di redazione

Primo gol di Higuain con il Napoli. Primo gol di Gomez con la Fiorentina. Primo gol di Ljajic con la Roma. Primo gol di Cassano con il Parma. Secondo gol di Tevez con la Juventus, ma primo a Torino. Settembre si apre con il festival delle reti di benvenuto in serie A. Alcune belle, altre d'opportunismo, altre ancora fortunate, ma quasi tutte a suggellare vittorie larghe e convincenti.

Dopo la seconda passeggiata agostana della Juve sulla Lazio (4-1 dopo il 4-0 in Supercoppa), il Napoli risponde ai bianconeri superando 4-2 un Chievo inaspettatamente combattivo. Lo fa con un Hamsik in stato di grazia (seconda doppietta in due giornate) e con le reti di due ex Real Madrid: Callejon (già in rete contro il Bologna) e soprattutto Higuain, che chiude i giochi superando il portiere con un rimpallo fortunoso. Evidentemente il goffo scivolone sugli scogli non ha fatto poi così male al Pipita, che segna anche col mento ricucito. I gialloblù escono comunque dal San Paolo a testa alta, con la consapevolezza di avere in attacco un ragazzino terribile, Paloschi, capace di piazzare per ben due volte il pallone alle spalle di Reina.

Anche la Roma conferma quanto di buono fatto vedere all'esordio. Contro il modesto Verona i giallorossi hanno vita facile, anche se per passare in vantaggio devono aspettare uno sfortunato autogol di Cacciatore, che spara nella propria rete un cross teso di Maicon. Il raddoppio è un capolavoro di Pjanic, che, imitando le gesta passate del suo capitano, sorprende il portiere con un meraviglioso pallonetto da fuori area. La ciliegina arriva con la botta del neoacquisto Ljajic, che dopo l'indigeribile telenovela estiva finalmente torna a far parlare di sé per un gol. A parte la nota stonata di Gervinho (almeno due occasioni nitide buttate al vento) la Roma di Garcia sembra funzionare. Certo, prima di aspirare al vertice sarà necessaria qualche prova di forza con avversari in grado di offrire una maggiore resistenza.

Altro gol di benvenuto è quello di Gomez con la maglia Viola. Il tedesco non brilla, ma segna a suo modo (deviazione nell'area piccola) uno dei 4 gol con cui la Fiorentina supera il Bologna. Partita chiusa sul 3-0 già a fine primo tempo, poi riaperta parzialmente dalla caparbietà di Gilardino, quindi chiusa di nuovo da Rossi, autore di una doppietta, e ancora da Gomez (stavolta su rigore). Alla fine è 5-2.

Vittoria molto convincente a Catania per l'Inter, che grazie alla cura Mazzarri sembra ormai un'altra squadra rispetto a quella dell'anno scorso. Il tecnico toscano ha rivitalizzato i due esterni: Jonathan si scatena sulla fascia destra (la stessa dove pochi mesi fa riceveva solo fischi) e offre a Palacio un cioccolatino per l'1-0, mentre il bonsai Nagatomo riesce perfino a segnare il secondo gol (di testa!) in due partite. Chiude i giochi una splendida azione personale di Alvarez, tutt'altro giocatore rispetto al bulimico divoratore di gol della passata stagione.

Pochi patemi anche per il Milan, che supera senza apprensioni il Cagliari a San Siro (3-1). L'addio a sorpresa di Boateng, passato in settimana allo Shalke, non altera gli equilibri del centrocampo. Tantomeno quelli dell'attacco, dove tutto passa per i piedi d'oro di Balotelli, che, oltre a segnare, mette anche lo zampino nei gol di Mexes e Robinho. Bella ma inutile la perla di Marco Sau, gioiellino inspiegabilmente ignorato nel corso del mercato estivo.

