Se è noto che la crisi economica ha impresso una forte pressione sui bilanci pubblici degli Stati europei, meno evidente è che la suddetta crisi abbia anche fatto registrare una sensibile contrazione della percentuale di spesa dedicata all’istruzione. E in Italia maggiormente che altrove. Già non se la passava bene prima, quando il nostro Paese si trovava nella seconda metà della classifica europea per percentuale di spesa in istruzione rispetto al PIL.

“Sono diversi anni che questo Rapporto sottolinea come la società italiana viva una crisi di spessore e di profondità e come gli italiani siano incapsulati in un Paese pieno di rancore e incerto nel programmare il futuro. Ogni spazio lasciato vuoto dalla dialettica politica è riempito dal risentimento di chi non vede riconosciuto l’impegno, il lavoro, la fatica dell’aver compiuto il proprio compito di resistenza e di adattamento alla crisi”. A fotografare la realtà sociale italiana, è il cinquantaduesimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2018 del Censis, in cui la società ne esce delusa, arrabbiata e diffidente.

“Partendo dalla constatazione dell’elevata rilevanza assegnata alle migrazioni e della loro drammatizzazione e strumentalizzazione, si registra in un anno (il 2018) in cui i movimenti migratori verso l’Europa sono molto diminuiti”, la presenza di sei milioni e centottomila migranti.

 

A dirlo è il ventiquattresimo Rapporto sulle migrazioni dell’ISMU che rileva, per il 2018, il primato degli arrivi di immigrati passare dall’Italia alla Spagna: da gennaio a ottobre di quest’anno, infatti, nel Belpaese sono sbarcati ventunomila migranti a fronte dei quarantacinquemila giunti nel paese iberico e ai ventiquattromila della Grecia.

Le risorse stanziate dal Dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio saranno pure superiori rispetto a quanto mai erogato in precedenza così come sono aumentati gli attori coinvolti e i territori beneficiari ma, in ogni caso, c’è ancora una sostanziale difficoltà a far fronte alle numerose richieste di aiuto e a coprirei costi di gestione dei servizi.

 

Questo, quanto emerge dal secondo monitoraggio, effettuato da Actionaid – con dati raccolti tra giugno e ottobre 2018 – che ha analizzato i Fondi antiviolenza nazionali ripartiti tra le Regioni nel biennio 2015-2016 e quelli previsti per il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (2015-2017). In particolare, dal rapporto Trasparenza e accountability: i fondi nazionali antiviolenza 2015-2017, la peggiore criticità ravvisata nell’erogazione dei fondi è la lentezza, impattando negativamente sul raggiungimento degli obiettivi del Piano e mettendo a rischio la continuità dei servizi.

Sono quasi cinquantamila le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza sparsi in Italia che l’Istat ha recensito, nei mesi di giugno e luglio dell’anno corrente, svolgendo per la prima volta un’indagine sui servizi offerti alle donne vittime di violenza, in collaborazione con il dipartimento per le Pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio e con il contributo del Consiglio nazionale delle ricerche.

 

Duecentocinquantatre i centri monitorati – 22 per cento nel Nord Ovest, 20 per cento nel Nord Est, 16 per cento al Centro, 34 per cento al Sud e 8 per cento nelle Isole – nei quali il numero medio di donne prese in carico in ogni centro è centoquindici, centosettanta nel Nord Est e quarantasette al Sud: il 27 per cento di loro è straniera, il 64 per cento ha figli, nel 70 per cento dei casi minorenni.

 

Ci si sono rivolte per ottenere per chiedere ascolto e accoglienza, supporto legale, servizi di orientamento al lavoro, di accompagnamento ad altri servizi, sostegno psicologico e verso l’autonomia, aiuto di allontanamento dal partner violento, supporto alloggiativo e per i figli minori.

 

Con la possibilità di contattare i centri ventiquattro ore su ventiquattro nel 69 per cento delle strutture, di lasciare un messaggio nella segreteria telefonica negli orari di chiusura o, nel 25 per cento dei casi, di comporre il numero verde dedicato, che nel 95 per cento dei casi è quello nazionale (1522) contro la violenza e lo stalking.

 

Perché, nell’86 per cento delle situazioni, i centri lavorano in sinergia con altri enti della rete locale, servendosi, pure, di corsi di formazione per il personale operante: il 93 per cento dei centri antiviolenza osservati prevede una formazione obbligatoria per le operatrici impegnate che sono circa quattromila e cinquecento, delle quali il 56 per cento presta servizio in forma esclusivamente volontaria. Sono psicologhe, avvocatesse e operatrici dell’accoglienza. Ottenendo il risultato che conta oltre ventinovemila donne inserite in un percorso specifico di uscita dalla violenza.

 

L’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del CNR, contestualmente, ha realizzato un’indagine, negli ultimi tre mesi, sui programmi rivolti a uomini maltrattanti, compresi quelli attivi all’interno degli istituti penitenziari, previsti nel Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 per prevenire la recidiva e favorire percorsi di rieducazione degli autori di violenza.

 

Nei cinquantadue programmi esaminati, sono settecentoventisei gli uomini che vi hanno aderito: il 76 per cento ha un’occupazione stabile, il 72 per cento è padre, il 56 per cento è in un rapporto di coppia, il 29 per cento è straniero, il 20 per cento ha dichiarate vulnerabilità psichiche e il 39 per cento è detenuto – sono oltre tremila e cento quelli ristretti per violenza sessuale, novecentocinquanta quelli per stalking, duecentoventi quelli per percosse e duecentosette quelli per reato di tratta e schiavitù.

 

La maggior parte dei programmi offre servizi a titolo gratuito: ascolto telefonico, consulenze psicologiche ma anche psicoterapia individuale e di gruppo, sostegno alla genitorialità responsabile; sei centri offrono consulenza legale sia in ambito civile sia legale e tre centri prevedono un accompagnamento all’inserimento lavorativo, la mediazione linguistica e percorsi di recupero dalle dipendenze. Perché la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne parte, soprattutto, dall’impegno degli uomini.


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