Quello della guerra permanente è da tempo un pallino dei neocon e di altri settori intellettuali che prestano la loro raffinata consulenza ai capi dell’impero statunitense in declino. Dopo la fine dell’URSS s’inventarono questo brillante concetto per giustificare la continuazione dell’impegno militare e dell’esistenza della NATO. In un primo tempo esso venne applicato al terrorismo, figura alquanto vaga e suscettibile di vario uso, imperniata in un primo tempo sulla banda di Bin Laden e poi sull’ISIS, organizzazioni nella cui creazione, come poi si è scoperto, avevano collaborato in certa misura proprio certi organismi della cosiddetta intelligence occidentale.

Bisogna infatti partire dal presupposto che la guerra permanente costituisce la situazione ideale per chi, come gli Stati Uniti, è pronto a tutto pur di mantenere il proprio dominio sul mondo, tanto più che quello militare è l’unico settore nel quale essi mantengono un evidente primato. Agitando il big stick (grosso bastone) essi rinsaldano la propria egemonia sugli “alleati”, guadagnandone qualcuno in più, e tengono in stato di costante agitazione tutti i loro competitors ed antagonisti veri e presunti, costretti a distogliere molte risorse economiche ed umane da impieghi più proficui per destinarle agli obiettivi della difesa e della sicurezza. Last but not least, bisogna pensare agli ingenti profitti che tale situazione genera nel comparto degli armamenti, sempre più asse portante dell’economia dei Paesi occidentali, che diventa ovviamente sempre più un’economia di guerra.

L’industria dell’intrattenimento a Hollywood e nel resto degli Stati Uniti è virtualmente chiusa a causa dello sciopero indetto dai sindacati degli sceneggiatori (WGA) e degli attori-artisti radiotelevisivi (SAG-AFTRA) per ottenere dai produttori televisivi e cinematografici migliori condizioni contrattuali. La mobilitazione era iniziata grazie ai primi il 2 maggio scorso, mentre gli attori, per la prima volta in sciopero da 43 anni, si sono uniti soltanto nel fine settimana. Per la natura del loro lavoro, la protesta di scrittori e attori sta suscitando particolare interesse tra i media e la popolazione americana, offrendo un modello di resistenza per altre categorie di lavoratori sul piede di guerra in tutti gli Stati Uniti.

Barbara Capovani era una psichiatra in servizio all’SPDC – Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’ospedale Santa Chiara di Pisa. A 55 anni è morta, in seguito alle ferite riportate in un’aggressione avvenuta qualche giorno prima, il 21 aprile. Colpita mentre si accingeva a togliere il lucchetto alla sua bici, alla fine del turno di lavoro. Alle sue spalle è piombato all’improvviso Gianluca Paul Seung, armato di una spranga e di una incontrollabile volontà di uccidere.

Un suo ex-paziente, già resosi protagonista in precedenza di minacce e aggressioni, mai terminate con tale irreparabile epilogo. Di lui, la professoressa Capovani scriveva nel 2019: “disturbi narcisistico, antisociale, paranoico di personalità (…) il paziente appare totalmente consapevole delle proprie azioni e del loro disvalore sociale.” Appare quindi evidente che il suo assassino era cosciente di ciò che stava commettendo. Tutto questo però, non è affatto sufficiente a spiegare la drammaticità della intera vicenda, a rendere comprensibile una morte così assurda. Ad accettarla come fosse un rischio della propria professione.

L'introduzione nel linguaggio comune del termine algoritmo è avvenuto con un ritardo di qualche decennio da quando il suo studio già cambiava le sorti del mondo nei suoi primissimi prototipi. Alan Turing ed Enigma, la creatura di Arthur Scherbius che criptava i radiomessaggi dei nazisti, non sono stati, con il loro lavoro, degli elementi comprimari nello svolgimento della seconda guerra mondiale, anzi. Ci furono il lavoro e l'intuizione del professore inglese, che ebbe l'illuminazione di creare una macchina per decifrare i messaggi, utilizzando come parametri le parole chiave ripetute con cadenza regolare all'interno degli stessi, raggiungendo un risultato che i migliori crittografi del mondo non avrebbero mai ottenuto e che contribuì a cambiare le sorti della guerra. Nonostante la tragica fine che il suo stesso governo gli destinò, il risultato delle sue intuizioni è sotto gli occhi di tutti.

Madri alla sbarra. E’ uno dei titoli più suggestivi del libro d’inchiesta ‘Senza Madre. Storie di figli sottratti dallo Stato’ (edito dal gruppo Dire - Edizioni scientifiche Magi) che ha visto dieci giornaliste mettersi insieme per una coraggiosa inchiesta che denuncia la violenza istituzionale contro le madri e i loro figli.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy