Se c’è una costante nei film di Pedro Almodóvar, è la capacità di emozionare con una profondità che lascia il segno. Con La Stanza Accanto, il regista spagnolo ci regala un altro intenso melodramma, questa volta ambientato tra le strade della vibrante New York e la desolata provincia americana. Al centro della narrazione ci sono due donne, Martha e Ingrid, interpretate magistralmente da Tilda Swinton e Julianne Moore, capaci di trasformare dialoghi e sguardi in pura poesia cinematografica.

Maria è il racconto della vita tumultuosa, bella e tragica della più grande cantante d’opera del mondo, Maria Callas, rivissuta e reimmaginata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni Settanta. Ad interpretarla è Angelina Jolie.

Siamo nella Parigi del 1977. A quattro anni dal ritiro dalle scene, Maria Callas riceve un giornalista per ripercorrere la storia della sua vita in un'intervista. Successivamente, il 16 settembre 1977, la cantante muore a 53 anni nel suo appartamento di Parigi, dove  viveva sola, accompagnata solo dalla domestica Bruna (Alba Rohrwacher) e dal fidato autista e maggiordomo, Ferruccio (Pierfrancesco Favino). Una vita segnata dalla gloria, ma anche dal dolore, quella della Callas, sempre in bilico su emozioni e sentimenti contrastanti, con grandi amori, come quello per l'armatore greco Aristotele Onassis, ma anche tante delusioni che ne hanno minato la felicità.

Una terapia di gruppo racconta le vicende di sei personaggi accomunati da disturbi ossessivo-compulsivi, che si ritrovano nella sala d'attesa del dottor Stern, uno psicologo specializzato. Federico, archivista affetto dalla sindrome di Tourette; Emilio, tassista con aritmomania, ossessione per il conteggio; Bianca, tecnica di laboratorio iperfocalizzata sull'igiene; Annamaria, una legale perfezionista e ipercontrollata; Liliana, ossessionata dalla simmetria e dai rituali ripetitivi; e Otto, perennemente attaccato al cellulare per la sua paura di essere escluso. La segretaria Sonia tenta di gestire il caos, mentre i sei, inizialmente in preda all’ansia, scoprono pian piano di poter essere di aiuto l’uno per l’altro. La convocazione simultanea si rivela un enigma con una sua logica peculiare.

Ritrovare se stessi, attraverso la scoperta del proprio passato. È questo il filo rosso che attraversa il film Per il mio bene, firmato dal regista Mimmo Verdesca. È la storia di Giovanna, donna solida, autonoma e forte che, però, si trova a dover affrontare una situazione travagliata e dolorosa, dopo aver scoperto di avere una grave malattia. Cerca all'interno della famiglia un donatore compatibile, ma sua madre le confessa che non è possibile: nessuno fino a quel momento ha mai avuto il coraggio di dirle che è stata adottata.

«Quando un personaggio nasce, acquisisce immediatamente una tale indipendenza, persino dal suo stesso autore, che può essere immaginato in molte altre situazioni, in cui l’autore stesso non aveva pensato di collocarlo, e può persino assumere significati che l’autore mai aveva sognato di conferirgli!». Questa riflessione del Padre, protagonista di Sei personaggi in cerca d’autore, sembra anticipare il modo in cui il cinema ha esplorato Luigi Pirandello nel tempo, più che per tradurre in immagini i suoi drammi, per comprendere l'uomo e l'artista. Esemplare in questo senso è La stranezza di Roberto Andò, così come il raffinato Leonora addio, ultima regia solitaria di Paolo Taviani.


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