di Domenico Melidoro

Il decreto fiscale collegato alla Finanziaria è passato alla Camera, nonostante le rumorose quanto scarsamente civili intemperanze del Polo. Sarà ora la volta del Senato, dove la situazione è, ovviamente, numericamente diversa. Ma l’ottimismo di Prodi è ormai cosa nota. Di fronte al crescente malcontento nei confronti della manovra finanziaria che riceve critiche dall’opposizione (ma anche da alcuni settori non trascurabili della maggioranza) dagli industriali e dai sindacati, il Premier qualche giorno fa ha sorprendentemente affermato che “una finanziaria se è seria deve scontentare tutti. E questa va bene” (il Manifesto, 21 Ottobre 2006). Eppure, uno sguardo un poco più realistico rileva che la finanziaria si sta rilevando una prova estremamente difficile per la tenuta della maggioranza e del Governo del Professore. Infatti, con il passare dei giorni e con il susseguirsi di accesi dibattiti sugli errori commessi dal Premier e dai suoi Ministri, anche il sorridente Prodi è stato costretto ad ammettere che qualcosa non procede per il verso giusto.

di Giovanna Pavani

Che il mondo del lavoro sia sempre più precario è, purtroppo, un’ovvietà con cui si è costretti a confrontarsi quotidianamente. Oggi, in Italia, perdere il posto significa rimanere per strada. Ma la maggioranza dei lavoratori italiani un posto di lavoro vero, a tempo indeterminato, non l’ha mai conosciuto. E, forse, non lo conoscerà mai. E’ una situazione sempre più allarmante che ha convinto il Presidente della Repubblica ad intervenire, ancora una volta, su questo fronte. Lo ha fatto sollecitando con forza il Parlamento a perdersi meno in chiacchiere affrontando con determinazione, una volta per tutte, quella che sta diventando la prima emergenza nazionale al pari solo della devastazione dei conti sociali: la precarietà del lavoro.Parlando davanti ad un folto numero di studenti e docenti universitari che lo sollecitavano sulle speranze tradite e sull’inutilità di proseguire nella valorizzazione della loro cultura e della qualificazione professionale, visti gli sbocchi del mercato, Napolitano non ha usato mezze parole: “E’ un problema molto serio, mi auguro che possa essere affrontato al più presto nelle sedi giuste, cioè in Parlamento”.

di Elena G. Polidori

La Chiesa non fa politica. Ma detta la linea ai politici e pretende obbedienza. Mentre un nutrito drappello di parlamentari, democristiani di ieri e teocon di oggi, planavano su Verona con volo speciale (spiccavano, dopo Romano Prodi, Rosy Bindi, Pier Ferdinando Casini, Buttiglione ed Enzo Carra ) per dimostrare ancora una volta il proprio ossequio ai diktat d’Oltretevere, in uno stadio Bentegodi stracolmo e ridondante di fischi verso Prodi e Berlusconi, Benedetto XVI cominciava a leggere le trenta cartelle del suo discorso. Che passerà alla storia come l’apoteosi dell’ipocrisia cattolica e la ferma volontà di Santa Romana Chiesa di non mollare neanche un minuto la propria pressione ed ingerenza sulla politica e nel tessuto connettivo laico del Paese. In puro stile Ratisbona, il Papa ha tenuto un'altra solenne “lezione magistrale”, stavolta senza scivolare in citazioni ambigue nei confronti dell'Islam, ma sparando con grande chiarezza contro i laici, l’amore gay e i soliti pacs: oscurantismo di una Chiesa che “non fa politica”, ma che pretende di governare, obbligando la politica all’obbedienza. E con raggelante successo.

di Agnese Licata

Privatizzare la Rai. A partire da RaiUno. E' la “palla in tribuna”, lanciata da Pier Ferdinando Casini, a proposito del futuro della televisione di Stato. Che un’idea del genere provenga da uno degli orgogliosi eredi della Dc - il partito che ha fatto della lottizzazione, del legame tra politica e servizio pubblico, la regola e il modello a cui, ancora oggi, tutti continuano a “ispirarsi”, a destra come a sinistra – è quanto meno singolare. Ma non stupisce neppure. E per due ordini di motivi, uno politico e l'altro squisitamente personale, intimamente legati tra loro. Il primo riguarda il tentativo del presidente Udc di riportare il tema della discussione intorno al servizio pubblico tv e di riproporre la privatizzazione Rai introdotta dalla Gasparri e che, invece, il governo vorrebbe accantonare – giustamente - una volta per tutte. Un modo, dunque, per mettere in difficoltà la coalizione di centrosinistra che sul tema del futuro ruolo della Rai nel panorama mediatico del Paese non è affatto coesa. Il secondo, invece, è legato al fatto che uno degli imprenditori italiani da sempre interessato ad entrare nel mercato televisivo come azionista è Gaetano Caltagirone, padre della sua attuale compagna Azzurra: e scusate se è poco.

di Sara Nicoli

“Banditi”. Era dai bei tempi della campagna elettorale che l’ex premier non indulgeva più in quell’eloquio colorito verso la sua opposizione che lo ha reso famoso all’estero più della sua politica internazionale. Ma ieri è stato un giorno davvero particolare, diverso, dal sapore antico. Il Cavaliere era a Campobasso quando è stato raggiunto da una telefonata che lo ha colpito al cuore come una stilettata a freddo: il governo aveva appena varato all’unanimità un ddl di riforma della “sua” legge Gasparri che, in un colpo solo, tagliava a Mediaset la metà degli introiti e la rendeva orfana, entro il 2009, di una delle tre reti. Il leader azzurro, per un momento, è rimasto sgomento: “Non ci posso credere”. Poi ha cominciato a realizzare che il governo Prodi aveva appena dato il primo colpo di piccone al suo storico conflitto di interessi. E che persino Di Pietro, con il suo giustizialismo spiccio ma spietato, aveva addirittura strappato in Consiglio dei Ministri la riforma dell’Auditel e il conseguente stop al controllo surrettizio degli ascolti da parte degli amici del padrone.


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