Gaza, gli scogli della tregua

di Michele Paris

L’attitudine dei vertici di Hamas nei confronti dell’ultima proposta di tregua avanzata da Israele sembra essere improntata a un’estrema cautela. Il movimento di liberazione palestinese che controlla Gaza ha fatto sapere nelle scorse ore che restano ancora elementi ambigui nella bozza sottoposta con la mediazione egiziana, anche se le trattative sono tuttora in corso e il documento potrebbe...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto per la prima volta dall'allora primo ministro Boris Johnson nell'aprile 2022, avrebbe dovuto essere approvato in via definitiva già la scorsa settimana, ma una serie di emendamenti alla legislazione, proposti dai “pari” alla Camera dei Lord, ne aveva rallentato nuovamente l’iter. Il primo ministro Rishi Sunak ha dichiarato che, se...
> Leggi tutto...

di Carlo Musilli

In Serbia si è chiuso un weekend di bulimia elettorale: sette milioni di persone chiamate alle urne per scegliere un nuovo presidente, nuovi parlamentari e perfino nuovi amministratori locali. Sulla carta sarebbe possibile un vero sconvolgimento, ma la sensazione è che il destino del piccolo Paese balcanico sia già legato alla volontà di Bruxelles. Lo scorso primo marzo è arrivato il via libera alla candidatura per l'ingresso nell'Ue e, comunque siano andate le ultime consultazioni, il cammino della Serbia verso l'Europa non dovrebbe più essere in discussione.

Questo ovviamente significherà un surplus di austerity per una popolazione già ridotta alla fame. Fra i compiti del Parlamento in arrivo - ad esempio - ci sarà la riduzione del rapporto deficit-Pil fino al 4,25%, come già concordato con il Fondo Monetario Internazionale.

E' praticamente certo che il prossimo presidente serbo non ostacolerà questo percorso. I candidati alla poltrona più prestigiosa sono ben 12, ma i grandi favoriti al primo turno sono solo due, gli stessi di quattro anni fa: il riformista filoeuropeo Boris Tadic, presidente uscente, e il conservatore nazionalista Tomislav Nikolic, capo dell'opposizione. A meno di miracoli, saranno loro a contendersi lo scettro nel ballottaggio in programma fra due settimane. Fondamentali saranno i voti dei socialisti guidati da Ivica Dacic, nella scorsa legislatura alleato di Tadic e ministro degli Interni, in passato portavoce di Slobodan Milosevic.

Nel corso della campagna elettorale, per la prima volta l'adesione all'Ue non è stata un argomento centrale. I due super favoriti hanno anche evitato di toccare con troppa enfasi il tasto più incandescente a livello internazionale, quello del Kosovo. Sulla ex provincia proclamatasi indipendente nel 2008 i serbi si esprimeranno con un voto organizzato dall'Ocse. Ma anche su questo fronte sembra che a Bruxelles dormano sonni tranquilli: qualunque sia la composizione del nuovo governo, nessuno oserà tornare ai vecchi toni delle rivendicazioni territoriali.

Alle elezioni di quattro anni fa l'Europa aveva appoggiato apertamente Tadic. Il voto arrivava ad appena quattro mesi dalla secessione dei kosovari e il timore era che il Paese potesse ripiombare nel nazionalismo.

La vera novità di oggi è lo sdoganamento internazionale di Nikolic: pur continuando a preferire l'ex presidente, l'Ue non ritiene più che il suo avversario rappresenti una minaccia. Questo non toglie che l'ok alla candidatura per l'ingresso nell'Unione sia stata letta da molti come un indiretto sostegno al vecchio amico Tadic, che non ha mancato di esaltare il fatto come un successo personale.

Quanto alla battaglia per i seggi in Parlamento, è un'altra storia. Da questo punto di vista le parti sono invertite rispetto alle presidenziali: prima del voto era dato in vantaggio il partito di Nikolic (Sns), che secondo i sondaggi potrebbe staccare i democratici di Tadic di ben cinque punti (33% a 28%). A quel punto la strada più probabile dovrebbe essere l'alleanza con i nazionalisti di Vojislav Kostunica per creare la coalizione di governo.

Ma si tratterebbe di un matrimonio problematico, perché Kostunica è rimasto l'unico vero spauracchio euroscettico. Non è poi da escludere che i socialisti prendano abbastanza voti da compensare il gap e che il trucchetto di Tadic dia i suoi frutti: l'ex presidente ha scelto le dimissioni proprio per far in modo che tutte le elezioni si svolgessero lo stesso giorno, nella speranza che questo gli consenta di recuperare un po' di terreno alle legislative.

Intanto i serbi hanno altro a cui pensare. La disgregazione sociale del Paese è grave e ad approfittarne potrebbe essere Dveri, un nuovo partito di estrema destra, intollerante e xenofobo, che rischia di entrare in Parlamento superando la soglia di sbarramento al 5%.

Non è sbagliato parlare di euroscetticismo diffuso (anzi, il 70% della popolazione si dice contrario perfino all'ingresso nella Nato). Il malcontento dei cittadini è però legato in primo luogo alla pesantezza della crisi economica. La disoccupazione è arrivata al 23% (+10% negli ultimi quattro anni) e per i fortunati che ancora hanno un lavoro lo stipendio medio è di 360 euro al mese.

L'economia sommersa è pari a un terzo del Pil, per un valore di quattro miliardi l'anno. Solo nell'ultimo quadriennio la moneta serba, il dinaro, ha perso il 30% del suo valore e il debito pubblico è cresciuto del 16%, a 14,4 miliardi di euro. Chi è andato a votare ieri lo ha fatto sperando in migliori prospettive di lavoro, in un salario più dignitoso, in uno Stato meno corrotto. Difficile che tutto questo possa arrivare dalla grande famiglia Ue. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy