USA, i Dem salvano lo “speaker”

di Michele Paris

Il partito unico che controlla il potere negli Stati Uniti ha salvato mercoledì lo “speaker” della Camera dei Rappresentanti, il repubblicano Mike Johnson, grazie al consolidarsi di una maggioranza bipartisan schiacciante per respingere una mozione di sfiducia presentata dall’estrema destra del suo partito. A soccorrere il leader repubblicano alla camera bassa del Congresso di Washington,...
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Cina-UE, la sfida di Xi

di Mario Lombardo

La visita di questa settimana in tre paesi europei del presidente cinese, Xi Jinping, si inserisce nel quadro della competizione globale sempre più accesa tra Washington e Pechino, che vede nel vecchio continente uno dei terreni di scontro più importanti. Con Francia, Ungheria e Serbia sulla sua agenda europea, il leader della Repubblica Popolare ha operato una scelta strategica ben precisa, a cui si ricollega anche la recente trasferta del cancelliere tedesco Scholz in Cina. Tra polemiche sulle questioni commerciali e di “sovracapacità” industriale, nonché sul conflitto russo-ucraino, la presenza di Xi in Europa potrebbe riaccendere le tensioni tra quei paesi meglio disposti verso le opportunità offerte da Pechino e quelli più...
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di Michele Paris

La prima apparizione in assoluto di Donald Trump di fronte ai due rami del Congresso di Washington è stata giudicata quasi all’unanimità dalla stampa ufficiale americana come uno sforzo, fatto dal neo-presidente degli Stati Uniti, per attenuare i toni delle ultime settimane e, assieme, per cercare un qualche accordo bipartisan con l’opposizione Democratica.

Ad apparire a tratti diversa nel discorso di Trump è stata però solo la forma, caratterizza di solito da aggressività e confusione. Nella sostanza, l’inquilino della Casa Bianca ha di fatto ribadito i principi di un’agenda ultra-nazionalista e reazionaria, fatta di tagli alle tasse per i più ricchi e ai programmi di assistenza sociale, di aumento delle spese militari e di guerra aperta agli immigrati.

La stampa USA ha ammesso che nel suo intervento nella serata di martedì, Trump ha più che altro “smussato gli angoli”, come ha sostenuto ad esempio un’analisi del sito Politico.com, mentre non sono cambiati i contenuti delle sue proposte. Malgrado ciò, titoli e commenti apparsi anche sui media “liberal” hanno dato in prevalenza un rilievo positivo al discorso, a conferma che le differenze e i contrasti tra i vari schieramenti politici americani, e tra questi e il presidente, risultano soprattutto di natura tattica e non sostanziale.

L’apparizione di Trump al Congresso era stata anticipata dall’annuncio di una proposta della Casa Bianca per un nuovo incremento degli stanziamenti destinati all’apparato militare e della sicurezza nazionale. Il possibile aumento di oltre 50 miliardi di dollari di un bilancio già esorbitante sarebbe da compensare con tagli ai fondi destinati a svariati ministeri e agenzie federali, ma anche ai programmi sociali di anno in anno finanziati da delibere del Congresso.

Nel discorso di martedì, i riferimenti a questa iniziativa sono stati minimi, mentre Trump ha lasciato intendere che la Casa Bianca e il Congresso dovranno farsi carico anche della “riforma”, ovvero del drastico ridimensionamento, dei programmi esclusi dalla recente proposta di bilancio, cioè i popolari Medicare, Medicaid e Social Security.

Una parte importante dell’intervento è stata dedicata invece alla questione dei migranti. Trump ha citato con compiacimento il giro di vite in atto nel paese contro i “clandestini”, di fatto criminalizzati in maniera indistinta. Per molti commentatori, il presidente Repubblicano avrebbe però anche mostrato una certa disponibilità a modificare alcune misure contenute nel famigerato bando anti-immigrati firmato qualche settimana fa e bloccato dai giudici federali.

Queste presunte aperture erano state anticipate in un’intervista a FoxNews trasmessa poche ore prima del discorso al Congresso e prevedrebbero il mantenimento del flusso migratorio per i lavoratori altamente qualificati e un possibile limite alle deportazioni per coloro che vivono da anni negli Stati Uniti senza avere commesso crimini.

