di Domenico Melidoro

Torna settembre e si ritorna a parlare più concretamente di politica. Con questo non si vuole dire che il dibattito politico di agosto sia stato sonnacchioso e di basso livello. Anzi, le questioni di politica estera al centro dell'attenzione hanno visto l'Italia ricercare e ottenere un ruolo di primo piano nelle questioni internazionali dopo la deludente stagione della politica estera berlusconiana, priva di idee che andassero al di là della cieca obbedienza al potente alleato americano. Il ruolo dell'Italia nella missione di pace in Libano sotto le bandiere delle Nazioni Unite rappresenta un innegabile successo del Premier Prodi e del Ministro degli Esteri D'Alema, oltre che un segnale del ritorno con una voce sola dell'Unione Europea sulla scena dei drammatici conflitti internazionali. Settembre è però tradizionalmente anche il mese in cui, dopo la pausa estiva, ritornano sul tappeto le grandi questioni economiche nazionali, e l'avvicinarsi del varo della manovra finanziaria innesca inevitabilmente il dibattito sulle scelte economiche e sociali che il Governo dell'Unione intende compiere per risanare ma anche per favorire la crescita del Paese.

di Sara Nicoli

Dire quanti ne siano morti, solo nell’ultima settimana, con negli occhi un lembo di terra a portata di mano e solo in un attimo diventato irraggiungibile, lo si saprà con certezza solo tra qualche tempo, quando il mare avrà restituito le salme. Ma sarà comunque un calcolo incerto, come altrettanto incerta è la sorte di chi, invece, si è salvato dal mare ma non riuscirà a farla franca dal raggelante abbraccio della Bossi-Fini e dalla conseguente segregazione in qualche Cpt nazionale, senza via di scampo. Avvoltoi di ogni provenienza si stanno avventando, in questi giorni, sugli stranieri annegati nel Canale di Sicilia. La destra che cerca di mettere in difficoltà il governo, sindaci e assessori al turismo di Lampedusa che esigono il blocco delle barche a debita distanza dai vacanzieri (come dire, che anneghino più in là!), sedicenti esperti di immigrazione che declinano litanie di stampo razzistico che, in buona sostanza, finiscono tutte allo stesso modo; chiudiamo le frontiere e non se ne parli più.

Alti funzionari degli Stati Uniti, quando è stata diffusa la notizia sullo stato di salute di Fidel Castro e la delega provvisoria dei suoi incarichi, hanno espresso dichiarazioni sempre più esplicite a proposito dell'immediato futuro di Cuba. Il Segretario al Commercio, Carlos Gutierrez, ha dichiarato che "è giunto il momento di una vera transizione verso una vera democrazia" e il portavoce della Casa Bianca, Tony Snow, ha detto che il suo governo "è pronto e ansioso per fornire assistenza umanitaria, economica e di altra natura al popolo di Cuba" e tutto questo è stato reiterato dal presidente Bush.

di Domenico Melidoro

Mentre i giornali e le televisioni discutono dell'operato di Prodi e del suo governo nei primi ottanta giorni di lavoro, si ritorna a discutere con insistenza di dialogo tra gli schieramenti, larghe intese e possibili allargamenti di maggioranza. Il dibattito è stato innescato da un'intervista che il Presidente di AN ha rilasciato qualche giorno fa. Gianfranco Fini, che al pari di altri leaders della Casa delle Libertà, non nutre grande fiducia nella durata del governo e prevede grosse lacerazioni al suo interno quando si tratterà di varare la manovra finanziaria, si è detto convinto che l'esecutivo guidato da Prodi "mostra rapidamente la corda. In 75 giorni hanno già messo sette volte la fiducia. Segno che devono avere qualche problema grosso". L'ex ministro degli Esteri, che non giudica positivamente un'ipotesi di allargamento della maggioranza e promette un'opposizione dura, si è spinto fino a proporre un patto con la maggioranza: "Voi non mettete la fiducia sulla Finanziaria, noi presentiamo pochi emendamenti qualificati, ma su quelli discutiamo. Su quelli si vota. Perché poi voglio vedere se sugli emendamenti che vanno in una certa direzione nella maggioranza prevale la logica di Padoa Schioppa o dei ministri castristi" (La Repubblica, 3 agosto 2006).

di Domenico Melidoro

Non crediamo di incorrere in errori grossolani se interpretiamo il voto degli italiani a favore di Prodi e dei partiti dell'Unione come l'espressione di un desiderio di voltare pagina rispetto alla triste stagione del Berlusconismo, caratterizzato da vergognose leggi ad personam, da una drammatica crisi dell'economia e da una politica estera eccessivamente prona agli istinti bellicisti del potente alleato d'oltreoceano. La vittoria del Centrosinistra è stata tutt'altro che netta, e dunque si è capito fin da subito che il Professore avrebbe avuto un bel da fare a tenere insieme una maggioranza che non è politicamente omogenea, nonostante la più o meno reale unità di intenti riscontrata durante la stesura del programma di coalizione. Non sappiamo se Prodi sia nel giusto quando definisce 'sexy' la sua maggioranza, tuttavia non si possono non sollevare dubbi e perplessità sui primi mesi di governo e soprattutto sul futuro che attende Prodi e il suo esecutivo, che subisce critiche ad ogni piè sospinto sia dall'opposizione che da pezzi più o meno consistenti della maggioranza.


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