di Michele Paris

Con l’approvazione di una mozione di sfiducia presentata in Parlamento dall’opposizione socialdemocratica, il primo ministro della Repubblica Ceca e presidente di turno dell’Unione Europea nel semestre in corso – Mirek Topolanek – ha incassato una pesante sconfitta per il proprio governo nel bel mezzo di una gravissima crisi economica che sta colpendo in maniera particolare i paesi dell’ex blocco sovietico. A determinare il crollo dell’esecutivo ceco non sono state tuttavia questioni legate alla situazione dell’economia, bensì, almeno a prima vista, dispute politiche interne. La crisi di governo in realtà colpisce duramente una coalizione ed un partito conservatore – il Partito Democratico Civico (ODS) – che ha suscitato un profondo dissenso nel paese in seguito al perseguimento ossessivo di politiche neo-liberiste e, più recentemente, a causa di una trattativa con gli Stati Uniti – ora messa in stand-by dall’amministrazione Obama – per la creazione di uno scudo missilistico sul proprio territorio.

di Luca Mazzucato


NEW YORK. Le storie agghiaccianti dei giovani soldati di ritorno da Gaza aprono uno spiraglio su una guerra essenzialmente “off limits” per i media occidentali, a cui l'esercito israeliano ha vietato l'ingresso a Gaza. In una recente inchiesta di ha'aretz, i soldati raccontano di rastrellamenti e stragi di civili inermi, vecchi, donne e bambini uccisi a sangue freddo. Amira Hass, corrispondente da Gaza, scrive del ritrovamento di un documento dal titolo incredibile: “Regole d'ingaggio: sparate anche sui soccorsi.” L'uccisione di decine di paramedici palestinesi durante la guerra non sarebbe dunque un incidente. Abbiamo chiesto una spiegazione ad un refusenik israeliano: Itai, un dottorando di fisica all'Università di New York. Itai era un soldato dell'IDF da quattro anni, quando nel 2002 decise di non prendere più parte alle attività dell'esercito di Occupazione, e si rifiutò di servire nei Territori. La sua reazione alle confessioni dei soldati non è di sorpresa: è sempre lo stesso spunto per entrare nella dinamica nazionale dello “sparare piangendo.”

di Rosa Ana De Santis

I numeri, le percentuali, le stime sfilano copiose sulla storia delle donne. Sotto i veli del regime talebano, nelle case delle città metropolitane, nel deserto dell’Africa Subsahariana, sotto il fuoco dei conflitti civili o internazionali, le confessioni e i racconti – disperatamente - si assomigliano. Lo documenta l’ONU, Amnesty International, le ONG impegnate nella cooperazione internazionale, Medici Senza Frontiere, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e tante altre sigle eccellenti, tutti gli osservatori internazionali deputati al controllo, alla verifica, al conteggio scrupoloso degli abusi, della discriminazione, della povertà delle madri e delle figlie. Delle spose bambine e delle ammalate. Dati ONU dicono che il 70% delle persone che vivono in assoluta povertà sono donne. Proprietarie dell’1% delle terre, ne lavorano l’80% arrivando a una differenza di retribuzione salariale con gli uomini di circa il 30, il 40% in meno. Il 57% dei piccoli che sono senza alcuna scolarizzazione sono bambine. Così nasce e si mantiene il dominio e quindi il controllo dei padri e dei mariti. La rappresentanza politica delle donne raggiunge oggi un misero 18,4%, non risparmiando pesanti disparità anche nei Paesi che vantano longeve tradizioni di sovranità parlamentare. E i numeri delle malattie sono ancora più spietati.

di mazzetta


Sembrano confermate le voci di un gravissimo bombardamento israeliano in territorio sudanese. Secondo Haaretz e altre fonti, in gennaio l'aviazione israeliana avrebbe bombardato un convoglio di automezzi che secondo i servizi israeliani era impegnato nel trasporto di armi per Gaza. L'attacco sarebbe avvenuto vicino a Port Sudan, provocando la morte di trentanove persone (sudanesi, etiopi ed eritrei) e la distruzione di diciassette veicoli e rappresenta un atto d'aggressione gravissimo nei confronti del Sudan e della sua sovranità. Port Sudan dista circa milletrecento chilometri dalla frontiera di Gaza e non sarebbe la prima volta che Israele prende una cantonata, denunciando e cercando di colpire quelli che definisce trasporti di armi per i palestinesi. Vista la distanza, c'è il sospetto che la squadra israeliana sia partita da Gibuti, sede di una grande base militare francese che ospita anche truppe americane.

di Fabrizio Casari

Commandos dei reparti d'elite Usa per le operazioni speciali, supervisionati direttamente dall’ufficio del Vicepresidente Dick Cheney che li utilizzava come uno squadrone della morte. Un gruppo che, con l’autorizzazione dell’allora presidente George Bush, viaggiava in ogni paese dove si stabiliva la necessità o l’utilità di realizzare azioni coperte e non divulgabili al riparo degli organi costituzionali di vigilanza sull’operato del governo. Il gruppo operativo, senza passare per l’ambasciata o il capo stazione locale della CIA, intercettava gli obiettivi previsti dalla lista fornitagli dalla Casa Bianca, li eliminava e lasciava il paese. Gli squadroni della morte agivano con l’appoggio del Vicepresidente Dick Cheney, di Karl Rove ed Eliott Abrams, responsabile della sezione Medio Oriente nel Consiglio di Sicurezza Nazionale. Seymour Hersh, giornalista investigativo del collettivo informativo “Popoli senza frontiere”, l’ha scritto su Pacifica e, siccome il vento è cambiato e il ricordo delle covert action della CIA e di altri organismi paralleli è ancora presente nella memoria collettiva americana, un congressista democratico, Dennis Kucinich, in una lettera inviata al leader del Comitato per le riforme governative del Congresso Usa, ha chiesto l’apertura di un’indagine immediata sulle rivelazioni di Hersh.


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