Rafah e le macerie della tregua

di Michele Paris

Dopo settimane trascorse ad accusare Hamas di non volere accettare un accordo per la liberazione degli “ostaggi” che avrebbe messo fine alla guerra nella striscia di Gaza, il regime israeliano di Netanyahu ha scatenato l’annunciata offensiva nella località di Rafah letteralmente poche ore dopo che il movimento di liberazione palestinese aveva dato il proprio consenso all’accordo sul...
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Gaza, gli scogli della tregua

di Michele Paris

L’attitudine dei vertici di Hamas nei confronti dell’ultima proposta di tregua avanzata da Israele sembra essere improntata a un’estrema cautela. Il movimento di liberazione palestinese che controlla Gaza ha fatto sapere nelle scorse ore che restano ancora elementi ambigui nella bozza sottoposta con la mediazione egiziana, anche se le trattative sono tuttora in corso e il documento potrebbe essere il punto di partenza per una “seria discussione”. È abbastanza chiaro che Washington e Tel Aviv puntino quanto meno a mettere in pausa il massacro di palestinesi nella striscia. Le manovre attorno alla proposta per un cessate il fuoco nasconde però il tentativo di garantire una qualche copertura al regime di Netanyahu, il quale ha...
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di Giovanni Gnazzi

Le epurazioni in RAI non sono una novità. In qualche modo l’idea che i ruoli di direzione si avvicendino di per sé non è mai una cattiva notizia, se corrisponde ad un rilancio editoriale o variazioni significative d’impostazione dei palinsesti tali da giustificare una diversa direzione. Purtroppo, alle porte girevoli dei direttori e capi struttura provvedono invece le collocazioni politiche dei consiglieri d’amministrazione.

Nel caso della RAI di Renzi il fenomeno è particolarmente acuito. A maggior ragione dall’aver imposto una gabella agli utenti che consegnerà 400 milioni di Euro annui ad un Consiglio di Amministrazione che ben sa come, dove e per chi impiegarli.

E’ vero, il Premier aveva promesso di cacciare i partiti dalla RAI, ma si era dimenticato di dire che l’occupava lui. Infatti non solo Renzi pone e dispone della RAI a piacimento, ma dimostra una pervicace insofferenza per chiunque non s’inginocchi al suo verbo.

La collocazione di Campo Dell’Orto, la cui competenza in materia televisiva sfugge ai più e risulta comunque inversamente proporzionale al suo faraonico stipendio, risponde alla logica che viene dispiegandosi in questi mesi:conduttori e giornalisti vengono rimossi manu militari ove non arruolatisi per tempo nelle truppe cammellate del "giglio magico" che sostiene Renzi e la sua ministra delle Riforme.

Non è prevista la figura del giornalista, che viene sostituita con quella del propagandista. Per carità, non è che i leoni abbondino nelle redazioni, ma la caccia grossa non è certamente uno stimolo a camminare in autonomia. Non si vuol certo sostenere che la direzione del TG3 a Bianca Berlinguer sia lo spartiacque della democrazia, né che l’Italia stia con il fiato sospeso per le sue magnifiche e progressive sorti, ma che la motivazione della sua rimozione si debba ad una “anzianità” di direzione, somiglia ad una presa per i fondelli vera e propria, nel perfetto stile dell’inquilino di Palazzo Chigi. Si deve invece alla necessità di liberarsi di una giornalista non reniana, di accertata autorevolezza e cognome importante per la base del PD.

Non solo giornalisti, il cannone spara al alzo zero. L’ultima bordata è toccata ai comici come la Fornario, cui è stato ordinato di cessare le imitazioni di Renzi, o al programma del climatologo Mercalli, chiuso perché colpevole di aver affrontato temi quali la legge sul consumo dei suoli, le grandi opere o le trivelle in forma sgradita al Premier. Certo non è questione di budget, visto che il climatologo guadagnava 57.000 euro lordi all’anno, poco più di 30.000 netti.

Assunzioni e rimozioni in RAI vengono effettuate con la disinvoltura di un Ceaucescu qualunque, mentre di progetto editoriale non si parla, eccezion fatta che per la destinazione della massima quota di spazio informativo alla propaganda del Premier. Che si sente giustamente accerchiato, dal momento che le sue politiche hanno avuto come nemico giurato lavoratori e sindacati, studenti e pensionati, calamitando così un’avversione generalizzata ormai non più occultabile.

E’ tendenza inevitabile, per le mezze figure, quella di edificare bunker quando si teme il divenire dello scontro politico. In questo senso le mani di Renzi su tutto ciò che si pubblica, compreso quanto di spettanza del Patto del Nazareno (vedi avvicendamento di Feltri e sorti di Belpietro) sono da due anni rumorosamente operose.

Ma quelli più avvertiti, i cavalli di razza come li chiamava l’aretino Fanfani, sanno come al giorno d’oggi controllare militarmente l’informazione serve relativamente rispetto al passato; sono invece le politiche effettuate, i risultati ottenuti, le alleanza costruite, a rendere una proposta politica e il suo leader obiettivo impossibile o soggetto da tiro al bersaglio.

Ai fini del referendum costituzionale non basterà blindare i media di regime o cacciare i dubbiosi, pompare le parole e rimuovere i fatti. Serve a poco rafforzare le truppe, schierare ogni arma, assumere su di sé il comando assoluto. Nell’epoca del rifiuto, del disincanto, dello smascheramento e dell’informazione trasversale, le angherie, come le bugie, hanno le gambe corte.

Ormai, come nel meteo, quel che conta è ciò che si avverte. E quello che spira, per Renzi, è un vento gelido. Novembre si avvicina e, con lui, il Generale Inverno. Che si presenterà con una scheda referendaria con inciso un NO e, in allegato, la data di scadenza per l’arroganza.



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