di Alessandro Iacuelli

Nel pomeriggio del 27 ottobre 2005, a Clichy-sous-Bois, nella periferia parigina, due giovani, Bouna Traoré, 15 anni, e Zyed Benna, 17 anni, morirono fulminati nella cabina elettrica in cui si erano introdotti scavalcando una rete metallica. Un terzo, Muhittin Altun, 17 anni, sopravvissuto con gravi ferite, raccontò di essersi nascosto con i compagni nel trasformatore della centralina elettrica per sfuggire ai poliziotti dai quali pensava di essere inseguito. La reazione poco felice del ministro dell'Interno francese, che dichiarò “quella gente è feccia”, scatenò la rivolta, con centinaia di automobili incendiate, violenze, devastazioni e migliaia di arresti. Due notti fa una decina di uomini a volto coperto ed armati hanno attaccato un autobus a Bagnolet, nel dipartimento Seine-Saint-Denis, a nord di Parigi. Hanno fatto scendere i passeggeri e gli hanno dato fuoco.

di Giovanni Gnazzi

Un muro doppio, lungo 700 chilometri, da san Diego a San Antonio, che attraversa tutta la California. Costerà 1220 milioni di dollari, anche se le stime più realistiche aggiungono altri sei o ottomila milioni ulteriori per il completamento dell’opera. Separerà gli Stati Uniti dal Messico e, soprattutto, le braccia messicane dagli affari statunitensi che su di esse prosperano. Il presidente Bush ha promulgato ieri la legge che da il via alla costruzione della muraglia, tra le proteste dei democratici e quelle dei messicani, alle quali si sono aggiunte le rimostranze dei paesi dell’America centrale. Il governo messicano ha manifestato il suo “profondo fastidio” per l’iniziativa, esprimendo un “energico rifiuto all’innalzamento del muro” ed ha sottolineato come la misura “danneggia le relazioni bilaterali nel loro insieme, essendo contraria allo spirito di cooperazione che deve prevalere per garantire la sicurezza nella frontiera comune”.

di Moazzam Begg*

Nell'Islam disperarsi è considerato un peccato, ma a Bagram, durante i giorni peggiori del maggio 2002, sono stato incapace di non disperarmi. Ora, qui a Guantanamo, in questa gabbia di metallo con i suoi lucchetti, il suo pavimento ed il suo soffitto di metallo, il suo letto di metallo, il suo gabinetto di metallo, il tutto all'interno di una stanza bianca e illuminata a nuovo, sento la disperazione ritornare, mentre mi guardo attorno per la prima volta. Tutto quello che ho in questa cella è un pezzo di carta ed un rotolo di carta igienica. Mi hanno levato persino i miei occhiali. Ho chiesto di avere qualcosa da usare come tappeto per la preghiera e mi hanno portato una sottile stuoia da camping, che è diventata il mio materasso per i due anni seguenti. La prima cosa che ho voluto fare appena arrivato a Guantanamo, è stata pregare. Ho chiesto ad un soldato della Polizia Militare in quale direzione si trovasse l'est, ma non sono stati capaci di darmi una risposta. Mi hanno detto che non c'erano altri prigionieri qui con me, altrimenti le guardie lo avrebbero saputo, visto che tutti i detenuti fanno la medesima domanda.

di Carlo Benedetti

Atto primo. Mentre la repressione russa nel Caucaso è in pieno svolgimento, Putin annuncia: “Elimineremo i terroristi ceceni cercandoli anche nei cessi”. Atto secondo. Mentre si consuma la tragedia del sommergibile “Kursk”, giustifica la sua assenza affermando: “Non voglio interferire con le operazioni di soccorso”. Atto terzo. A chi gli chiede notizie sul rispetto dei diritti umani in Cecenia risponde: “Se siete pronti a farvi circoncidere vi invito a Mosca. Dopo l’operazione non vi ricrescerà più niente. Raccomanderò a chi farà l’operazione di farla così in profondità che non resti niente, una volta finita”. Atto quarto. Quando gli chiedono se manderà i suoi soldati in Iraq per operazioni di peace keeping risponde: “Non sono mica fesso”. Atto quinto. Gli viene chiesto se Mosca acconsentirà a sanzioni contro l’Iran se non smetterà di arricchire l’uranio: “E se mia nonna avesse gli attributi? Sarebbe mio nonno…”. Atto sesto. Mentre in Ucraina sono in corso manifestazioni popolari che assumono sempre più un carattere antirusso, dice che quella rivoluzione potrebbe cambiare anche colore: da “rosa” ad “azzurra”. Intendendo, come si fa in Russia, che, quando qualcuno “è azzurro”, vuol dire che è omosessuale…

di Cinzia Frassi

Il Presidente del Consiglio Romano Prodi lo ha definito un “fatto storico” e “una grande soddisfazione per l’Italia, un riconoscimento globale alla politica italiana non solo come membro del Consiglio di Sicurezza ma proprio in quanto Paese che svolge una politica internazionale positiva”. I 186 voti con cui Roma ha festeggiato l’ingresso nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in qualità di membro non permanente per il biennio 2007-2008, hanno offerto interpretazioni diverse, ma tutte di segno positivo. L’elemento importante della presenza italiana presso il Consiglio è sicuramente dato dal tempismo che consente al nostro Paese di sedere laddove si discuterà anche di riforma del Palazzo di Vetro. Accanto a Paesi che spingono per una allargamento dei seggi permanenti, quali Giappone, Germania, Brasile e India, ci sono i Paesi del gruppo “Uniting for consensus”, che spingono per una riforma che veda la partecipazione di una categoria più o meno ampia di membri semi-permanenti.


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