Gaza, gli scogli della tregua

di Michele Paris

L’attitudine dei vertici di Hamas nei confronti dell’ultima proposta di tregua avanzata da Israele sembra essere improntata a un’estrema cautela. Il movimento di liberazione palestinese che controlla Gaza ha fatto sapere nelle scorse ore che restano ancora elementi ambigui nella bozza sottoposta con la mediazione egiziana, anche se le trattative sono tuttora in corso e il documento potrebbe...
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Ecuador: la "valanga" referendaria

di Juan J.Paz-y-Miño Cepeda

Il 21 aprile (2024), su iniziativa del governo di Daniel Noboa, presidente dell'Ecuador, si è svolta una consultazione e un referendum su 11 quesiti, tre dei quali riguardavano il ruolo delle forze armate nella lotta contro la delinquenza e la criminalità organizzata, a sostegno della polizia; altri tre sull'estradizione degli ecuadoriani, sull'aumento delle pene e sulla scontata esecuzione di pene piene per i condannati; altri tre sulle magistrature specializzate in materia costituzionale, sul reato di porto d'armi e sul fatto che lo Stato diventerà proprietario dei beni sequestrati di origine illecita. Le altre due erano sull'arbitrato internazionale e un'altra per consentire l'introduzione del lavoro a ore e a tempo determinato....
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di Antonio Rei

Dopo ben nove anni passati al Quirinale a seguito di una rielezione inattesa, speravamo di esserci liberati di Giorgio Napolitano. Invece no. L’ex Presidente della Repubblica non si gode la pensione facendo il nonno a tempo pieno, ma esercita ancora un ruolo di peso nei rapporti fra Italia e Ue. La settimana scorsa il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, è venuto in visita a Roma. La logica, la prassi e l’etichetta istituzionale lasciavano supporre che la prima meta del numero uno di Bruxelles sarebbe stata Palazzo Chigi. Macché: ancor prima d’incontrare Matteo Renzi, Juncker si è recato in visita dal buon vecchio Re Giorgio.

Un appuntamento a dir poco irrituale, durato più o meno 45 minuti e al termine del quale non è stata concessa ai giornalisti neppure una foto ricordo. E’ stato lo stesso Juncker a pubblicare su Twitter le uniche due immagini del colloquio, seguite da un cinguettio in italiano: “Con il mio caro amico Napolitano. Sempre vivo il suo grande spirito europeo”.

L’ex Capo di Stato italiano, invece, ha fatto sapere che “l'incontro è stato estremamente amichevole e ha consentito di puntualizzare insieme il quadro delle sfide che l'Unione Europea, e in particolare la Commissione presieduta da Juncker, sta in questo momento fronteggiando”.

Non è inutile polemica chiedersi a quale titolo l’ex presidente, ora solo senatore a vita, dunque privo di incarichi istituzionali, incontri il capo della Commissione europea ancor prima del Primo Ministro. Un incontro amichevole? A questo punto la domanda sorge spontanea: quanto è stretta ancora questa “amicizia”? Quanto è ancora “vivo” il “grande spirito europeo” del Presidente che ha massacrato l’Italia? Ciò che più ha caratterizzato il “novennato” di Napolitano è stato proprio il suo servilismo nei confronti di Bruxelles e di Francoforte, di cui ha pedissequamente eseguito ogni ordine.

Sull’altare europeo l’ex Capo di Stato ha sacrificato ogni cosa, perfino il rispetto della volontà popolare: prima con l’imposizione dall’alto dell’infausto governo Monti, poi con il lavoro più sotterraneo e meno dannoso per portare a Palazzo Chigi l’amorfo Enrico Letta (una manovra che, per la verità, è stata possibile solo grazie all’inettitudine politica di Pier Luigi Bersani), successivamente con l’arrivo di Renzi, mai votato, mai eletto e nonostante ciò delegato alla restaurazione politica del Paese in nome degli interessi di chi ce lo ha imposto.

Ora, è evidente che i contenuti del recente colloquio Juncker-Napolitano non verranno mai alla luce. Ma anche sorvolando sulla sostanza e limitandosi alla forma, è ovvio che la scelta del capo della Commissione Ue di recarsi dal “caro amico Giorgio” prima che dal meno affettuoso “friend Matteo” non è casuale né priva di significato. Arriva dopo un periodo di altissima tensione con il governo italiano e subito prima di un cessate il fuoco stipulato per pura convenienza politica, perché in questo momento sono altri i Paesi di cui Bruxelles deve preoccuparsi (Portogallo, Irlanda, Austria, Ungheria, Grecia…).

Secondo i retroscena, quando l’acredine fra Roma e Bruxelles ha toccato il livello più alto, dalla Commissione sarebbe partita una telefonata al Quirinale per chiedere al Presidente di tirare le briglie a Renzi, colpevole di aver usato toni eccessivamente duri contro le politiche europee. Mattarella però, che siede sulla sua poltrona proprio grazie a Renzi, avrebbe rifiutato di prodursi in qualsivoglia ingerenza, per rispettare l’obbligo d’imparzialità che il ruolo di garante della Costituzione gli impone.

Uno scrupolo che Napolitano non si è mai nemmeno sognato, meritandosi così la perpetua stima di Bruxelles, che infatti - dopo il fallimento con Mattarella - è tornata prontamente a chiedere aiuto al suo vecchio amico. Il quale ha obbedito con solerzia, riproponendosi in una lunga intervista a La Repubblica come garante degli interessi europei in Italia.  

Il messaggio che emerge da tutto questo sembra abbastanza chiaro. La prima autorità politica che Bruxelles riconosce in Italia è ancora quella di Napolitano: con lui Bruxelles si relaziona in via preferenziale, a lui si rivolge quando i governanti di turno a Roma si permettono di alzare troppo la voce. E non è un caso che il bullo di Pontassieve, come già un mese prima con la Cancelliera Merkel, abbia di nuovo calato le braghe.

La dietrologia serve a poco e spesso è dannosa, ma pensare che il colloquio della settimana scorsa sia stato un semplice ritrovo fra compagni di bevute, impegnati a discutere genericamente delle sfide che l’Ue “sta in questo momento fronteggiando”, è quantomeno inverosimile. Quando si va a casa del burattinaio, di solito, si parla delle marionette. Di quelle che oggi occupano il teatrino e, magari, di quelle che un giorno le rimpiazzeranno.

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