All’elenco degli arresti di oppositori dell’amministrazione Trump si è aggiunto questa settimana un altro nome eccellente dopo i casi documentati nelle scorse settimane in varie parti degli Stati Uniti. Tutti gli episodi hanno a che fare con le politiche ultra-autoritarie contro gli immigrati, vero e proprio banco di prova del presidente repubblicano per l’implementazione della propria agenda autoritaria. A finire in manette martedì è stato il “comptroller” della città di New York, Brad Lander, in seguito a una disputa con agenti dell’Agenzia per l’Immigrazione (ICE) che cercavano di arrestare un immigrato accompagnato in tribunale dallo stesso politico democratico.

L’aggressione senza giustificazioni dell’Iran da parte di Israele è stata accompagnata da dichiarazioni contrastanti provenienti da Washington, inizialmente tese a prendere le distanze dalle operazioni militari dell’alleato e in seguito di quasi ammissione della sostanziale complicità con l’entità terroristica ebraica. Queste contraddizioni rivelano forse l’intenzione dell’amministrazione Trump di conservare uno strumento di pressione sul governo della Repubblica Islamica per ottenere pesanti concessioni in vista di un possibile “accordo diplomatico”. Di certo, il regime del premier/criminale di guerra Netanyahu ha chiarito subito da parte sua che gli attacchi sono coordinati con gli Stati Uniti. Una versione, quest’ultima, quasi certamente corrispondente alla realtà e che, nelle prime fasi di un conflitto con conseguenze potenzialmente disastrose per tutto il Medio Oriente e non solo, porta Tel Aviv e Washington ad un livello di criminalità difficilmente paragonabile a qualsiasi altro precedente storico.

Israele aggredisce l’Iran che risponde com’è giusto, prima che ovvio. Dall’Occidente bianco e suprematista a coloritura neocoloniale, si dice che l’Iran non deve arrivare a possedere l’atomica, ma non è chiaro quale dottrina giuridica stabilisca chi ha diritto di dotarsi di impianti nucleari civili e militari e chi, invece, questo diritto non ce l’ha. L’Iran non possiede l’atomica, ma aderisce al TNP (Trattato per la Non Proliferazione Nucleare). Israele di atomiche ne possiede 160, si rifiuta di aderire al TNP e non accetta ispezioni dell’AIEA che invece Teheran subisce.

Quella in corso potrebbe essere una settimana decisiva per le sorti delle trattative attorno a un difficilissimo accordo sul nucleare iraniano. Le posizioni di Washington e Teheran restano distanti sui nodi più importanti della questione, primo fra tutti quello del diritto dell’Iran ad arricchire l’uranio per scopi civili, mentre l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) continua a operare come un’entità politica, assecondando le posizioni di Europa e Israele, con effetti potenzialmente distruttivi sul processo diplomatico in corso. Il governo della Repubblica Islamica, intanto, resta fermo sulle proprie posizioni e ha rivelato di essere venuto in possesso di informazioni riservate sulle dotazioni nucleari militari mai riconosciute dello stato ebraico. Rivelazioni che, se corrispondenti al vero, potrebbero introdurre un ulteriore elemento di rischio nei piani di Tel Aviv per bombardare i siti nucleari iraniani.

Il passaggio sotto il controllo federale della Guardia Nazionale della California e l’impiego di duemila soldati nelle strade di Los Angeles nel fine settimana, per reprime le proteste contro l’intervento della polizia anti-immigrazione, rappresenta l’ultima e finora più grave iniziativa nel quadro del disegno autoritario in fase di implementazione da parte del presidente americano Trump. La mobilitazione di migliaia di cittadini nella metropoli della California con una vastissima popolazione di immigrati o di origine straniera indica invece una crescente resistenza in generale contro le politiche anti-democratiche e anti-sociali dell’amministrazione repubblicana, esemplificate dall’ultra-reazionario “One Big Beautiful Bill Act” in discussione al Congresso di Washington. Nonostante l’opposizione diffusa alle decisioni di Trump di questi giorni, la situazione venutasi a creare a Los Angeles rischia di evolvere pericolosamente in un colpo di mano che annulli di fatto e anche in maniera formale i diritti costituzionali negli Stati Uniti.


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