Trump e Putin al caminetto

di Fabrizio Casari

L’appuntamento è per il 15 Agosto in Alaska e sarà il primo del secondo mandato di Trump alla Casa Bianca. Il fatto che vi sarà un incontro è di per sé un fatto positivo, quando le due superpotenze nucleari dialogano il mondo intero respira meglio. Ma non è affatto detto che sia risolutivo: l’agenda è piuttosto fitta e sebbene l’Ucraina sia il punto di maggiore interesse politico e...
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Helsinki, l’atto finale dell’Europa

di redazione

Lo spirito di Helsinki è svanito, e con esso la vecchia idea di sicurezza europea. Questa settimana ricorre il 50esimo anniversario di un evento storico per la diplomazia europea. Nel 1975, i leader di 35 Paesi – tra cui Stati Uniti, Canada e quasi tutta l'Europa – si riunirono nella capitale finlandese, Helsinki, per firmare l'Atto finale della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE). L'accordo coronava anni di negoziati sulla coesistenza pacifica tra due sistemi rivali che avevano dominato gli affari mondiali dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. All'epoca molti credettero che l'Atto finale avrebbe cementato lo status quo postbellico. Con esso si riconoscevano formalmente i confini esistenti – compresi...
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di Carlo Musilli 

C'è il partito del "meglio che niente" e quello del "si poteva fare di più". Poi c'è la posizione di chi ritiene in senso lato che liberalizzare sia dannoso per l'economia. Ma a prescindere dal giudizio di merito, il decreto varato venerdì sera dal governo Monti ci racconta anche una storia politica. Ci dà qualche dettaglio in più per capire di chi è l'Italia oggi e di chi probabilmente continuerà a essere nel prossimo futuro.

Gli aspetti fondamentali sono due: il rapporto dell'Esecutivo con il Pdl e i conflitti d'interesse che zavorrano la squadra del Professore. Sul primo versante, è evidente come il pacchetto di liberalizzazioni non danneggi in modo sostanziale l'establishment berlusconiano, la sua politica e la sua visione della società. Anzi, spuntando la pallottola del decreto, i pidiellini hanno limitato i danni al minimo proprio sul versante che li vedeva più vulnerabili. Evidentemente le pressioni di Gianni Letta sul sottosegretario Antonia Catricalà hanno funzionato. E chissà se il Pd troverà il modo di uscire altrettanto indenne dalla riforma del lavoro, ormai alle porte.

L'unica vera sconfitta per Silvio Berlusconi è arrivata sul campo delle frequenze televisive. Con una mossa chirurgica, da politicante consumato più che da banchiere, il ministro Corrado Passera ha deciso di congelare per tre mesi - ma non di revocare - il beauty contest varato dal Cavaliere (la procedura che avrebbe di fatto regalato i nuovi canali digitali a Mediaset, Rai e Telecom Italia). In questo modo Passera si è attribuito il ruolo di mediatore fra le parti, lasciando pendere una spada di Damocle hi-tech sulle teste del Pdl.

Tenere in sospeso la vicenda vuol dire mantenere alta la tensione fra i berluscones - che fra il Parlamento e l'azienda del padrone non avranno dubbi su cosa scegliere - e intanto far passare il tempo. E' probabile che alla fine l'Agcom troverà una soluzione di compromesso (asta a pagamento più generoso contentino al Biscione), ma quando ciò avverrà i decreti più controversi saranno già diventati legge. E sarà ormai troppo tardi per andare alle elezioni anticipate.

Il secondo punto fondamentale è quello che riguarda le dinamiche interne al drappello dei tecnici. Quando si tratta di legiferare è prassi che i governanti cedano alle pressioni delle lobby di turno. Ed essendo questo un governo di banchieri, non stupisce che le mancanze più gravi dell'ultimo decreto riguardino proprio le banche e le loro cugine, le assicurazioni.

Partiamo dagli istituti di credito. Nella versione finale del provvedimento troviamo una brutta sorpresa per quanto riguarda il nuovo conto corrente di base (quello a costi ridotti, pensato ad esempio per gli anziani, che dovranno aprirlo per legge se vogliono incassare pensioni superiori a mille euro). Il funzionamento del nuovo tipo di conto non sarà stabilito dal governo - com'era scritto nelle bozze precedenti - ma da un'intesa fra banche, Poste e Banca d'Italia. Vale a dire i diretti interessati. Non basta: anche la riduzione delle commissioni sull'utilizzo della moneta elettronica è affidata a un accordo fra le parti in causa (Associazione bancaria, consorzio bancomat e Associazione dei prestatori di servizi a pagamento).

Un altro aspetto riguarda le polizze vita che le banche obbligano a stipulare per accendere un mutuo. Di solito la compagnia assicuratrice è legata alla banca stessa, che così incrementa i profitti. L'Antitrust aveva suggerito di abolire il binomio obbligatorio polizza-mutuo, ma il governo si è limitato a imporre agli istituti di credito di presentare al cliente i preventivi di almeno due diverse compagnie. C'è da scommettere che le banche sapranno indirizzare a dovere i loro clienti.

Un regalino molto simile è stato pensato anche per le compagnie d'assicurazione. Dal punto di vista dei cittadini, la scelta più vantaggiosa sarebbe stata di sostituire i cosiddetti agenti monomandatari con i broker assicurativi. Si trattava di rimpiazzare le figure legate ai singoli gruppi (di cui vendono i prodotti) con dei professionisti pagati direttamente dai clienti e quindi interessati a suggerire di volta in volta le soluzioni più convenienti per i consumatori piuttosto che per le compagnie. Anche in questo caso niente da fare. Il decreto - che peraltro parla solo dell'RC auto - obbliga gli agenti ad informare i clienti sulle proposte di almeno tre compagnie. Ma secondo voi vi consiglieranno la loro polizza o quella della concorrenza?

Fra le altre posizioni di potere che non sono state intaccate, spicca quella di Trenitalia. Dal decreto sono scomparse in corso d'opera almeno due misure fondamentali: la scissione fra la holding Fs e la rete ferroviaria Rfi (rinviata a una decisione della nuova Autorità dei Trasporti) e l'obbligo di gara per la concessione del trasporto regionale da parte delle Regioni. Per non parlare poi dell'inchino fatto all'Unione Petrolifera, che ha portato a ridurre drasticamente le liberalizzazioni in materia di carburanti.
Ci sono infine le querelle legate a quelle categorie che, pur avendo un impatto economico minore, suscitano inspiegabilmente un'attenzione mediatica senza pari. Vale la pena di rifletterci, altrimenti si rischia di perdere contatto col quadro generale. E si finisce col pensare che il rilancio del Pil dipenda solo dai taxi. 

  

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