La seconda giornata è stata ricca di gol anche fra le squadre meno blasonate. Molte emozioni fra Bologna e Sampdoria, che chiudono sul 2-2 dopo una partita piena di episodi: dalla papera di Curci alla spettacolare mezza rovesciata di Konè (che a quanto pare sa segnare solo così, visto che l'anno scorso aveva siglato la sua prima rete in A con una prodezza identica contro il Napoli), passando per la punizione telecomandata di Gabbiadini, giovane talento sottovalutato dalla Juventus. 

Vince facilmente anche l'Udinese, che supera 3-1 un Parma quanto mai sguarnito in difesa. Da segnalare l'insolito gol di testa firmato Cassano (alla prima rete in gialloblù), che però non serve a rimontare le segnature di Badu e Heurtaux, cui si somma nel finale il rigore trasformato da Muriel.

Atalanta-Torino finisce invece 2-0 con reti di Lucchini e Stendardo, già in gol alla prima giornata.

Chiudiamo con una nota di mestizia. I tifosi del Sassuolo non ce ne vogliano, ma il loro ruolo in questo Campionato sembra molto simile a quello del Pescara nella passata stagione: l'underdog contro cui per non vincere bisogna impegnarsi parecchio. Il Livorno fa una serena scampagnata sui verdi prati di Reggio Emilia e ne rifila 4 agli undici del patròn Squinzi, che può consolarsi pensando almeno al gol di Zaza, il primo in serie A nella storia dei verde-nero.

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Il Campionato riapre i battenti e la squadra più convincente è la stessa che ha condotto il mercato estivo di maggior prestigio: il Napoli. E' questa la vera notizia della prima giornata, perché finalmente la Juventus potrebbe aver trovato una rivale agguerrita lungo la strada che porta allo scudetto. Intendiamoci, la Vecchia Signora sembra avere ancora qualcosa in più, se non altro nell'abitudine a vincere (confermata dall'1-0 inflitto sabato alla Samp, con gol all'esordio di Tevez), ma l'entusiasmo agostano dei tifosi partenopei potrebbe non essere infondato.

La squadra di Benitez annichilisce al San Paolo un Bologna in veste di vittima sacrificale. Lo fa con un 3-0 firmato da uno strepitoso Hamsik, autore di una doppietta con un gol per tempo. Ad aprire le marcature è però il nuovo arrivo Callejon, che festeggia con un diagonale vincente il suo esordio. La domanda più importante rimane però senza risposta: Higuain è in grado di non far rimpiangere Cavani? Presto per dirlo. L'argentino gioca solo uno spezzone e l'intesa con i compagni pare ancora in fase di rodaggio. L'impressione è che i sogni di gloria napoletani passino in buona parte dalle aspettative riposte nei piedi dell'ex madrilista.

Nel pomeriggio anche l'Inter risponde presente al primo appello della stagione, ma con una prestazione che denuncia tutti i limiti della rosa a disposizione di Mazzarri. Il 2-0 inferto al Genoa sul campo di San Siro è figlio di un tap-in sotto porta di Nagatomo e di un bel diagonale di Palacio nel finale. Bella l'intesa fra le due ali, con il tanto bistrattato Jonathan che per una volta non si fa urlare dietro e piazza perfino l'assist per il primo gol. Convincono anche Guarin, potente come al solito, e il giovane Icardi, che non sembra intimorito dal nuovo palcoscenico milanese. I problemi sono sempre al centro: Cambiasso festeggia le 400 presenze, ma il peso degli anni si sente. Kovacic è un fenomeno, ma ancora forse troppo acerbo perché gli si carichi un peso eccessivo sulle spalle.

Nonostante i tanti dubbi estivi e le ripetute contestazioni della curva, nemmeno la Roma stecca la prima e torna da Torino con in tasca i tre punti. Il primo gol contro i granata è di Daniele De Rossi, uomo simbolo a un tempo della squadra e dei malumori in Curva Sud. Capitan Futuro (come lo chiamavano i tifosi ai tempi del vero amore) si sblocca con una rete delle sue: gran botta a fil di palo da distanza siderale. Un buon inizio, visto che nello scorso Campionato il centrocampista della nazionale era rimasto a secco per tutto l'anno. Il gol della sicurezza arriva invece da Florenzi, abile e preciso con il diagonale di sinistro che chiude la partita. Non ha certo il talento di De Rossi, ma ormai il futuro è decisamente più dalla sua parte.

