di Mario Braconi

La crisi economico-finanziaria che ci sta conducendo verso una recessione globale ha un unico pregio intellettuale: ci ha costretti a mettere da parte concetti che eravamo abituati a dare per scontati e ad utilizzare un nuovo paradigma. Come spiega l’economista Nouriel Roubini in un suo recente articolo, per fronteggiare l’attuale scenario di recessione e deflazione, la politica monetaria tradizionale è ormai un’arma spuntata: occorre ideare soluzioni creative a problemi inediti. Eccesso di capacità produttiva rispetto a consumi e ad acquisti di beni durevoli in caduta libera, deboli pressioni salariali indotte dalla crescente disoccupazione e caduta dei prezzi delle materie prime (a cominciare dal petrolio) sono un habitat ideale per il virus della deflazione (discesa del livello dei prezzi).

di mazzetta

Quando Silvio Berlusconi invita gli italiani all'ottimismo e a spendere i soldi che non hanno, diventa chiaro che non ci sia da attendersi molto dal governo. Il governo italiano è l'unico a non aver ancora messo sul piatto della crisi denaro reale, i suoi interventi fino ad oggi si sono limitati alla proclamazione della garanzia statale sui depositi di conto corrente, un intervento virtuale per il quale non è stata indicata alcuna copertura reale, tanto da far supporre che se il governo dovesse veramente coprire i depositi bancari non avrebbe i soldi da consegnare ai correntisti. L'incombere di migliaia - se non di milioni - di prossimi disoccupati, la perdita del potere d'acquisto di quanti conservano l'impiego e la stretta del credito, non sembrano avere spazio nelle fantasie del premier, che lamenta il disfattismo dei media come responsabile dei disastri a venire. Dall'epicentro della crisi non giungono quindi buone notizie. Nonostante una montagna di soldi veri trasfusi nei bilanci di banche ed istituzioni finanziarie, il rischio di un collasso del sistema non è per niente scongiurato.

di Mario Braconi

Appena a sud del Circolo polare artico c’era una volta un paese povero, isolato geograficamente e culturalmente, la cui scarsa popolazione (300.000 anime su un territorio di circa 100.000 chilometri quadrati, un terzo di quello italiano) sopravviveva grazie alla pesca del merluzzo. Talmente disperata era la dipendenza dell’Islanda da questa attività, che nel 1976 il suo governo decise di estendere le proprie acque territoriali, dando così origine a quella che è passata alla storia con il poco fascinoso nome di “guerra del merluzzo” con la Gran Bretagna (come vedremo, la tendenza dei politici islandesi ad assumere decisioni unilaterali e non particolarmente rispettose degli altrui interessi non si è sopita con il tempo). Ebbene, in poco più di un decennio questo luogo dimenticato da dio si è trasformato in una specie di paradiso terrestre: vi si registrano un livello di reddito pro-capite tra i più alti al mondo (cresciuto del 45% in cinque anni, fino a raggiungere il quarto posto nella statistica stilata dalle nazioni Unite nel 2007), sistemi di istruzione e sanità pubblici completamente gratuiti, fondi pensionistici finanziariamente robusti ed efficienti.

di Mariavittoria Orsolato

E’ notizia di ieri che una giovane ventitreenne ha rubato carne per 67 euro alla Standa di Milano e, portata immediatamente in direzione, è stata denunciata ai carabinieri di zona. Solitamente questa non sarebbe una notizia tale da assurgere all’onore delle cronache, se non fosse che la ventitreenne è un’italianissima precaria part-time, incensurata e incinta di 5 mesi. Tre pacchi di carne per lo spezzatino e alcune confezioni di affettati misti: “Era un mese che non mangiavo carne. Ne avevo davvero bisogno e non ho resistito alla tentazione”, questa la giustificazione della giovane che con gli spiccioli guadagnati al part-time ha fatto intendere di non riuscire ad arrivare alla fine del mese, nemmeno facendo la part-life che la costringe a privarsi (in gravidanza) di uno degli alimenti di primo sostentamento.

di Luca Maio

In questi giorni altalenanti di “Follia Pura” nei mercati internazionali, e in special modo in quello italiano, la Lybian Investment Authority , la Central Bank of Lybia e la Lybian Foreign Bank hanno acquistato sulla piazza milanese, il 16 ottobre 2008, una quota aggiuntiva dell’UniCredit, arrivando al 4,9 per cento del capitale sociale e “piazzandosi” in seconda posizione alle spalle della Fondazione Cariverona con il 5,08 per cento. Le opportunità economiche che gli arabi si sono “conquistate”, erano state smentite, il giorno prima dell’“arrembaggio libico”, e “paventate nel panico” dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che, nel corso della conferenza stampa, aveva affermato i rischi di opa ostili sulle aziende italiane da parte degli stranieri, in modo particolare dagli arabi, aggiungendo che sia la Consob che il Tesoro avrebbero studiato delle contro-misure per scoraggiare tali operazioni. L´allarme, semmai, potrebbe essere servito a confondere le acque e a preparare il campo a ciò che è successo, in queste giornate poco esaltanti dei nostri mercati azionari.


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