciso dal padre nella pancia della sua mamma soffocata viva, l'istinto ha avuto la meglio sulla ragione, facendoci ripiegare velocemente il giornale per non essere più costretti ad incrociare quel volto per un solo minuto di più. Ma, come per ogni choc che si rispetti, l'immagine di quel piccolino ci ha inseguito per l'intera giornata, riproponendosi come una ferita fresca, un dolore sordo e sottile, possibile da rimuovere solo con un profondo sforzo di elaborazione sulle ragioni che hanno spinto i genitori della giovane assassinata a concedere le foto al giornale; e sul perché il direttore di quest'ultimo, Vittorio Pierobon, ha deciso di sbatterla in prima pagina. Sulle ragioni dei genitori non ci soffermeremo: impossibile chiedere lucidità e ragionevolezza a chi è stato appena colpito così duramente negli affetti più cari. Sulla mascalzonata giornalistica del primo quotidiano del bianco Veneto, invece, la riflessione ci sembra doverosa. In un fondo intitolato "Il volto dell'angioletto" Pierobon spiega i suoi motivi, legati almeno in apparenza alla volontà di dare seguito ad una preghiera della famiglia. Ma leggendo bene, si scopre anche un altro risvolto, davvero inquietante e, a nostro giudizio, condannabile ancora di più della oggettiva violazione di ogni regola sul diritto di cronaca. "La foto che pubblichiamo - si legge nell'articolo - è la prova che Hevan non era un feto, anche se tecnicamente così andrebbe chiamato, perché in caso di parto prematuro sarebbe stato in grado di sopravvivere; un distinguo tra feto e bambino che presumibilmente sarà materia di dibattito nelle aule di tribunale".


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