Alla sagra delle vittorie d'avvio si unisce anche la Lazio, autrice di una partita bifronte e fortunata contro la mai doma Udinese. I biancazzurri spadroneggiano in lungo e in largo nel primo tempo, chiuso sul 2-0 grazie a una prodezza di Hernanez (azione personale con due uomini in marcatura conclusa da una bordata sotto la traversa) e al rigore di Candreva.

Nella ripresa però gli uomini di Petkovic mollano la presa. L'Udinese riapre i giochi con gol in campo aperto di Muriel (delizioso il pallonetto su Marchetti) e sfiora a più riprese il pareggio, che però non arriva. I friulani forse non hanno più lo smalto di un tempo a centrocampo e in difesa, ma il carattere è ancora intatto. Alla Lazio manca invece la reazione delle grandi nei momenti di sofferenza, oltre a un attaccante in grado di buttarla dentro quando Klose è in giornata no.

L'unica delle squadre di prima fascia a cadere nella trappola della prima giornata è il Milan, che sabato rimedia una magra figura sul campo del neopromosso Verona. Chi spera di assistere a uno show dei giovani talenti rossoneri rimane deluso: tutta la gloria va al senatore Luca Toni, che con l'ennesima maglia della sua carriera firma l'ennesima doppietta e permette ai suoi di rimontare la rete iniziale di Poli.

Completano il quadro del turno d'esordio altre tre partite. La più bella è Cagliari-Atalanta, vinta dai sardi 2-1 in rimonta. La zuccata di Stendardo non basta ai bergamaschi, che subiscono prima il pareggio di Nainggolan, freddo a piazzare nell'angolino dopo una magia di Sau sulla destra, poi il gol vittoria firmato dall'uruguaiano Cabrera, alla prima rete in A.

Esordio alla camomilla invece per le due gialloblù, Parma e Chievo, che non vanno oltre uno scialbo 0-0. Il Torino, infine, dà il primo dispiacere calcistico dell'anno a Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, battendo il suo Sassuolo per 2-0. Un gol per tempo: apre Brighi, chiude Cerci, che dalla fascia destra rientra sul sinistro e mette a segno un gol da grande ala. E forse anche da campione mancato.      


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E' una coincidenza bizzarra, ma a trionfare in questo weekend di finali sono state le due squadre che hanno eliminato la Juventus dalle rispettive competizioni. Il Bayern Monaco, che sabato si è aggiudicato la Champions League superando 2-1 il Borussia Dortmund, e la Lazio, vincitrice ieri della sua sesta Coppa Italia grazie all'1-0 inferto ai cugini della Roma.

Si tratta, purtroppo, di una nota che potrà appassionare solo i fan dell'occulto. Già, perché sotto qualsiasi altro punto di vista le due partite del fine settimana hanno marcato nel modo più evidente la distanza che corre fra il nostro calcio e quello delle vere grandi d'Europa.

Che il derby capitolino non sarebbe stato una bella partita era ampiamente prevedibile. Non lo è mai: troppa tensione, troppa rivalità sul piano personale anziché sportivo. Ieri però c'era davvero un surplus d'angoscia a pesare sui piedi dei giocatori. Era uno scontro storico, che valeva quattro: non solo la supremazia cittadina e la Coppa Italia, ma anche la qualificazione alla prossima Europa League (obiettivo mancato in Campionato da entrambe le squadre) e la possibilità di disputare in estate la finale di Supercoppa Italiana contro la Juve.

