Le discussioni attorno a una possibile soluzione diplomatica della guerra in Ucraina continuano ad avere al centro, quanto meno in Occidente, la questione delle “garanzie di sicurezza” da dare a Kiev una volta sottoscritto un cessate il fuoco o un trattato di pace vero e proprio. I leader europei assicurano di avere pronto un piano a questo scopo, che potrebbe includere il dispiegamento di un contingente militare in territorio ucraino e/o un meccanismo per fare arrivare armi in maniera regolare all’ex repubblica sovietica. Tutto il dibattito sulla questione è però basato sul nulla e nessuna delle proposte europee per garantire la sicurezza futura dell’Ucraina ha una sola possibilità di essere implementata, visto che renderebbero permanenti quelle cause alla base del conflitto che la Russia non intende evidentemente accettare dopo tre anni e mezzo di guerra.

Le politiche energetiche suicide implementate deliberatamente dall’Europa dopo l’esplosione della guerra in Ucraina si erano fin qui accompagnate all’esile speranza di potere essere in qualche modo invertite in un imprecisato futuro. Questo auspicio è in buona parte svanito questa settimana con l’accordo sottoscritto tra Russia, Cina e Mongolia per la costruzione del gasdotto “Forza della Siberia 2”, che andrà a raddoppiare quello dello stesso nome già esistente, consolidando la partnership energetica tra Mosca e Pechino, nonché gli orientamenti strategici russi verso oriente. Infatti, il gas extra che andrà ad alimentare l’economia cinese, e in parte quella mongola, verrà estratto direttamente dai giacimenti che rifornivano l’Europa, e in particolare la Germania, prima delle scelte autolesioniste fatte dalla sua classe dirigente.

Il tentativo russo di interferire nel sistema GPS del volo della presidente della Commissione europea von der Leyen, diretta domenica in Bulgaria, è l’ennesimo pezzo di propaganda occidentale per demonizzare il governo di Mosca e boicottare i complicati tentativi diplomatici di mettere fine alla guerra in Ucraina. La notizia l’ha diffusa per primo lunedì un giornale in teoria tra i più autorevoli nella galassia “mainstream”, come il Financial Times, proprio per dare credibilità alla storia. Storia che è stata invece smontata rapidamente da fonti e commentatori indipendenti, senza peraltro richiedere particolari competenze o lunghe ricerche. Per i media ufficiali, invece, la versione del quasi attentato russo al vertice della burocrazia UE è rimasta tale, così da garantire alla “notizia” la massima diffusione e contribuire al raggiungimento dell’obiettivo principale della trasferta negli stati europei di “frontiera” della stessa von der Leyen.

Una corte d’appello americana ha confermato nei giorni scorsi l’ovvia sentenza di primo grado, emessa da uno speciale tribunale dedicato alle controversie in materia di commercio estero, sull’incostituzionalità di gran parte dei dazi imposti dal presidente Trump in questi mesi. Anche se il testo del verdetto deciso da una maggioranza di 7 giudici a 4 spiega molto chiaramente le ragioni che rendono illegali i provvedimenti emessi a raffica dall’inquilino della Casa Bianca, l’effetto resterà sospeso almeno fino al 14 ottobre per dare la possibilità all’amministrazione repubblicana di ricorrere alla Corte Suprema. I dazi trumpiani sono dunque incostituzionali, ma resteranno in vigore per i prossimi 45 giorni e, molto probabilmente, anche dopo.

Le sfuriate quotidiane di Trump contro le istituzioni statunitensi e gli avversari politici interni - ai quali assegna premi e castighi in maniera del tutto arbitraria - viaggiano in parallelo con la quotidiana individuazione di un nemico estero verso il quale minacciare sanzioni o guerre. In questo contesto, che serve al tycoon per distrarre gli statunitensi dai suoi scandali di natura sessuale, dal suo insider trading e dai tragici risultati dell’economia, s’inseriscono tanto le provocazioni aperte (come nel caso del Venezuela) quanto alcune decisioni di rottura che, per il loro impatto assumono natura globale. La rottura con l’India di Modi è una di queste e rappresenta uno dei peggiori autogol mai realizzati dagli Stati Uniti.


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