di Mario Braconi

“Dato che sono un economista, dovrei avere qualcosa di intelligente da dire sulla crisi [finanziaria], ma la verità è che non ci ho capito niente”: così Steven Levitt, autore del geniale best seller “Freakonomics”. E non si può dargli torto: quale economista, infatti, sarebbe stato in grado di prevedere che il debito complessivo degli Stati Uniti, che nel 1980 valeva già il 163% del Prodotto Interno Lordo, avrebbe raggiunto nel 2007 l’astronomico livello del 346% del PIL? Avremmo creduto qualcuno che profetizzasse un mercato finanziario basato sulla creazione e sulla negoziazione di strumenti finanziari di cui, ad un dato punto, è impossibile determinare il valore?

di Elena Ferrara

Da un lato le montagne di “rifiuti alimentari” che nelle periferie delle città sono spesso l’unica forma di nutrimento per schiere di affamati; dall’altro l’assenza tragica di cibi in grado di salvare dalla morte milioni di persone. E’ in questo contesto che la Fao sbatte in prima pagina un dato allarmante: tra il 2005 e il 2007 è aumentato di 75 milioni il numero di quanti soffrono la fame. Si arriva, pertanto, a sfiorare il miliardo di persone che “vivono” sotto il livello di sussistenza. L’aumento della “fame nel mondo” raggiunge livelli impressionanti. Perchè in un biennio appena si è compiuto il maggior aumento in questo senso mai verificato. Secondo la Fao la principale causa di questa “escalation alimentare” è da attribuire all'impennata dei prezzi delle materie prime agricole. "La fame - dice il direttore generale della Fao, Jacques Diouf - aumenta mentre il mondo diventa più ricco e produce più cibo di quanto ne abbia prodotto nell'ultimo decennio”.

di Marco Montemurro

L’ultimo investimento degli sceicchi non è passato inosservato. La squadra di calcio Manchester City è stata comprata dalla società di investimento Abu Dhabi United Group per 250 milioni di euro. La stampa britannica ha parlato molto della recente acquisizione, poiché all’arrivo dei nuovi proprietari ha fatto seguito un altro evento straordinario, l’acquisto del giocatore Robinho per la cifra di 40 milioni di euro, la somma più alta mai pagata per un trasferimento nel calcio inglese. Il gruppo di Abu Dhabi non si limiterà solo a sanare i debiti della società, è intenzionata a comprare presto i migliori giocatori per formare la squadra più forte del mondo. L’artefice dell’investimento è il giovane Sulaiman Al Fahim, amministratore delegato della società di costruzioni Hydra Property. “Nei prossimi quattro mesi rinforzeremo il City in modo tale da renderlo irriconoscibile”, così ha dichiarato il nuovo presidente. Nessun acquisto sembra ora impossibile per il club calcistico più ricco del mondo.

di Mario Braconi

La ditta Lehman Brothers nasce a Montgomery, Alabama, nel 1847: allora era solo un piccolo emporio gestito da una famiglia di immigrati tedeschi di origine ebraica con il pallino del commercio del cotone. Il vero salto di qualità arriva quanto i fratelli Emanuel e Mayer Lehman si trasferiscono a New York, dove abbandonano le materie prime ed iniziano a trattare carta, nel senso di titoli finanziari: sono diventati banchieri. L’incredibile parabola di Lehman Brothers, che si estende per 150 anni di storia americana, può forse aiutare a comprendere i miti che alimentano la psicologia del Paese: il duro lavoro che conduce immancabilmente al successo, la smisurata, incrollabile fiducia in se stessi, la spregiudicatezza e l’arroganza nel mondo degli affari. Tutti valori in cui Lehman ha sempre dichiarato di credere fortissimamente.

di Ilvio Pannullo

Se negli ambienti finanziari di tutto il mondo è stata salutata come una vera e propria benedizione, una necessaria quanto salvifica boccata d’ossigeno per gli investitori e per un mercato, quello azionario, terrorizzato dall’eventualità di una generalizzata crisi di panico, per Bush è stata sicuramente l'ultima sconfitta, forse la più cocente di tutte. La nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac, i due giganti dei mutui già partecipati dalle casse del Tesoro USA, peserà sulle finanze pubbliche, infatti, per oltre 200 miliardi di dollari oltre a segnare l’ineludibile insostenibilità di quella “ownership society” tanto cara agli ultraliberisti americani. L’ennesimo bagno di sangue per il contribuente a stelle e strisce è, infatti, l’inevitabile conseguenza del fallimento di quella “società di proprietari” teorizzata dal think-tank neoconservatore ed elevata a colonna sonora della disperata campagna per le presidenziali del 2004.


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