Il primo tempo è a dir poco rigido, stracolmo di falli e ammonizioni. Nella ripresa prevale invece la stanchezza, con le formazioni visibilmente allungate, divise in due da una voragine a centrocampo. A decidere la gara è Senad Lulic, che insacca a porta vuota un cross dell'instancabile Candreva (come sempre il migliore dei suoi) dopo un goffo e fallimentare tentativo di respinta da parte di Lobont e Marquinhos.

Nella mezz'ora finale abbondano le praterie e il nervosismo, ma l'unica vera occasione della Roma è su una punizione di per sé non irresistibile di Totti. Marchetti valuta male la traiettoria, ma in qualche modo si salva, anche grazie all'aiuto della traversa. Negli ultimi minuti Mauri ha l'occasione di raddoppiare, ma gli capita sul destro, che non è davvero il suo piede. Alla fine è comunque un trionfo per i biancocelesti, che in novanta minuti salvano una stagione altrimenti deludente. Sull'altra sponda del Tevere si apre invece un periodo di ristrutturazione che presumibilmente inizierà dalla panchina, con l'esonero di Andreazzoli. Difficile comprendere le sostituzioni di ieri: Osvaldo solo per una manciata di minuti, poi Dodò a completare il disastro.

Tutt'altra storia invece l'altro (vero) big match del weekend. Bayern e Borussia non esprimono a Wembley il loro miglior calcio, ma onorano comunque la finale di Champions con un gioco veloce, fatto di grande talento e di un agonismo non eccessivo.

Alla fine i bavaresi si scrollano di dosso la nomea dei perdenti di lusso. Eppure, nel primo tempo, sembra proprio che la partita sia indirizzata sui soliti binari, con Robben che si ritrova per ben due volte solo davanti al portiere avversario, ma non riesce a insaccare. A mezzo mondo tornano in mente due episodi: la finale dei Mondiali del 2010, quando l'olandese fallì una clamorosa occasione davanti a Casillas, consentendo poi alla Spagna di trionfare 1-0 ai supplementari; e la finale di Champions dell'anno scorso, quando il povero Arjen sbagliò clamorosamente un rigore, aprendo la strada alla vittoria del Chelsea.

Stavolta però gli dei del calcio decidono che è tempo di gloria anche per il Bayern. E a decidere il match è proprio quell'aletta olandese non esattamente glaciale sottoporta. Quel ragazzo dalla corsa velocissima e un po' sbilenca, che non crossa mai dal fondo, ma rientra sempre e comunque sul sinistro. Basta una mezzoretta a Robben per entrare nella storia del suo club: prima offre a Mandžuki? un cioccolatino da spingere in porta per l'1-0, poi, dopo il pareggio su rigore (cristallino) di Gundogan, è lui stesso a piazzare il gol vittoria. Lo fa a pochi minuti dalla fine, con un inserimento prepotente e agile, propiziato da un assist di tacco rocambolesco di Ribery. L'ultimo tocco è un piatto (sinistro) vagamente incerto. Ma, per una volta, vincente.

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Il Milan doveva andare in Champions League, non importa come. Un po' come l'Imu, che secondo il patròn Silvio Berlusconi va abolita (in quel caso non si sa come...). Sul campo da calcio a fare le spese della legge di Arcore è il già retrocesso Siena, l'ultimo ostacolo fra i rossoneri e l'obiettivo minimo della stagione. I toscani lottano come leoni e chiudono perfino in vantaggio il primo tempo. A Firenze intanto i viola archiviano la pratica Pescara in una mezzoretta (5-1 il risultato finale) e incollano l'orecchio alla radiolina per sentire se ai cugini senesi riesce l'impresa. Niente da fare.

Negli ultimi 10 minuti il Milan ribalta il risultato: il pareggio arriva con un rigore inventato e trasformato da Balotelli, il secondo gol con un rocambolesco doppio tiro di Mexes nell'area piccola. Ma è quel penalty a lasciare con molte perplessità. L'attaccante rossonero viene strattonato, eppure cade quando ormai la sua maglia non si muove più. Pensa anche di sottolineare il tutto con urlo straziante. Se quello è rigore, gli arbitri ne dovrebbero assegnare una mezza dozzina a partita. Prova ne sia che nel primo tempo si era verificato un episodio dello stesso tipo (ma ancor più evidente) a favore del Siena, per mano di Ambrosini. Naturalmente in quel caso l'arbitro - posizionato a tre metri - ha lasciato correre.