Qualsiasi ipotesi di moderazione sulla questione migratoria è comunque smentita dal fatto che, proprio in questi giorni, l’amministrazione Trump sta preparando una nuova versione del bando che vieta l’ingresso negli USA ai cittadini di determinati paesi a maggioranza musulmana.

Le concessioni fatte da Trump in questo e in altri ambiti, se pure possono essere considerate tali, sono decisamente trascurabili e, perciò, l’attitudine in genere positiva di stampa e politici nei suoi confronti, mostrata dall’uso frequente dell’aggettivo “presidenziale” per definire il suo intervento, risulta particolarmente insidiosa.

Nel complesso, il relativo abbassamento dei toni di Trump davanti al Congresso è una mossa studiata a tavolino per cercare di attenuare la valanga di polemiche e contenere le proteste popolari provocate dalla sua condotta fin dall’insediamento alla Casa Bianca.

Il fatto che a scrivere il discorso di Trump siano stati in particolare due dei suoi più stretti consiglieri, entrambi con inclinazioni apertamente fasciste, conferma da solo questa tesi. A Stephen Miller e Stephen Bannon vengono infatti attribuite le iniziative più estreme in ambito economico, militare e dell’immigrazione adottate o proposte fino ad ora, così da rendere improbabile una qualsiasi svolta moderata nel prossimo futuro.

Una parte cruciale del suo intervento ha avuto a che fare inoltre con il nazionalismo economico che già era al centro del programma elettorale. Le iniziative che ne derivano sono anche le più allarmanti e il discorso di martedì ha confermato la decisione con cui la nuova amministrazione intende procedere su questa strada.

Tra le priorità di Trump vi è l’imposizione di nuovi dazi sulle merci importate che rischiano di fare esplodere una guerra doganale su scala planetaria dalle conseguenze facilmente immaginabili, visti i precedenti storici che portarono al secondo conflitto mondiale.

A ciò si dovrebbero accompagnare un abbattimento del carico fiscale per le aziende americane e lo smantellamento delle regolamentazioni imposte al business privato a livello federale, come quelle relative ai diritti e alla sicurezza dei lavoratori e alla salvaguardia dell’ambiente.

Per quanto “presidenziale” Trump possa essere apparso agli occhi di qualcuno, nel suo discorso non sono mancate le solite affermazioni sconnesse se non del tutto false. Particolarmente sgradevole è stato anche il riferimento alla morte del “Navy SEAL” William Owens, la cui vedova era presente martedì al Congresso, nel raid fallito lo scorso mese di gennaio in Yemen.

Trump ha ribadito la posizione ufficiale della sua amministrazione circa il successo dell’operazione delle forze speciali USA nonostante poche ore prima la NBC avesse citato fonti governative che confermavano invece la sostanziale inutilità dell’intervento di terra nel paese arabo. In precedenza, anche il padre di Owens aveva criticato duramente la Casa Bianca per avere autorizzato un’operazione tutt’altro che necessaria.

A caratterizzare il discorso di martedì al Congresso è stata infine una patina di ottimismo diversa dall’evocazione di scenari cupi che era prevalsa nei precedenti interventi pubblici di Trump. Questa variazione è stata probabilmente decisa per proiettare un’immagine immediatamente collegabile ai consueti interventi presidenziali del passato, ma anche come concessione esteriore all’establishment del partito del presidente. Il New York Times ha spiegato infatti come Trump abbia innestato più volte temi cari “all’ortodossia Repubblicana” nell’atmosfera di fiducia che ha attraversato il suo discorso.

Gli auspici e i proclami che prospettano un aggiustamento morale e materiale degli Stati Uniti sotto la guida di Donald Trump sono però irrimediabilmente illusori, dal momento che tutti i segnali, a cominciare dalla sua stessa elezione a presidente, indicano piuttosto un declino in stato avanzato del capitalismo americano, così come dell’ordine sociale e delle forme di governo che ne derivano.

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