Rafah e le macerie della tregua

di Michele Paris

Dopo settimane trascorse ad accusare Hamas di non volere accettare un accordo per la liberazione degli “ostaggi” che avrebbe messo fine alla guerra nella striscia di Gaza, il regime israeliano di Netanyahu ha scatenato l’annunciata offensiva nella località di Rafah letteralmente poche ore dopo che il movimento di liberazione palestinese aveva dato il proprio consenso all’accordo sul...
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Gaza, gli scogli della tregua

di Michele Paris

L’attitudine dei vertici di Hamas nei confronti dell’ultima proposta di tregua avanzata da Israele sembra essere improntata a un’estrema cautela. Il movimento di liberazione palestinese che controlla Gaza ha fatto sapere nelle scorse ore che restano ancora elementi ambigui nella bozza sottoposta con la mediazione egiziana, anche se le trattative sono tuttora in corso e il documento potrebbe essere il punto di partenza per una “seria discussione”. È abbastanza chiaro che Washington e Tel Aviv puntino quanto meno a mettere in pausa il massacro di palestinesi nella striscia. Le manovre attorno alla proposta per un cessate il fuoco nasconde però il tentativo di garantire una qualche copertura al regime di Netanyahu, il quale ha...
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di Antonio Rei

Si sono accorti che possono perdere. Anzi, si sono accorti che, se non agiscono subito, probabilmente perderanno. E il pericolo non riguarda solo le prossime elezioni politiche, ma anche e soprattutto il referendum sulla riforma costituzionale. Per questa ragione Giorgio Napolitano e Matteo Renzi si sono abbandonati alle più sfrenate piroette sull’Italicum.

In un’intervista al direttore de La Repubblica, l’ex Capo dello Stato ha ammesso che diversi aspetti della legge elettorale “meritano di essere riconsiderati”, e ha addirittura invitato il Premier a effettuare “una ricognizione tra le forze parlamentari per capire quale possa essere il terreno d’incontro per apportare modifiche” al testo.

Parole cadute come manna dal cielo per Renzi, che da Bari si è sperticato nella più amichevole delle aperture: “La legge elettorale non piace? Che problema c’è - ha detto a margine dell’inaugurazione della fiera del Levante - discutiamone, ma facciamone una migliore”. Il Presidente del Consiglio ha addirittura precisato che l’Italicum si potrà modificare a prescindere dal verdetto della Corte Costituzionale: “Se serve, una riforma elettorale si può cambiare in tre, cinque mesi. Una legge costituzionale no”.

La fortuna di Napolitano e Renzi è che l’opinione pubblica, per sua natura, ha la memoria corta. Basta ricordare cosa dicevano i due fino a qualche tempo fa per farsi venire dei sospetti su questa improvvisa disponibilità al dialogo. Quando l’Italicum divenne legge, ad esempio, Napolitano sentenziò che si trattava di “un raggiungimento importante” e che “era inevitabile approvare” la legge così com’era, perché era stata prodotta “non in un mese, ma in oltre un anno”.

Renzi, invece, nei mesi scorsi ha ripetuto fino alla noia che l’Italicum era ormai immodificabile, se non altro perché in Parlamento non c’era una maggioranza in grado di votare un testo alternativo. Del resto, il suo governo era stato costretto a porre la fiducia sulla legge elettorale per farla passare, caso unico nella storia repubblicana e - secondo alcuni giuristi - addirittura illegittimo sotto il profilo costituzionale.

Ma come si spiega questa inversione di rotta così radicale da parte del Presidente emerito e del Premier? Nella stessa intervista a Calabresi, Napolitano spiega che con l’Italicum “si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti”. Un difetto che secondo l’ex Capo dello Stato è venuto alla luce solo di recente, perché “rispetto a due anni fa lo scenario politico è mutato: nuovi partiti in forte ascesa hanno rotto il gioco di governo tra due schieramenti” e si rischia “che vada al ballottaggio chi al primo turno ha ricevuto una base troppo scarsa di legittimazione col voto popolare”.

Ora, è indubbio che l’Italicum sia una legge assurda perché impone il bipolarismo in un sistema tripolare, distorcendo oltre ogni ragionevolezza il principio di rappresentanza con il ballottaggio e l’oceanico premio di maggioranza. Il punto è che questo scempio è sempre stato più che evidente: l’ex Presidente della Repubblica suggerisce che il nostro sistema politico sia diventato tripolare negli ultimi 24 mesi, ma non è così. Il Movimento 5 Stelle era più forte del centrodestra ancor prima che Napolitano finisse il suo novennato al Quirinale.

E comunque appare grave che Napolitano evidenzi come la riforma sia stata concepita per far vincere qualcuno e far perdere qualcun’altro. Infatti, bisognerebbe dire che l’Italicum è stato concepito quando Renzi - forte di un 40% incassato alle europee - si era convinto che qualsiasi consultazione non potesse concludersi che con un plebiscito in suo favore (peraltro, lo stesso delirio di onnipotenza lo ha portato a trasformare il referendum in un voto su stesso, un errore che ora cerca affannosamente di correggere).

Adesso, sondaggi alla mano, la situazione è davvero cambiata e Napolitano ha ragione ad avere paura: le elezioni amministrative hanno dimostrato che il ballottaggio favorisce i grillini (vedi Torino, dove Appendino ha trionfato malgrado il forte svantaggio rispetto a Fassino).

Eppure, la preoccupazione principale di Renzi e dei renziani non è nemmeno questa. Alle elezioni devono arrivarci, e per riuscirci devono superare lo scoglio del referendum, che con il passare del tempo sembra sempre più ostico.

In questa ottica, l’Italicum può essere usato come moneta di scambio per ottenere il sì dei bersaniani (che peraltro la riforma costituzionale l’hanno già approvata in Aula) e disinnescare le armi in mano a Massimo D’Alema, che con i suoi comitati per il No si sta preparando per far saltare gli equilibri nel partito.

Non a caso, Napolitano ha detto che per correggere la legge elettorale “c’è in questo momento una sola iniziativa sul tappeto: è di esponenti di minoranza del Pd, tra i quali Speranza”. Che sorpresa, eh?

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