A staccare il biglietto per l'Europa League insieme alla Fiorentina è l'Udinese, che travolge a San Siro un'Inter sempre più malconcia. Di Natale & Company trafiggono lo scolapasta della difesa nerazzurra per ben cinque volte. Inutile dire che il gol più bello è firmato da capitan Totò: una pennellata a giro da fuori area. Commovente. Il risultato finale è 5-2.

L'ultimo posto disponibile per l'Europa sarà assegnato la settimana prossima nella finale di Coppa Italia. A contenderselo saranno le due squadre capitoline, che ieri hanno dimostrato due stati di forma ben diversi. La Roma ha scavalcato la Lazio al sesto posto superando 2-1 in casa un Napoli ormai appagato: il gol di Cavani serve solo a mettere la ciliegina sulla torta del capocannoniere di quest'anno. La vittoria va ai giallorossi grazie alla bomba di Marquinho e alla rete del figliol prodigo Mattia Destro.

Sull'altra sponda del Tevere, la Lazio chiude il girone di ritorno come lo ha condotto per la maggior parte degli ultimi mesi, ovvero perdendo. E' probabile che le notizie in arrivo da Milano demoralizzino gli uomini di Petkovic, attenti piuttosto a preservarsi per il derby di fine stagione. Ma i biancazzurri non tirano mai in porta e a un quarto d'ora dalla fine si dimenticano incredibilmente nell'area piccola l'agguerritissimo Dossena, che insacca con facilità di testa.

Alla classifica non servono di certo, ma i gol più belli dell'ultima giornata di Campionato si vedono sul campo del Palermo, già certo di giocare in B l'anno prossimo. A segnarli, purtroppo per i rosanero, è il Parma, che in appena sette minuti si inventa tre perle. La prima con uno schema che ricorda un gol di Zidane in finale di Champions: Gobbi spara al volo sotto l'incrocio da fuori area dopo un passaggio al millimetro su punizione. La seconda con Valdes che sbeffeggia i difensori avversari e dal vertice dell'area la piazza a giro sull'angolo alto opposto. La terza con un contropiede in velocità concluso di potenza da Belfodil. Ai palermitani non resta che cercare di consolarsi di quest'annata da incubo con l'ultima gemma su punizione del loro eroe, Fabrizio Miccoli. Alla fine è 3-1.

Quanto alle altre partite, Torino e Cagliari si impegnano fino all'ultimo e danno vita a una partita davvero combattuta, malgrado le due formazioni avessero esaurito gli obiettivi. Stesso discorso per Atalanta e Chievo. Entrambe le partite si sono chiuse 2-2. Meno emozioni fra Genoa e Bologna, protagoniste del solito 0-0 di fine maggio. 

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Europa League e Champions League: si decide tutto negli ultimi 90 minuti. Contro la Roma il Milan spreca l'opportunità di chiudere la pratica terzo posto e lascia una minima speranza di gloria alla Fiorentina. Il posticipo a San Siro si chiude 0-0, coni padroni di casa che per l'occasione sfoggiano una divisa simile alla celebre tutina dorata di Michael Jackson. La partita è condizionata dall'espulsione folle rimediata nel primo tempo da Muntari: strattonare l'arbitro per un polso dopo essere stati ammoniti non è mai una buona idea. Si vince il secondo giallo.

I rossoneri ci provano comunque, ma non riescono a sfondare. El Shaarawi non è più quello d'inizio stagione, Balotelli gioca troppo largo, Boateng forse è distratto dall'invenzione del prossimo look. Molto meglio la difesa, che disinnesca sistematicamente i tentativi giallorossi, peraltro poco organizzati. I capitolini recriminano per un presunto rigore su La Mela, atterrato in area da Constant, ma devono incassare anche l'espulsione di Totti per una gomitata a Mexes.

Ora la Fiorentina, vittoriosa per 1-0 contro il retrocesso Palermo, è a sole due lunghezze dal Milan, che sarà costretto a vincere l'ultima partita, perché in caso di arrivo in parità passerebbero i viola in virtù degli scontri diretti. I rossoneri dovranno vedersela in trasferta con il Siena. Non esattamente una missione impossibile.

Insieme  a alla lotta per la Champions, rimane aperta anche quella per l'Europa League. In lizza per il quinto posto rimangono a questo punto solo Udinese e Lazio, visto che la Roma nel migliore dei casi può sperare di agganciare o scavalcare soltanto i cugini.

In testa a quota 63 punti ci sono i friulani, che non sbagliano più un colpo e da un paio di mesi a questa parte non fanno che accatastare vittorie. Quella arrivata ieri è la settima consecutiva, ma vale forse ancor più delle precedenti. Non certo per la caratura dell'avversario (un'Atalanta ormai senza obiettivi), ma perché arrivata in rimonta: un 2-1 firmato ancora una volta da Totò Di Natale, autore dell'ennesima doppietta. Da segnalare in particolare il primo gol, segnato con un tocco d'esterno delizioso.

All'Udinese risponde la Lazio, che superando 2-0 in casa una Sampdoria già salva vince la terza partita di fila dopo mesi di crisi nera e mantiene a due le distanze di svantaggio dai bianconeri. I capitolini segnano con Floccari dopo 10 e minuti e con un cucchiaio su rigore di Candreva al 90esimo. In mezzo tanta noia, di quella che solitamente popola le partite italiche di fine stagione, quando la tensione agonistica va in ferie qualche settimana prima dei calciatori.

Qualcosa di simile accade anche fra Genoa e Inter, che non vanno oltre uno scialbo 0-0. Il risultato fa la fortuna solo dei liguri, ormai certi di giocare in serie A anche l'anno prossimo. I nerazzurri invece mettono il timbro finale sulla loro esclusione dall'Europa, ormai sfumata anche secondo l'aritmetica.

Non che faccia una grande differenza, ma gli interisti devono anche sopportare il sorpasso del Catania. I siciliani scalzano i milanesi dall'ottavo posto, superandoli di un punto grazie alla vittoria facile-facile contro il povero Pescara, sempre più umiliato e offeso da questo Campionato. Alla fine è 1-0. Per i rossoblù, autori di un girone di ritorno eroico, stavolta arriva il massimo risultato con il minimo sforzo.

In testa alla classifica, dove ormai i giochi sono fatti, è da segnalare il pareggio della Juventus contro il Cagliari (1-1). La Vecchia Signora non ha più motivo di sudare eccessivamente sul campo. E si accontenta. Valeva la pena di comprare il biglietto solo per ammirare la straripante potenza fisica di Ibarbo, autore del primo gol al termine di una progressione in stile aratro. Poi ci Vucinic con un tap in a rimettere in ordine le cose per i Campioni d'Italia.

Onora fino in fondo questa stagione il Napoli, che supera un pur generoso Siena impegnandosi fino all'ultimo secondo. Proprio allo scadere Hamsik segna il definitivo 2-1, completando la rimonta degli azzurri. Ormai certi del secondo posto, ai napoletani non rimane che festeggiare la rete numero 103 di Cavani con la maglia partenopea: è il terzo miglior marcatore di sempre  al pari di Vojak (103 gol), dietro solo a Sallustro (111) e Maradona (115).

Per quanto riguarda le altre partite di bassa classifica, il Bologna rialza la testa dopo i 9 gol imbarcati nelle scorse due giornate (6 dalla Lazio e 3 dal Napoli), battendo 2-0 fuori casa un Parma volenteroso ma inconcludente. Pareggio alla camomilla fra Torino e Chievo, 1-1.   



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